La nuova ricerca di State Street e dell’International Forum of Sovereign Wealth Funds evidenzia un cambiamento nell’asset allocation dei grandi investitori istituzionali

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State Street Corporation (NYSE: STT) e l’International Forum of Sovereign Wealth Funds (IFSWF), un network globale di fondi sovrani di cui fanno parte quasi quasi 40 Paesi, hanno pubblicato una nuova ricerca[1] dalla quale emerge che l’attenzione dei grandi investitori istituzionali si è ampiamente concentrata su asset e mercati ritenuti meno rischiosi

Il report, dal titolo Post-pandemic shift: Evidence from institutional-investor and sovereign wealth fund activity, analizza l’attività aggregata degli investitori istituzionali di lungo periodo, che rappresentano gli oltre 43.000 miliardi di dollari in termini di asset in custodia e amministrazione di State Street. Comprende anche le rilevazioni delle interviste condotte con alcuni dei principali fondi sovrani in Asia centrale, Asia orientale, Asia occidentale, Australasia e Nord America.

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La ricerca analizza l’avversione al rischio degli investitori istituzionali nel 2021, così come confermato anche dal Behavioural Risk Score di State Street, un indicatore aggregato che misura la propensione al rischio tramite i flussi di capitale e le esposizioni detenute dagli investitori istituzionali esaminando varie asset class e fattori, che a febbraio 2022 ha raggiunto territorio negativo registrando i minimi di due anni. Le decisioni sugli afflussi di capitale degli investitori istituzionali adesso tengono conto di un maggior numero di elementi, come si evince dall’approccio risk-off adottato negli ultimi mesi da chi investe in azionario, obbligazionario, valute estere e nelle decisioni di asset allocation.

Neill Clark, Responsabile di State Street Associates per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa (EMEA), ha affermato: “Man mano che le economie di tutto il mondo emergono dal lungo periodo buio causato dalla pandemia di COVID-19, gli investitori si trovano ad affrontare una nuova serie di rischi. Attualmente, gli asset di rischio stanno assistendo a un repricing innescato dalla guerra tra Russia e Ucraina, dall’inflazione e dalle risposte di politica monetaria introdotte delle banche centrali”.

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“Dopo una fase di riequilibrio in chiave opportunistica e un’attività di risk-taking selettiva nel 2020, lo scorso anno gli investitori istituzionali si sono rivolti verso mercati e asset più sicuri. Le loro decisioni in tema di asset allocation suggeriscono che non stanno più incrementando le loro esposizioni azionarie, un trend intrapreso dal primo trimestre nel 2020, indirizzandosi piuttosto verso reddito fisso e liquidità”.

Dal nuovo report emerge che a consistenti deflussi di capitale dai mercati emergenti – percentuale più elevata degli ultimi cinque anni – corrisponde una robusta domanda di titoli appartenenti ai mercati sviluppati.

“Le sfide poste dalla nuova situazione globale, caratterizzata dal conflitto internazionale e da pressioni inflazionistiche al rialzo, hanno indotto gli investitori istituzionali ad aggiustare i propri portafogli per proteggersi dal rischio” ha dichiarato Federico Viola, Responsabile Sales and Client Coverage per Italia e MENA di State Street. “Resta comunque molto interessante la dinamica di investimento verso i c.d. private markets, a conferma di un orizzonte e di un interesse di lungo periodo di questa tipologia di investitori: secondo i dati del Private Equity Index di State Street, il 2021 ha infatti tutte le carte in regola per registrare la più alta raccolta di fondi di private equity in assoluto. Anche se i fondi europei continuano a mantenere un atteggiamento più conservativo nei confronti dei private asset, hanno registrato comunque lo stesso ritmo di raccolta del 2020. In Italia, partendo da dati iniziali di esposizione verso asset class alternative più contenuti, riscontriamo comunque un crescente interesse da parte degli investitori istituzionali nei mercati privati, con un accento marcato sull’impatto che questa asset class può avere sull’economia reale e con un occhio attento a profili di rischio/rendimento e diversificazione”.

“Per quanto riguarda le strategie di investimento dei fondi sovrani, si evince che la maggior parte di essi stanno intraprendendo una strategia di lungo periodo, che a volte può sostanziarsi in una posizione diversa da quella del sentiment generale”, ha dichiarato Duncan Bonfield, Chief Executive dell’ISFWF. “Ad esempio, uno dei nostri membri ha incrementato la propria esposizione all’azionario emergente man mano che il value/price gap cresceva, dal momento che questo segmento era più economico rispetto a sei mesi fa in termini di previsioni per il fair value”.

Per quanto riguarda l’universo obbligazionario, secondo il report, sui deflussi di capitale dal debito sovrano dei mercati emergenti ha pesato l’incremento dei rischi geopolitici, mentre i titoli di Stato di alta qualità dei mercati sviluppati hanno assistito ad afflussi di capitale stabili nonostante le forti pressioni inflazionistiche. Anche il credito corporate denominato in euro e in dollari è stato oggetto di deflussi, trainati dal difficile mix tra incremento dei tassi di interesse, inflazione elevata e crescita lenta, riduzione del ritmo di acquisto di asset da parte delle banche centrali di tutto il mondo e potenziali ripercussioni per via delle sanzioni russe. Il mercato dei Treasury Inflation-Protected Security (TIPS) statunitense è indubbiamente uno dei beneficiari dell’incertezza in merito al credito e dell’aumento delle pressioni inflazionistiche. Tale mercato ha registrato un rinnovato interesse da parte degli investitori istituzionali che si sono focalizzati sulle valute con una minor esposizione agli sviluppi del conflitto internazionale.

Clark ha aggiunto: “Attualmente c’è un insieme più ampio di fattori che sta trainando i mercati finanziari, fattore che pone davanti agli investitori istituzionali sfide e rischi nuovi. Il conflitto internazionale e le pressioni inflazionistiche al rialzo dominano le principali dinamiche di mercato, in un contesto caratterizzato da turbolenze sui mercati azionari globali e, contestualmente, da un basso rischio sistemico, man mano che i rendimenti azionari vengono spinti al rialzo da un più ampio mix di fattori”.