Siamo all’inizio della fine della pandemia?

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I rendimenti globali sono variati poco durante la scorsa settimana, con i mercati che sono stati in grado di guardare oltre una narrativa più da falco proposta dalle banche centrali globali sulla scia dell’accelerazione dell’inflazione. Sembra che gli operatori di mercato abbiano adottato un atteggiamento cauto prima della riunione della Fed e, nonostante Powell abbia segnalato una fine anticipata del tapering e un possibile primo rialzo già a maggio, i titoli azionari sono saliti al pensiero che ci saranno poche novità da parte della Fed fino alla fine del primo trimestre.

Intrinsecamente, gli asset rischiosi sono sostenuti dalla liquidità ancora abbondante e dai bassi livelli di rendimento delle obbligazioni a lunga scadenza. Sembra che – a meno che o fino a che questi non aumentino più sostanzialmente – gli investitori continueranno ad allocare verso l’azionario, sulla base del fatto che fornisce una migliore copertura dall’’inflazione rispetto all’obbligazionario, oltre ad offrire un potenziale di crescita.

Vi è però un’interessante dicotomia con i mercati obbligazionari, apparentemente sostenuti dal pensiero che R* possa rimanere molto contenuto nel contesto della stagnazione secolare, anche in un trimestre in cui il PIL nominale sta crescendo a un ritmo a due cifre e mostra pochi segni di rallentamento.

Da diversi punti di vista, il 2021 è stato un anno confusionario (e alle volte frustrante) nell’ambito degli investimenti.

Guardando al passato, le nostre proiezioni sulla crescita solida, sulla politica della Banca Centrale e sull’inflazione ben al di sopra del consenso sono state sorprendentemente accurate negli ultimi mesi, anche se ciò non ha portato ai movimenti di mercato che stavamo cercando.

A marzo, l’Indice del Prezzi al Consumo statunitense era appena salito al 2% e i rendimenti delle obbligazioni a 10 anni avevano seguito questo movimento dei prezzi per tutto il primo trimestre. Eppure, nove mesi dopo, l’inflazione ha continuato a salire verso il 7% solo per i rendimenti dei Treasury che si sono diretti verso il basso, anche dopo che la Fed ha scontato l’idea che i trend dell’inflazione fossero solo di natura transitoria.

In Europa, un aumento del Programma di acquisto di asset (APP) ha placato le preoccupazioni degli investitori su una fine anticipata dell’espansione del bilancio. Tuttavia, i piani per ridurre questi acquisti hanno messo sotto pressione gli spread dell’Eurozona. L’impennata dei prezzi dell’elettricità sembra suggerire che le pressioni inflazionistiche continueranno a crescere nei prossimi mesi e, finché la pandemia non sarà passata, la BCE potrebbe avere margine per adottare un atteggiamento più falco a marzo, quando sarà il momento di rivedere le previsioni.

Sulla base dei dati provenienti dal Sudafrica, sembra ora chiaro che la variante Omicron è in grado di diffondersi rapidamente, anche se fortunatamente i sintomi sembrano lievi. Una piccola percentuale di persone infette ha avuto bisogno di essere ricoverata in ospedale rispetto alle ondate precedenti, e quelli che lo fanno hanno meno probabilità di aver bisogno di ossigeno o di supporto in terapia intensiva. I tempi medi di ospedalizzazione sono molto più brevi e i tassi di mortalità complessivi sono notevolmente più bassi di quanto si sia visto in precedenza.

Inoltre, ci sono segnali che il numero di casi sta già iniziando a diminuire. Se questi trend si ripeteranno in Europa, allora si può sperare che – dopo un breve picco pronunciato nei prossimi giorni – le infezioni cominceranno a scendere entro la metà di gennaio, e il COVID-19 finirà nello specchietto retrovisore entro la fine del mese. Dato il grado di trasmissibilità di Omicron, è difficile credere che potrebbe essere rimpiazzata da una variante ancora più contagiosa.

Nonostante queste notizie incoraggianti, i media in Europa e nel Regno Unito sono stati ansiosi di trasmettere messaggi terrorizzanti con l’avvicinarsi del Natale, spingendo perché le persone si sottopongano alla dose booster e non socializzino affatto, in piena modalità Grinch.

Tuttavia, le pressioni sull’inflazione continuano a crescere e il mercato del lavoro sta mostrando segni di irrigidimento, quindi il rialzo dei tassi di questa settimana non dovrebbe risultare una sorpresa del tutto inaspettata. Se abbiamo ragione sul virus, allora ci aspettiamo una svolta sostanzialmente più falco da parte della Banca d’Inghilterra a febbraio, con i tassi che dovranno aumentare notevolmente nell’anno a venire.

Alcuni mesi fa abbiamo previsto che l’inflazione britannica dei prezzi al consumo (RPI) avrebbe raggiunto l’8%, ma ciò potrebbe rivelarsi una stima fin troppo prudente. Un eventuale raddoppio dei prezzi dell’elettricità in aprile potrebbe aggiungere un altro 3% alle cifre dell’inflazione, mandando i tassi vicino alle due cifre e innescando richieste di aumenti dei salari da parte dei sindacati.

In questo contesto, i Gilt a 10 anni allo 0,7% sembrano offrire poco valore. Se la crescita crolla, allora c’è uno scenario in cui i rendimenti potrebbero deviare, ma un rally sostanziale sembra improbabile. Di conseguenza, la prospettiva per i rendimenti sembra fortemente sbilanciata verso rendimenti più elevati.

Su questa base, crediamo che sia realmente vantaggioso adottare posizioni di breve duration rispetto ai tassi statunitensi e britannici. In ultima analisi, se le economie continueranno ad evolvere come da noi auspicato, siamo fiduciosi che ciò verrà incorporato nei prezzi delle obbligazioni.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, assegniamo una bassa probabilità al rischio di recessione e la piattezza della curva dei rendimenti ci sembra eccessiva. Con la Fed che indica tassi d’interesse neutrali a lungo termine al 2,5%, riteniamo sarebbe appropriato che i rendimenti scambiassero intorno a quel livello. E se l’economia non rallenterà anche nel momento in cui saranno prese le prime misure atte ad aumentare i tassi l’anno prossimo, potrebbe diventare evidente chec’è un bel po’ di strada da fare perché la politica ritorni alla neutralità, per non parlare del fatto che adotti una posizione più restrittiva.

In questo periodo dell’anno, le obbligazioni societarie sono state sostenute dal calo dell’offerta e da un contesto robusto nei mercati azionari. Riteniamo che gli spread potrebbero ridursi nelle prossime settimane grazie a fattori tecnici favorevoli, se non ci saranno ‘nuove’ notizie importanti. Questa prospettiva dovrebbe anche avvantaggiare gli spread sovrani, ma nel complesso vale la pena sottolineare che le valutazioni non sono particolarmente attraenti, quindi sarà difficile che gli spread si restringano molto, dato che le politiche a livello globalevedranno probabilmente una svolta nelle prossime settimane.

Per ciò che concerne il mercato valutario, continuiamo a pensare chel’eccezionalismo degli Stati Uniti dovrebbe aiutare il dollaro a sovraperformare, anche se alcune valute che di recente hanno sottoperformato – come il rand sudafricano – potrebbero rimbalzare con il declino dell’avversione al rischio. Un’eccezione a questa tendenza rimane la Turchia: le politiche di taglio dei tassi d’interesse a fronte di stime d’inflazione che raggiungono il 50% implicano che il Paese potrebbe continuare a precipitare sempre più a fondo nella crisi, fino a quando gli investitori si aspetteranno un’uscita di scena di Erdoğan, con un conseguente ritorno a una politica economica più ortodossa e una riduzione delle interferenze politiche negli affari della banca centrale.

Guardando al futuro

Visto che le riunioni delle banche centrali e i dati più importanti sono ormai alle spalle, dovremmo aspettarci che i mercati si tranquillizzino da qui alla fine dell’anno. Detto questo, dopo un anno di sorprese, c’è la sensazione che ci si possa quasi aspettare l’imprevedibile, senza spazio per adagiarsi.

A parte questo, mi pare il momento giusto per alcune proiezioni sul prossimo anno, eccole qui:

  1. L’inflazione statunitense raggiungerà il picco a marzo e poi diminuirà,ma rimarrà al di sopra del 3% perché l’inflazione dei prezzi dei servizi, la crescita dei salari e gli affitti compenseranno il rallentamento dell’inflazione dei beni, mentre le disruption delle catene di approvvigionamento cominceranno ad attenuarsi.
  2. La Fed rialzerà i tassi quattro volte nel 2022 e altre quattro volte nel 2023. I Treasury USA a 10 anni sfonderanno il 2% in primavera.
  3. La BCE comincerà a diventare più falco a marzo e alla fine dell’anno gli spread dell’Eurozona saranno maggiori di quanto fossero all’inizio.
  4. Le azioni saranno volatili e forniranno rendimenti vicini allo 0% l’anno prossimo. Anche il credito difficilmente sovraperformerà, ad esclusione di alcuni emittenti e settori selezionati.
  5. Il dollaro potrebbe restare invariato nel 1° trimestre, ma con la ripresa della crescita altrove, potremmo in seguito assistere ad un’inversione di tendenza verso un dollaro forte.
  6. Entro la fine di gennaio, i casi da COVID-19 nel Regno Unito e in Europa diminuiranno e saremo effettivamente fuori dalla pandemia nella maggior parte dei Paesi entro Pasqua 🙂
  7. Il Chelsea vincerà di nuovo la Champions League nel 2022 (ovviamente!).