La ricchezza finanziaria delle famiglie italiane

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La propensione al risparmio nel 2023  ha continuato a ridursi (al 6,3 per cento per il complesso delle famiglie consumatrici) toccando il valore minimo almeno dagli anni sessanta del secolo scorso e dopo essersi portata su valori particolarmente elevati nel corso della pandemia.

Lo sottolinea la Banca d’Italia che evidenzia come le maggiori risorse accumulate durante quel periodo, di valore ancora rilevante a metà del 2023 e concentrate nelle famiglie più abbienti, hanno ridotto la necessità di un ulteriore accumulo da parte di quei nuclei. Sulla base di stime sui dati preliminari dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane (IBF), la quota di famiglie in grado di risparmiare si sarebbe collocata su valori contenuti fra quelle il cui principale percettore è un lavoratore dipendente con reddito inferiore alla mediana.
Inoltre il miglioramento nel corso del 2023 delle attese sulla disoccupazione rilevate dall’Istat avrebbe indotto le famiglie a ritenere progressivamente meno necessario risparmiare per motivi precauzionali; esse hanno anche segnalato maggiori capacità di risparmio per il futuro.

Alla fine del 2023 la ricchezza netta delle famiglie (il valore delle attività finanziarie e reali al netto delle passività) è cresciuta in termini nominali a 11.000 miliardi di euro, da 10.600 a dicembre del 2022 ; è tuttavia rimasta pressoché stabile rispetto al reddito disponibile, intorno a 8,2 volte. La ricchezza finanziaria lorda è cresciuta del 6,0 per cento in termini nominali, superando 5.600 miliardi di euro, soprattutto per la rivalutazione delle quote di fondi comuni italiani (apprezzatesi del 10,1 per cento) ed esteri (7,7) e delle azioni e partecipazioni (8,93). Il rapporto fra la ricchezza finanziaria lorda e il reddito disponibile, lievemente salito (a 4,2), è superiore a quello degli altri principali paesi dell’area dell’euro .

Gli investimenti finanziari si sono ridotti a 45 miliardi (da 60 dell’anno precedente), il valore minimo dal 2017, risentendo del calo del risparmio. È proseguita la ricomposizione del portafoglio in favore di attività i cui rendimenti hanno maggiormente seguito il rialzo dei tassi di riferimento: i depositi a vista sono scesi per la prima volta dal 2012 e per un ammontare molto elevato, riflettendo l’incremento del costo opportunità di detenere attività liquide. Questo costo è aumentato, seppure con ampiezza differente, per tutte le classi di deposito, nonostante il rialzo dei loro rendimenti (fig. 5.4.a). Sono invece cresciuti gli altri depositi (per 30 miliardi, il valore massimo dal 2013).

Alla fine dello scorso anno l’incidenza complessiva dei depositi sul totale delle attività era pari al 24,5 per cento, da 26,9 nel 2022. Si sono inoltre ridotti gli investimenti in polizze assicurative e in quote di fondi comuni; alla fine del 2023 le attività del risparmio gestito rappresentavano il 29,0 per cento della ricchezza finanziaria lorda delle famiglie, 6,5 punti percentuali in meno della media dell’area.

All’opposto, gli investimenti finanziari in titoli obbligazionari sono triplicati, portando il loro peso al 7,5 per cento; l’aumento è stato particolarmente forte per i titoli pubblici italiani, la cui incidenza è salita al 4,8 per cento, il valore massimo dal 2013, anche se ancora inferiore a quella prevalente prima della crisi dei debiti sovrani. Gli investimenti in titoli pubblici italiani hanno riguardato soprattutto le obbligazioni con scadenze più brevi (zero coupon) e quelle caratterizzate da un profilo di remunerazione crescente nel tempo.
Alla fine del 2023 queste due categorie rappresentavano rispettivamente l’11 e il 18 per cento del totale dei titoli del debito pubblico italiano detenuti direttamente dalle famiglie. Oltre che con l’acquisto diretto, le famiglie investono in titoli pubblici indirettamente acquisendo prodotti del risparmio gestito (quote di fondi comuni, polizze assicurative e quote di fondi pensione). Secondo stime ottenute con il metodo del look-through, che rende esplicite le attività sottostanti a tali prodotti, alla fine del 2023 i titoli pubblici che le famiglie detenevano indirettamente erano quasi il doppio di quelli detenuti direttamente l’ammontare complessivo era prossimo a 860 miliardi di euro, di cui due terzi rappresentati da titoli italiani