Tweet-in-chief: dobbiamo prepararci al ritorno di Trump?

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Nell’ultima settimana, le maggiori aspettative sulle mosse delle banche centrali hanno iniziato a pesare maggiormente sugli asset di rischio, con una correzione sul fronte azionario, guidate dai titoli tecnologici e di altre società che sono state scambiate su multipli e utili molto elevati.

Ci aspettiamo che la Federal Reserve non si faccia travolgere eccessivamente da questa dinamica dei prezzi. Il feedback dei nostri incontri a Washington questa settimana suggerisce che c’è stata inquietudine nella Fed in seguito al rialzo di marzo, quando i titoli azionari si sono poi ripresi e l’azione politica ha avuto un impatto trascurabile sulle misure generali delle condizioni finanziarie.

Per molti aspetti, la politica della Fed mira a mettere in campo misure di ampio respiro sulle condizioni finanziarie, poiché queste hanno un impatto molto più significativo sull’economia rispetto al semplice target legato al tasso attuale. Con la politica monetaria che mostra i suoi effetti in ritardo, questa forward guidance è comunemente usata dalle banche centrali per spostare le aspettative e aiutare a sostenere o limitare la domanda aggregata.

In questo contesto, le misure relative alle condizioni finanziarie statunitensi rimangono molto accomodanti, il che non è sorprendente con i tassi di interesse così al di sotto dei tassi di inflazione. Tuttavia, il disaccordo del mercato per l’intenzione della Fed di iniziare a irrigidire le condizioni finanziarie può essere visto come un catalizzatore per una posizione molto più falco da parte del FOMC a marzo, anche se sembra chiaro che questo messaggio sta cominciando a passare agli operatori sui mercati.

I tassi ipotecari statunitensi sono aumentati più rapidamente di quanto abbiano fatto dal 1981. Nel frattempo, l’aumento dei rendimenti reali a 5 anni è stato il più drammatico dal Taper Tantrum di quasi 10 anni fa, seppure da livelli estremamente bassi.

Altrove, gli indici del fixed income americano high-grade sono ora in calo di circa il 10% su base annua, con le azioni che registrano perdite simili. Inoltre, nell’ultima settimana c’è stato un rafforzamento sostanziale del dollaro statunitense contro tutte le altre valute principali. L’effetto cumulativo è che le condizioni finanziarie si sono mosse in modo coerente a ciò che la Fed vorrebbe (e si aspetta) che accada mentre cerca di ritirare lo stimolo monetario.

Questo ci suggerisce che il FOMC non abbia bisogno di lanciare un messaggio eccessivamente da falco alla riunione della prossima settimana. L’aspettativa generale è di un aumento di 50 punti base, con indicazioni di un’azione di dimensioni simili a giugno.

In seguito, il corso della policy potrebbe diventare meno certo, con l’inflazione che rallenta e i rischi per la crescita che si accumulano al ribasso.

Una recessione negli Stati Uniti rimane possibile nel 2023, anche se riteniamo che la Federal Reserve sia cosciente di questo rischio e attenta ai dati in arrivo. In definitiva, una recessione diventerebbe più probabile se la Fed avesse bisogno di continuare ad alzare i tassi oltre la valutazione relativa al tasso neutrale, che i policymaker stimano essere intorno al 2,5%. A sua volta, ciò dipenderà dalla traiettoria dell’inflazione.

Ci sono buone ragioni per ritenere che l’aumento dei prezzi tornerà sotto il 4% entro la fine di quest’anno e su una tendenza al ribasso, il che potrebbe permettere al Presidente Powell e colleghi di adottare un approccio più misurato ai tassi nel corso dell’anno, dopo una posizione più assertiva nei prossimi mesi, quando inizierà a diminuire la pressione sulla Fed affinché agisca.

Stando così le cose, siamo tentati di pensare di aver visto, per il momento, il massimo dei rendimenti obbligazionari statunitensi. Tuttavia, su base relativa, riteniamo che il fixed income della zona Euro sia più interessante e abbiamo, di conseguenza, aumentato la duration in quest’area. In contrasto con il solido slancio dell’economia statunitense, pensiamo, infatti, che gran parte dell’Europa potrebbe già essere entrata in recessione sulla scia dello shock dei prezzi dell’energia.

La BCE si è impegnata a inasprire la politica, terminando gli acquisti di asset a giugno e aumentando i tassi già a luglio. Tuttavia, le speranze di un anno di crescita solida sono state deluse, e anche se l’Eurotower si sentirà obbligata a rispondere al superamento dell’inflazione, riteniamo improbabile che i tassi saliranno molto oltre lo 0% nel prossimo anno, una volta che la pressione dei prezzi si sarà moderata. Gli ultimi dati del CPI (Consumer Price Index) nell’Eurozona sono stati misti, con alcuni valori ai massimi su base annua in Paesi come la Spagna, mentre la Germania si è mossa su un trend più alto.

Tuttavia, gli indicatori principali, come la fiducia dei consumatori in Germania, stanno già facendo suonare un campanello d’allarme e sono ai minimi dalla Crisi Finanziaria Globale, creando uno scenario difficile per i policymaker della zona Euro.

Cambiando tema, manteniamo una visione negativa sui Gilt britannici e sulla sterlina. Ci sono chiari segni che l’inflazione negli Stati Uniti e nell’Eurozona abbia già raggiunto il picco, ma pensiamo che i dati di aprile (che saranno pubblicati a maggio) del Regno Unito spingano l’inflazione verso le due cifre, minando ulteriormente la credibilità della Bank of England.

La riunione del Comitato di Politica Monetaria della BoE si terrà la prossima settimana, e la recente comunicazione della Banca d’Inghilterra ha privilegiato i rischi di crescita rispetto a quelli di inflazione – una strategia pericolosa se le aspettative di inflazione si indeboliscono ulteriormente. Il ragionamento della BoE è stato che la compressione dei redditi reali ridurrà la domanda e aiuterà a riportare l’inflazione al target e che, avendo già aumentato i tassi tre volte nel ciclo attuale, si sia già vicini alla “neutralità”.

La Bank of England rimane un’eccezione in questo senso tra le banche centrali dei mercati sviluppati, che continuano a spingere verso posizioni da falco – la Riksbank svedese ne è solo l’ultimo esempio. Secondo gli economisti del Fondo Monetario Internazionale, che collocano il Regno Unito in fondo alla classifica della crescita tra i Paesi del G7 nel 2023, si tratta di uno scenario piuttosto difficile per gli asset britannici in generale in un momento in cui la crescita economica relativa sta iniziando a calare.

L’ultima settimana è stata impegnativa per gli asset rischiosi e pensiamo ci sia ancora spazio per un’ulteriore correzione delle azioni, il che potrebbe continuare a pesare sugli spread del credito.

Nel frattempo, abbiamo raccolto voci allarmanti in aree come il private equity, dove la spinta ai rendimenti sembra aver alimentato la leva finanziaria e alcuni comportamenti di eccessiva assunzione di rischio che potrebbero causare pesanti perdite quando le società dovranno rifinanziarsi.

Guardando al futuro

Il percorso rimane incerto e un atteggiamento generale di cautela negli investimenti è giustificato. Le banche centrali sono pronte a procedere a un sostanziale inasprimento della policy, il che dovrebbe comportare un inasprimento delle condizioni finanziarie: ciò rappresenta un forte ostacolo, e percepiamo anche che molti operatori sui mercati non hanno ancora capito che la Fed non è loro amica.

Senza menzionare gli eventi in Ucraina o le misure anti-COVID implementate in Cina questa settimana, c’è un’abbondanza di cose di cui parlare. Dato il contesto, forse l’idea di Elon Musk di aumentare il limite di caratteri nei tweet può essere un aggiornamento gradito. Nel frattempo, sarà interessante vedere se Trump ora ritornerà sulla piattaforma (sicuramente, non potrà resistere) per usurpare Elon e reclamare la sua posizione di Twit-in-Chief.