Azionario e inflazione: vincitori e vinti

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Con la prospettiva di un’inflazione che sembra essere “più alta, più a lungo” è opportuno ragionare su quelli che potrebbero essere i vincitori e gli sconfitti di questo scenario nel contesto dei mercati azionari.

In primo luogo, c’è una teoria che sostiene che le azioni rappresentino una discreta copertura contro l’inflazione, questo perchè nel medio periodo le aziende quotate hanno il potere di aumentare i prezzi. Ma la realtà è molto più complessa e l’effettivo potere sul prezzo dipende anche da altri fattori, come lo scenario concorrenziale nel settore.

L’altro problema è che le azioni possono essere una copertura accettabile contro l’inflazione fino a quando la crescita dei prezzi raggiunge il punto in cui le banche centrali si sentono obbligate ad agire, stringendo i cordoni della politica monetaria. Ciò può portare il valore delle azioni a diminuire, poiché il valore dei multipli diminuisce e i ricavi aziendali potenzialmente diminuiscono, a seconda di quanto le banche centrali decidano di essere aggressive.

Fatte queste considerazioni, ecco alcune ipotesi (non esaustive e anche un po’ contraddittorie) su possibili vincitori e vinti dell’inflazione nel contesto dei mercati azionari. Il primo modo di vedere il problema, in modo piuttosto limitativo, è che le azioni “value” potrebbero sovraperformare, in particolare se l’inflazione è guidata dalla domanda. È l’argomento “la marea solleva tutte le barche”: se l’inflazione è in aumento, allora tutti dovrebbero vedere migliorare i propri ricavi (anche se non necessariamente i propri volumi).

La seconda ipotesi è quella che sostiene che le “aziende di qualità” dovrebbero sovraperformare. In questo contesto, l’inflazione non aiuta tutti: ciò che conta davvero è se le aziende riescono a gestire la differenza tra l’inflazione dei ricavi e l’inflazione dei costi. Se la crescita dei ricavi è superiore all’aumento dei costi della produzione, bene. In caso contrario, la capacità di generare utili dovrebbe diminuire. In teoria, le aziende “di qualità” dovrebbero avvantaggiarsi della situazione. Ma come si individuano le aziende di qualità? Si possono utilizzare metriche finanziarie come il margine lordo o il ROI. Da una prospettiva macroeconomica, si potrebbe utilizzare lo spread tra l’inflazione dei prezzi al consumo e quella dei costi di produzione per stabilire se i margini aziendali tendono ad aumentare o diminuire. Sfortunatamente, l’analisi non è così semplice. La terza ipotesi è che le grandi imprese dovrebbero fare meglio delle piccole imprese in un contesto di inflazione. Le grandi aziende potrebbero essere in grado di negoziare in modo più aggressivo con i fornitori e sono solitamente più diversificate e meno suscettibili all’inflazione dei costi.

L’ultimo elemento riguarda i tassi d’interesse: se le banche centrali alzano i tassi, cosa potrebbe succedere? Una linea di argomentazione suggerisce che sono le azioni con valutazioni elevate a essere maggiormente a rischio, poiché i tassi di sconto aumentano. È un’analisi semplicistica, ovviamente, ma potrebbe prefigurare uno scenario non del tutto favorevole per i titoli tecnologici che hanno dominato il mercato in questi anni.

Negli ultimi mesi, come Moneyfarm, abbiamo mantenuto invariata la nostra esposizione azionaria, riflettendo l’idea che l’inflazione non sarà per ora un ostacolo significativo per le azioni. Per quanto riguarda i vincitori, preferiamo gli argomenti in favore della qualità e delle dimensioni. Crediamo ci siano anche dei meriti nell’argomento in favore dei titoli value, ma pensiamo che un ambiente più inflazionistico favorisca soprattutto le imprese “ad alta qualità”.