Intelligenza artificiale, quasi metà delle aziende la sfruttano meno del 10%
La pandemia ha accelerato i trend già in atto sul fronte digitale, favorendo le aziende digitalmente pronte, quelle cioè che sono riuscite a cogliere nuove opportunità. Tuttavia, il boom di digitalizzazione ed intelligenza artificiale, l’esplosione dei Big Data, la crescita esponenziale dei sensori e dell’IOT, la personalizzazione della customer experience dettata dal marketing di nuova generazione stanno portando un’attenzione nuova e rinnovata sul tema dei Dati.
Stiamo assistendo a un incremento significativo dell’attività proprio nell’industria dei dati e del machine learning: il numero di aziende che negli ultimi sei anni ha inserito nell’organigramma figure di Chief Digital Officer e di Chief Analytics Officer si è più che quintuplicato, arrivando oggi a quota 63%. Anche l’intelligenza artificiale ha subito un balzo, con il 60% degli intervistati che, tra il 2018 e il 2021, ha adottato almeno uno dei modelli legati a questo tipo di tecnologia.
Finora sono stati implementati soprattutto use case per i clienti (insight, targeting, servizio, ecc.), operativi (per esempio, automazione del flusso di lavoro, modelli di prezzo, previsione della domanda) e per standard intersettoriali (ad esempio, gestione IT, pianificazione finanziaria) o specifici per settore (ad esempio, diagnosi automatizzata nel settore sanitario; utilizzo delle risorse e pianificazione a lungo termine nel settore industriale). Questo trend, tuttavia, è ancora agli inizi, con un potenziale incredibile: il 40% delle aziende che usano l’intelligenza artificiale, lo fanno per meno del 10% delle sue applicazioni (per un valore di circa 300 milioni di euro). Arrivare al 90% di potenziale vorrebbe dire toccare quota 3 miliardi di euro.
“Costo, facilità di integrazione e time to market sono i primi tre criteri a cui le aziende guardano, quando decidono di adottare modelli di intelligenza artificiale o di machine learning. Spesso, però, questi criteri sono limitanti e – data soprattutto la difficoltà di calcolo e l’incertezza rispetto al ritorno sugli investimenti – molte aziende evitano o limitano gli investimenti in questi modelli, non sfruttando le grandi opportunità che esistono in questo momento sul mercato”, commenta Emanuele Veratti, Partner e Digital Practice Leader di Bain & Company.
Questi ostacoli sono quelli che frenano poi l’adozione dei modelli di intelligenza artificiale: solo il 25% dei progetti di questo tipo raggiungono gli obiettivi prefissati, e solo un terzo delle iniziative AI-driven riesce a raggiungere la scala prevista.
“I dati rappresentano un nuovo imperativo per le imprese e l’Intelligenza Artificiale un game changer che trasformerà la nostra società e il futuro dell’economia globale. Definire obiettivi chiari e misurabili, pianificare progetti strategici di lungo periodo, ma che sappiano generare benefici tangibili di breve, evitare duplicazioni con le legacy tecnologiche esistenti, garantire un modello operativo di governance e responsabilità per la gestione dei dati, senza dimenticare privacy e sicurezza: questi sono gli elementi chiave per progettare soluzioni vincenti in ambito di Intelligenza Artificiale. Senza dimenticare la dimensione più importante, quella che riguarda il fattore umano: la formazione di profili analitici adeguati e una cultura in tema di advanced analytics che pervada tutte le funzioni aziendali”, aggiunge Vittorio Bonori, AAG EMEA Expert Partner di Bain & Company.