La marea della liquidità si sta ritirando

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Il fallimento della Silicon Valley Bank (SVB) alimenta tensioni in tutto il mondo. Nel frattempo la “Teoria della moneta moderna” (MMT – Modern Monetary Theory) si sta rivelando un’illusione. Secondo questa teoria, in estrema sintesi, la politica fiscale non è soggetta a vincoli poiché i governi non possono esaurire il denaro. Infatti, se succede, possono semplicemente stampare nuova moneta. Certamente, possono farlo; basta dare un’occhiata ai bilanci gonfiati delle banche centrali, che a seguito del crack Lehman, della crisi del debito nell’Area Euro e della pandemia si sono riempiti di titoli di Stato. Tuttavia, la creazione incondizionata di nuovo denaro avrebbe delle conseguenze potenzialmente piuttosto gravi. In un’economia il “prezzo del denaro”, l’interesse, ha una funzione centrale di informazione e stimolo. In caso di alterazione, anche tutti gli altri prezzi forniscono segnali distorti. Con conseguenze a livello di allocazioni erronee del capitale, creazione di bolle dei prezzi e mancata considerazione dei rischi nella convinzione che un (ipotetico) “central bank put” offra protezione dai ribassi. I mercati saranno coinvolti in eccessive “speculazioni sui tassi di interesse” e vaglieranno qualsiasi dato economico pubblicato alla ricerca di segnali di un potenziale taglio dei tassi.

Durante la fase di financial repression e di rendimenti bassi/negativi abbiamo dimenticato che il denaro non è una risorsa illimitata. L’”helicopter money” è una misura praticabile sotto il profilo tecnico, ma non rappresenta una manna dal cielo. Per utilizzare le parole di Warren Buffett: “Non scoprirai chi stava nuotando nudo fino a quando la marea (della liquidità) non si ritira”. L’impatto sulla spiaggia in caso di bassa marea può essere forte, come dimostrano gli eventi di questi giorni nel settore bancario. La marea della liquidità si sta effettivamente ritirando. I recenti interventi delle banche centrali di tutto il mondo ce lo indicano chiaramente. La storia dei cicli finanziari ci ricorda che possono verificarsi degli incidenti (cfr. grafico della settimana).

In tale contesto, all’ultima riunione del comitato di politica monetaria la Federal Reserve (Fed) USA si è trovata ad affrontare un compito piuttosto difficile. Gli ultimi dati sui prezzi hanno dato alla banca centrale ragioni sufficienti per portare avanti la lotta all’inflazione. La strategia è la seguente: combattere l’inflazione mantenendo invariato il flusso di liquidità (N.B.: flusso, non marea). È quanto traspare dalle ultime decisioni della Fed. Ha alzato il tasso di interesse di riferimento di 25 punti base, ma è diventata molto più cauta nelle sue prospettive.

Neppure la People’s Bank of China è rimasta a guardare. La settimana scorsa la banca centrale cinese aveva abbassato il reserve requirement ratio (coefficiente di riserva obbligatoria) di 25 punti base al fine di incrementare la liquidità interbancaria e segnalare la sua determinazione a sostenere la crescita.

La settimana prossima

La settimana scorsa i mercati hanno ritrovato un po’ di fiducia e si sono parzialmente ripresi dopo giorni difficili. I problemi comunque non sono venuti meno. Il lento ritiro della marea di liquidità avrà ancora delle ripercussioni. Nella situazione attuale, per digerire l’esito dalla riunione del FOMC serve un po’ di tempo.

La prossima settimana a catalizzare l’attenzione saranno soprattutto gli indicatori sul sentiment, per natura precursori degli sviluppi sul fronte economico. Lunedì sarà pubblicato il tanto atteso indice ifo della fiducia delle imprese tedesche. Sarà interessante vedere se rimarrà in essere la divergenza tra la componente delle condizioni attuali, in peggioramento, e quella delle attese, in miglioramento, oppure se la valutazione della situazione attuale farà segnare dei progressi, ascrivibili ad esempio al netto calo dei prezzi di gas e petrolio. Martedì conosceremo l’indice della fiducia dei consumatori del Conference Board e l’indicatore del sentiment della Fed di Richmond per gli USA. Mercoledì sarà la volta del dato sulla fiducia dei consumatori di GfK per la Germania. Giovedì verranno resi noti i dati definitivi sul prodotto interno lordo (PIL) degli Stati Uniti. Il consensus prospetta un lieve miglioramento rispetto alla seconda stima, già solida, per il quarto trimestre 2022. Non ci aspettiamo grande attenzione su tali dati, anche perché sono comunque riferiti al passato. Venerdì, a chiudere il ricco ciclo di pubblicazione di dati sarà il Deflatore della spesa al consumo dei privati negli USA, su cui dovrebbe esserci grande interesse.

In un contesto di mercato nel complesso più turbolento, nel breve periodo è preferibile ridurre l’esposizione azionaria in ottica tattica e adottare un approccio prudente alle obbligazioni. Per il momento i Treasury USA dovrebbero beneficiare dell’attuale contesto di minore propensione al rischio e lotta all’inflazione delle banche centrali, considerata la probabile riduzione delle attese inflazionistiche. Nel medio periodo tuttavia si dovrà scendere a patti con il fatto che l’inflazione è qui per restare, in una fase in cui le autorità monetarie continuano a ridurre la marea di denaro a basso costo, ridimensionando i propri bilanci e rimettendo i titoli obbligazionari sul mercato.