Biodiversità in Costituzione, Slow Food: «Non dimentichiamoci di tutelare anche quella domestica»

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La Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la modifica a due articoli della Costituzione italiana, il 9 e il 41, integrandoli con i riferimenti all’ambiente, alla biodiversità, agli ecosistemi e agli animali.

«Richiamare la tutela della biodiversità all’interno della legge fondamentale dello Stato rappresenta un passo importante e un motivo di soddisfazione, soprattutto per un’associazione come Slow Food che, da oltre trent’anni, s’impegna concretamente nella sua difesa» commenta Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia.

Proprio in virtù dell’esperienza maturata in questi tre decenni, Slow Food coglie l’occasione per ribadire la necessità e l’urgenza di tutelare la biodiversità nell’accezione più ampia del termine: «La tutela della biodiversità non va intesa soltanto come difesa del mondo selvatico – prosegue Nappini – ma anche come salvaguardia delle varietà agricole coltivate e delle razze animali allevate, cioè la biodiversità domestica».

Tutelare la biodiversità, secondo Slow Food, significa dunque:

  • dire no alle monocolture vegetali;
  • ridurre e vietare l’utilizzo di pesticidi e fitofarmaci provenienti dalla chimica di sintesi, perché dannosi per la sopravvivenza di specie che assicurano biodiversità e perché causa dell’impoverimento dei suoli;
  • favorire la transizione verso sistemi biologici;
  • sostenere gli allevamenti di piccola scala ed estensivi che, a differenza di quelli intensivi, rappresentano ecosistemi vari;
  • scongiurare l’abbandono di terreni agricoli e delle aree montane e rurali, perché la perdita di biodiversità è effetto anche della concentrazione abitativa della popolazione in aree ristrette.

Parlando di biodiversità, inoltre, non è possibile non considerare anche la microflora e quella microbiologica del suolo: è proprio lì che vivono due terzi di tutti gli esseri viventi e sono loro a rendere fertile e produttivo il terreno agricolo. Proteggere questa biodiversità invisibile significa assicurare un futuro alla produzione alimentare; ignorarla (o peggio danneggiarla, come accade su larga scala da decenni) rappresenta al contrario un fattore di rischio consistente.

Ora è il momento di agire

Tutelare la biodiversità è un impegno politico e richiede l’adozione di norme e di leggi che facilitino la conversione verso un sistema ambientale (e alimentare) maggiormente sostenibile. Ma è anche un impegno alla portata di tutti: scegliere come alimentarsi è un atto politico.

Alcuni numeri possono aiutare a inquadrare la portata del fenomeno: negli ultimi settant’anni sono andati perduti, a causa dell’uomo e delle sue scelte, tre quarti dell’agrobiodiversità che i contadini avevano selezionato nei 10.000 anni precedenti. Il 75% delle colture agrarie presenti a inizio ’900 è scomparso. Dagli anni ’70 del secolo scorso, la produzione agricola si è orientata su un numero ristretto di varietà: tre specie – mais, riso, grano – forniscono il 60% delle calorie necessarie alla popolazione del globo. Il 63% del mercato dei semi è rappresentato da ibridi commerciali ed è controllato da quattro multinazionali che possiedono anche i brevetti degli Ogm e sono leader nella produzione di fertilizzanti, pesticidi e diserbanti.

Tutelare la biodiversità significa mettere in discussione un sistema alimentare insostenibile e che porterà al collasso dell’intero sistema di produzione alimentare, come messo per iscritto dalla Fao nel Rapporto sullo stato della biodiversità mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura del 2019, se non invertiamo lo stato delle cose entro dieci anni.

«Quello di ieri è un passo importante – conclude Nappini -. Ora si deve agire in modo concreto e veloce. Occorre mettere chi produce cibo in modo sostenibile, ad esempio seguendo i princìpi dell’agroecologia, nelle condizioni di poterlo fare: non lasciamo che le integrazioni della Costituzione rimangano sulla carta o, peggio, vengano vanificate da interessi economici di pochi».