Outlook trimestrale sul credito, prosperità comune

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Il cambiamento delle politiche in Cina avrà ripercussioni sul resto del mondo e per i mercati del credito. Riteniamo che l’atteggiamento di umiltà nel formulare previsioni sull’economia sia ancora da mantenere, dato il grado di distorsione e imprevedibilità creato dalle riaperture. A parte le difficoltà insite nel fare previsioni sul contesto attuale, ci si domanda anche se tali previsioni siano rilevanti. I fondamentali hanno ancora importanza in un mondo di repressione finanziaria, in cui i responsabili delle politiche monetarie e fiscali esercitano un’influenza preponderante? Sembra che i mercati sminuiscano da anni il ruolo dei fondamentali; uno scenario in cui la relazione tra fondamentali e mercati potrebbe ripresentarsi è quello in cui le banche centrali allentano la presa sull’economia. L’interrogativo principale per i mercati è quando si realizzerà questo scenario. Con gli spread ancora vicini ai minimi storici, ci sembra ragionevole mantenere un posizionamento prudente nei mercati del credito. Al margine, preferiamo i titoli delle istituzioni finanziarie ad altri segmenti dell’obbligazionario.

Riteniamo che l’intero mercato sia talmente concentrato sulle aspettative di inflazione da correre il rischio di trascurare altri driver potenzialmente più importanti. Negli ultimi 15 anni la Cina è stata il principale motore della crescita mondiale. Visto che il paese sembra trovarsi a un punto di svolta, ci sembra più importante che mai monitorare da vicino gli sviluppi al suo interno.

La strategia che mira all’azzeramento dei contagi da Covid nel 2020 ha avuto successo, ma ora sembra più un’arma a doppio taglio. Il virus continuerà a ripresentarsi, e ogni volta che questo accade le dure misure di contenimento pregiudicheranno la mobilità e i consumi. Tuttavia, dato che il settore dei servizi è più sensibile alle misure di lockdown rispetto al comparto manifatturiero, un rallentamento cinese indotto puramente dal Covid non graverebbe sull’economia in modo troppo grave: il terziario della Cina è in gran parte orientato al mercato interno e i suoi prodotti non sono commerciabili a livello internazionale. Tuttavia, un’applicazione eccessivamente prolungata di questa politica non gioverà a un’economia che deve già affrontare l’impatto di un inasprimento della regolamentazione del settore immobiliare.

È evidente che il mercato immobiliare sia caratterizzato da una certa effervescenza e pertanto, dato il rischio morale diffuso, sarebbero necessarie norme più severe. Al momento, l’incertezza per il mercato riguarda la possibilità di un eccessivo inasprimento della regolamentazione e le future ricadute di una ristrutturazione di Evergrande. L’ultimo problema in Cina è la ridefinizione delle politiche economiche, in quanto la leadership cinese desidera passare da una crescita assoluta al bilanciamento della crescita con la sostenibilità e l’uguaglianza sociale. Questa politica, denominata “prosperità comune”, sarà attuata con gradualità. Alcuni settori subiranno severe restrizioni, ma ciò non implicherà la fine dei mercati privati in Cina, in quanto troppo importanti per l’economia.

Tuttavia, il cambiamento avrà ripercussioni significative su alcuni settori come le big tech, i videogames e l’istruzione. Resta da capire quali saranno le implicazioni di questa nuova politica per il ruolo della Cina quale polo manifatturiero mondiale, se dovesse riuscire nell’obiettivo politico di aumentare ulteriormente i salari più bassi e incrementare la quota del lavoro nel reddito nazionale. Rileviamo che questo fenomeno possa contribuire agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) 1, 2, 8 e soprattutto 10. In quanto gestori di investimenti sostenibili, accogliamo l’ambizione ufficiale di perseguire la neutralità carbonica entro il 2060.

In ogni caso, la lotta al cambiamento climatico è diventata rapidamente un argomento importante nei mercati dei capitali. Secondo l’International Energy Agency, l’azzeramento delle emissioni nette richiederà investimenti per circa 5.000 miliardi di dollari all’anno. Alcuni economisti ritengono che questi grandi investimenti fornirebbero una via d’uscita dalla stagnazione secolare, dando impulso alla crescita e all’inflazione. Inoltre, a livello micro, vediamo che le politiche climatiche giocano un ruolo sempre più importante nelle strategie delle imprese. Oltre al potenziale rallentamento in Cina, vi sono molte altre fonti di incertezza a livello globale. Innanzitutto, non siamo ancora usciti del tutto dalla pandemia di Covid-19. La crisi immediata causata dal Covid sembra essere passata, ma il virus potrebbe ancora pregiudicare la ripresa, magari attraverso ulteriori interruzioni delle filiere produttive.

L’inflazione ha catalizzato di recente l’attenzione dei mercati e il dibattito in materia non sarà risolto nei prossimi mesi. Ciò potrebbe causare una certa volatilità, dati gli evidenti rischi bidirezionali. Una metrica fondamentale da tenere d’occhio è l’inflazione dei salari, che potrebbe dare un’indicazione in merito alla persistenza dell’inflazione complessiva e di condizioni tese nei mercati del lavoro. Ciò vale sia per l’Europa che per gli Stati Uniti. Eventuali indicazioni di un’inflazione salariale più strutturale invierebbero alla Fed e alla BCE l’importante segnale che è giunto il momento di accelerare i piani di inasprimento monetario.

Strettamente legati al dibattito sull’inflazione sono i vincoli delle filiere produttive che affliggono molti settori. Le limitazioni hanno riguardato inizialmente i semiconduttori per l’industria automobilistica, ma ora si registrano carenze di molti altri input, come i container, i servizi legati agli autotrasportatori, l’elettricità e persino le materie prime per i materassi. Ognuno di questi ha la sua spiegazione, ma il problema di fondo è che l’offerta è inferiore alla domanda. La maggior parte delle aziende è in grado di trasferire sui clienti questi costi più elevati, poiché la domanda è generalmente robusta.

I mercati degli spread hanno oscillato in un intervallo molto ristretto durante il terzo trimestre. Fa eccezione il segmento high yield cinese, dove i differenziali di rendimento si sono ampliati notevolmente sulla scia dei problemi di Evergrande e dei segni di debolezza dell’economia cinese. Sebbene vada ammesso che l’introduzione di un sottopeso sul beta è stata una mossa prematura, conserviamo con fiducia questa posizione. Alla luce degli attuali livelli di spread, il costo di mantenere un modesto sottopeso sul beta è basso. La ricerca di rendimento si è tradotta in mercati estremamente compressi, dove persino le obbligazioni di aziende in difficoltà hanno archiviato buoni risultati.