È più forte il dollaro o più debole l’Euro? E le altre valute?

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La scorsa settimana l’euro ha raggiunto la parità con il dollaro, un livello che non si vedeva dal dicembre 2002, circa 20 anni fa. Dall’inizio dello scorso anno, quando l’euro era scambiato a 1,22 sul dollaro, il deprezzamento è quindi complessivamente del 18%. Il nostro modello di parità di potere d’acquisto (Purchasing Power Parity) indica un valore di equilibrio a lungo termine pari a 1,248 dell’euro sul dollaro, valore che darebbe all’euro uno sconto di circa il 20% rispetto al suo valore fondamentale. Come al solito, tuttavia, va sottolineato che questi modelli, pur rappresentando un valido indicatore di lungo periodo, non sono molto rilevanti nel breve. Da un lato, il prezzo spot può subire deviazioni molto ampie, con anche scarti del 40%. Dall’altro, il percorso di rientro verso la parità di potere d’acquisto è molto lento ed il prezzo spot può divergere anche per un decennio.

E le altre valute?

La questione di fondo è stabilire se l’euro si è deprezzato o se il dollaro è troppo caro. Abbiamo replicato l’esercizio della parità del potere d’acquisto per le valute DXY. Il DXY è un indice molto diffuso che ricostruisce il tasso di cambio del dollaro rispetto alle sei principali valute (ciascuna ponderata per la propria importanza). Il risultato è chiaro:

 

 

Emerge come le sei valute siano molto al di sotto della parità del potere d’acquisto rispetto al dollaro, dollaro che è caro rispetto a ciascuna di queste valute. L’euro si trova nel gruppo con una sottovalutazione del 25% circa, quindi non c’è una particolare debolezza nella valuta europea che ha resistito meglio dello yen, della corona svedese o della sterlina.

Dal modelli di parità del potere d’acquisto al tasso di cambio effettivo

Un altro modo di affrontare la questione è quello di utilizzare il tasso di cambio effettivo dell’euro. Nel gergo degli economisti, il tasso di cambio effettivo si riferisce al tasso di cambio di una valuta, l’euro nel nostro caso, rispetto ad un paniere di altre valute, la cui ponderazione dipende dall’importanza degli scambi commerciali. Il concetto è particolarmente utile per misurare la competitività delle esportazioni di un Paese.

Il risultato evidenzia come, dall’ultimo massimo raggiunto alla fine del 2020, il tasso di cambio effettivo dell’euro è sceso di circa l’8%. Ma, da un lato, il calo è molto meno drammatico del 18% perso nei confronti del dollaro. D’altra parte, il livello assoluto rimane elevato rispetto alla media di lungo periodo – siamo l’8% sopra la media di lungo periodo. Anche in questo caso, l’euro sembra trovarsi nel mezzo del gruppo delle principali valute.

Rispetto alle altre principali valute, il deprezzamento dell’euro è quindi in media. In effetti non siamo realmente in presenza di una debolezza dell’euro, anche se per le valute tutto è sempre relativo, ma piuttosto di un fortissimo apprezzamento del dollaro.