Mercati al picco dello stress, è il momento di ricominciare a comprare

-

Guardando al multiplo dell’indice americano S&P 500, che oggi vale 2.846,63 o circa 18.7 in termini di rapporto prezzo/utili, si potrebbe pensare che la correzione non abbia raggiunto livelli tali da giustificare l’acquisto, ma un’analisi della dispersione delle valutazioni fornisce un messaggio differente.

Se si osserva la differenza di valutazione tra i titoli più cari, compresi nel 20° percentile dell’indice, e il multiplo medio dei titoli dell’universo a grande capitalizzazione, che si colloca a un valore di circa 4,5 deviazioni standard rispetto alla media storica degli ultimi 60 anni, si nota che abbiamo raggiunto un picco di stress simile a quello toccato in altri momenti di crisi paragonabile a quello attuale, il messaggio che si può estrapolare è che anche in questa fase si possono trovare delle grandi opportunità di acquisto, per costruire un portafoglio per la prossima fase del rialzo, che nonostante la volatilità, arriverà in un futuro non troppo lontano.

I settori che maggiormente hanno subito il colpo sono quelli toccati direttamente e indirettamente dalla pandemia, vale a dire quei settori che avevano la spesa discrezionale dei consumatori come loro fonte di reddito: ristoranti, aviolinee, crociere, alberghi e simili. Ma anche quei settori che forniscono credito alle famiglie, come le banche, carte di credito e il credito al consumo in generale: questi settori, particolarmente negli Stati Uniti, beneficeranno della inevitabile ripresa che ci sarà una volta che la vita tornerà alla normalità.

La correzione sui mercati azionari è stata violenta, sia dal punto di vista dell’entità che della rapidità, tanto da renderla paragonabile alle due avvenute nel 1929 e nel 1987. Quella attuale appare più simile a quella del 1987 poiché, come allora, non ci sono squilibri finanziari importanti, come ad esempio un eccesso di creazione di credito, che possano pregiudicare la crescita economica dei prossimi anni.

Il destino dei mercati finanziari sarà determinato da quello che succederà negli Stati Uniti, sia dal punto di vista monetario che fiscale, ma soprattutto dall’evoluzione dei contagi dovuti al coronavirus. L’economia più grande e dinamica al mondo si è dimostrata all’altezza della situazione, varando un piano fiscale imponente e delle misure di politica monetaria altrettanto importanti. Obiettivo delle manovre è sostenere i redditi in una fase di blocco pressoché totale dell’attività economica e mantenere liquidità nei mercati finanziari per evitare che ci possano essere una serie importante di fallimenti.

Da questa parte dell’Atlantico, tra rinvii e decisioni non prese, si sta invece ancora discutendo sul da farsi e intanto ogni governo vara misure economiche e fiscali in ordine sparso: l’Europa aveva un’occasione per dimostrare di esistere e l’ha mancata clamorosamente. Unico punto di riferimento in Europa rimane la Bce, non esente da critiche nella fase post-Draghi.

L’andamento recente dei dati provenienti dalla Cina fa comunque intravedere che c’è una luce alla fine del tunnel, anche se la ripresa potrebbe essere più graduale di quello che ci si attendeva solamente qualche settimana fa. Il dato attuale dell’indice Pmi (Purchasing managers’ index) di 52 indica una ripresa graduale, mentre sarebbe stato auspicabile un dato superiore a 60.