Dopo un rialzo pressoché ininterrotto è giusto domandarsi quale potrebbe essere l’evoluzione dei mercati?

Luca Tobagi -

Da inizio anno ad aprile, il 2019 è stato un anno da manuale: la stagionalità tipica delle attività finanziarie rischiose, a cominciare dai mercati azionari, è stata rispettata.

Tenendo conto anche del fatto che la risalita dei mercati azionari è avvenuta interamente grazie ad un’espansione delle valutazioni, che le stime di utili aziendali sono ancora state limate e che i rendimenti obbligazionari governativi in USA e Germania sono crollati, è più che doveroso fermarsi a pensare a quali siano i possibili scenari che si prospettano per gli investitori. Andrà come cantava Freddie Mercury? A meno che non ci troviamo di fronte a un anno di rialzi praticamente ininterrotti come il 2017, una correzione appare fisiologica.

Con tutte le incertezze del caso, credo che in questo momento abbiamo due grandi famiglie di scenari macro, ognuna delle quali ha due tronconi principali, ciascuno dei quali può avere tante varianti e sfumature. Penso che possa essere utile tratteggiarli per sommi capi, in modo che ciascun lettore-investitore possa decidere in quale (o quali, visto che non tutti i punti sono necessariamente esclusivi) si rispecchino meglio le sue convinzioni.

La prima famiglia è quella degli scenari macro positivi.

Nel primo gruppo di scenari positivi includerei quelli secondo cui la crescita economica è destinata a proseguire, può essere addirittura sottostimata, e secondo cui il raffreddamento della crescita attuale sia solo temporaneo e più simile a un rallentamento di metà ciclo che alla fine di un ciclo espansivo che va a esaurirsi.
I dati macro sono, come sempre ondivaghi. Le stime di crescita sia macroeconomiche sia micro, a livello di utili aziendali, hanno già subito notevoli revisioni al ribasso: ciò apre alla possibilità di sorprese positive. I rendimenti obbligazionari di medio-lungo termine potrebbero essere destinati a salire, ma non troppo e in modo piuttosto ordinato, in virtù di fattori strutturali (si veda T con Zero n. 25, maggio 2019), come per esempio l’evoluzione della popolazione.

In questo scenario è probabile che anche l’inflazione veda un incremento moderato. Le azioni sarebbero la tipologia di attività finanziarie che permetterebbe di beneficiare di uno scenario di questo tipo, in particolare quelle di aree e settori ciclici, più trascurati dagli investitori. Anche le banche, che vengono da un periodo di sottoperformance visibile, soprattutto in Europa, potrebbero beneficiare da questo scenario.

L’altra categoria di scenari positivi comprende quelli che attribuiscono la timidezza degli investitori e l’indebolimento del ciclo economico al rischio politico. Non è solo difficile quantificare questo genere di rischio, ma anche la sua semplice identificazione è un compito impegnativo. I prezzi dei vari asset sui mercati finanziari non è sempre coerente, ad esempio la forte discesa dei rendimenti obbligazionari in Germania e USA a fronte di spread che non si sono espansi nei Paesi percepiti come più rischiosi, ha creato il paradosso di rendimento obbligazionari societari ed emergenti ancora relativamente interessanti e soprattutto un premio per il rischio azionario corposo nonostante l’espansione dei multipli di valutazione.

Per quanto riguarda l’economia, l’incertezza politica può essere una spiegazione logicamente compatibile con la decisione delle imprese di ridurre o ritardare gli investimenti, che ha un impatto sfavorevole per la crescita. Nel caso dei governi, oltre all’incertezza sovente abbiamo vincoli di bilancio che stringono e limitano la capacità di investire. Da un punto di vista logico, tuttavia, è più difficile pensare che l’incertezza politica possa incidere profondamente sulle decisioni delle famiglie, inducendole a ridurre i propri consumi. Chi lavora con questo quadro di riferimento di solito investe in tutte le attività finanziarie con un premio per il rischio e uno spread, aspettando un evento che faccia calare la percezione di incertezza per catturare il premio per il rischio sotto forma di rendimento. Le attività che si sono più svalutate nella fase di maggior timore sono anche quelle che, in quest’ottica, potrebbero offrire il maggior potenziale di apprezzamento.

La seconda famiglia è quella degli scenari macro negativi

All’interno di questa famiglia, il primo gruppo di scenari negativi che possiamo costruire riguardano i cambiamenti strutturali in alcune economie importanti su scala globale. Per esempio, i problemi che l’industria tedesca sta attraversando potrebbero non essere transitori. La Cina potrebbe non riuscire a gestire la transizione del proprio modello economico interno in modo ordinato, e ciò potrebbe portare a un rallentamento molto più marcato (il cosiddetto hard landing) di quanto visto e previsto finora. Gli sbilanciamenti dell’economia USA potrebbero diventare ingestibili, anche a causa di tensioni politiche che potrebbero esacerbarsi. In sintesi, anche senza pensare a una recessione, la crescita economica globale potrebbe stabilizzarsi globalmente su una traiettoria stabilmente anemica. A complicare la situazione potrebbe aggiungersi lo spettro del rischio di un ritorno della deflazione, che era stato allontanato dalla fine del 2016, ma non eliminato completamente in un quadro generale nel quale l’inflazione stenta a raggiungere gli obiettivi delle Banche Centrali. Per questi motivi, o per altri che non abbiamo elencato, la crescita economica potrebbe non essere abbastanza alta e duratura per sostenere la performance dei mercati finanziari. A maggior ragione se questo scenario si accompagnasse a un rialzo disordinato dei rendimenti obbligazionari, che aumenterebbero il costo del debito che imprese molto indebitate un po’ in tutto il mondo, e in particolare negli Stati Uniti, dovrebbero pagare.

Il secondo gruppo di scenari negativi mette in relazione i rischi economici con quelli finanziari e ha la caratteristica di ritenere che una nuova, non meglio precisata, bolla speculativa sia in fase di costruzione. Non tanto nel comparto immobiliare, i cui prezzi in generale non appaiono ancora eccessivi, se non in alcune città e aree specifiche, quanto negli asset finanziari. Una delle idee di fondo è che anche le valutazioni di attività finanziarie che non appaiono gonfiate potrebbero diventarlo nel caso in cui gli stimoli monetari da parte delle Banche Centrali cessassero o fossero ridotti significativamente. In particolare alla luce del fatto che la crescita degli utili aziendali potrebbe essere bassa e destinata a rimanere tale a lungo. Una nuova recessione o addirittura una crisi finanziaria troverebbe il mondo ancora vulnerabile, perché i livelli di debito sono aumentati rispetto al 2008 e l’arsenale di politica monetaria è stato ampiamente utilizzato e quindi potrebbe essere meno efficace.

È interessante notare come la recente performance relativa delle banche negli ultimi cinque trimestri, soprattutto in Europa, potrebbe essere considerata come un segnale che il mercato potrebbe prezzare, almeno in parte, scenari di questo tipo, visto che il modello di business degli istituti di credito è sensibile a tutti gli elementi sopra elencati.

Performance delle banche in Europa, Eurozona e USA rispetto all’indice MSCI World 
invesco dopo un rialzo pressoche ininterrotto e giusto domandarsi quale potrebbe essere l evoluzione dei mercati 1 
Fonte: Bloomberg. Periodo di riferimento 31 dicembre 2017-30 aprile 2019 

 

Sembra tutto sommato più semplice delineare gli scenari di mercato.

Infatti, la caratteristica principale del rally del 2019 è che pochi investitori hanno partecipato, forse ancora scottati dalle delusioni cocenti della parte finale del 2018. La liquidità è elevata in tutto il mondo, e in particolare in Italia. C’è chi ha scelto di non investire perché convinto che un futuro a tinte fosche attenda i mercati finanziari, chi ha approfittato della forza dei mercati di questi mesi per vendere (in effetti i flussi in uscita, ad esempio sul mercato azionario europeo, sono stati notevoli) e chi, invece, dichiara che sarebbe interessato a investire, ma aspetta una correzione che fornisca un’opportunità di entrare.

La domanda, a mio avviso, diventa quindi: se ci fosse una correzione per i mercati azionari, come sarebbe?
Innanzitutto, se prendiamo come riferimento l’indice S&P 500, per il quale abbiamo oltre 90 anni di storia, notiamo che le correzioni di almeno il 5% che non sono state etichettabili come bear market sono state 36, hanno avuto una profondità media dal picco precedente del 9.28%, hanno richiesto in media 2.4 mesi per raggiungere il minimo e hanno richiesto in media 4.3 mesi per recuperare il livello di partenza. Poiché in questo momento non abbiamo un’economia che sembra avviata alla recessione né abbiamo motivi di pensare che ci sia un bear market alle porte, la correzione che potrebbe arrivare potrebbe rientrare nel profilo appena descritto.

Caratteristiche medie delle correzioni dell’S&P 500 che non sono state bear market 
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Fonte: Bloomberg. Periodo di riferimento 31 dicembre 1926-30 aprile 2019 

 

Credo che, nell’eventualità di una correzione, ci siano due possibilità di fronte a noi.

La prima, più favorevole, è quella che chiamo “forza di gravità”.

In assenza di forti compratori, la spinta propulsiva rialzista è destinata ad esaurirsi e le attività finanziarie potrebbero scendere anche senza ragioni particolari. Per l’azione della “forza di gravità”, appunto. In un contesto macroeconomico favorevole, tanto più con investitori che si sono dichiarati interessati a cogliere l’occasione di entrare nei mercati nella fase di debolezza, una correzione di questo tipo potrebbe proprio essere l’occasione attesa. L’ingresso di nuovi flussi in acquisto potrebbe essere un elemento che mitiga la violenza e la profondità della discesa.

La seconda possibilità è quella che chiamo “frenesia in acquisto”.

La caratteristica di questo scenario è che gli investitori che non hanno ancora partecipato al rialzo non riescono più a sostenere la pressione di rimanere fuori dal mercato, e cominciano a comprare. Nel caso attuale, l’eventuale pressione psicologica potrebbe essere anche resa più pesante nel caso in cui l’investitore avesse venduto durante la discesa dei mercati del quarto trimestre 2018.

Gli acquisti frenetici spingono ulteriormente verso l’alto il mercato, in modo accelerato e tipicamente poco ordinato. Quando questa fase finisce e sopraggiunge una correzione, quest’ultima tende ad essere più pronunciata che nel caso precedente, anche perché la reazione psicologica degli investitori non è più, di solito, quella di approfittare della discesa per rientrare. Purtroppo, questo è il caso che tende a verificarsi più frequentemente.

Stiamo attraversando una fase complessa. I mercati nel 2019 hanno dato soddisfazioni a chi ha avuto il coraggio di investire, ma permangono numerosi elementi di incertezza economica, politica e di mercato. E i segnali che provengono dai mercati stessi non sono di univoca interpretazione.

Senza la pretesa di indicare la via a nessuno, questa nota ha l’obiettivo di tracciare qualche contorno, in modo che ciascun investitore possa avere uno strumento per riconoscere la propria visione dello scenario, il proprio profilo e orientarsi.


Luca Tobagi – Investment Strategist – Invesco