Azioni: perché le elezioni negli Usa non rappresentano una cattiva notizia
Gli Stati Uniti d’America si recheranno alle urne all’inizio di novembre, con quattro esiti principali possibili: i Repubblicani o i Democratici si assicurano la Casa Bianca e il Congresso (il cosiddetto “clean sweep”); e altri due risultati che prevedono un controllo diviso, con uno dei due partiti che controlla la Casa Bianca o il Congresso, ma non entrambi.
I sondaggi nazionali al momento non sembrano indicare un vantaggio per nessuno dei due candidati superiore all’errore di previsione e, di conseguenza, le probabilità di ciascuno dei quattro scenari non sono significativamente diverse. Un risultato netto offre all’amministrazione entrante la massima opportunità di attuare il proprio programma legislativo. Di contro, un risultato diviso complica l’approvazione di leggi controverse. È interessante notare, quindi, che due dei quattro risultati principali prevedono che il controllo della Casa Bianca e del Congresso sia diviso. Poiché i sondaggi rimangono molto vicini tra i candidati e, per tutti e quattro gli esiti, tutto questo suggerisce in effetti una probabilità di circa il 50% di un risultato legislativo moderato, che sarebbe probabilmente ben accolto dai mercati azionari.
Gli investitori valutano i titoli azionari in base al valore dei profitti futuri, ma prevedere l’entità e le tempistiche di tali profitti futuri è complicato quando subentrano parecchi cambiamenti. Un risultato elettorale diviso in due, che comporterebbe un’agenda legislativa moderata, dovrebbe comportare meno cambiamenti rispetto a una vittoria netta, andando a sostenere la capacità degli investitori di prevedere con fiducia gli utili futuri.
Tasse e dazi: come potrebbe configurarsi il futuro
Entrambi i partiti potrebbero comunque ottenere una vittoria netta. Le differenze tra i candidati e i loro programmi sono molte, ma i mercati dei capitali si concentreranno inevitabilmente su quelle che hanno conseguenze economiche significative. Possiamo raggrupparle in tre gruppi:
imposte sulle società: i Repubblicani sono favorevoli all’estensione di aliquote basse, i Democratici al loro aumento. I rialzi potrebbero determinare un calo degli utili statunitensi del 5-6%. Le attuali aliquote dell’imposta sulle società, ridotte dall’ex presidente Trump, scadono nel 2025 ed è improbabile che vengano prorogate in assenza di una vittoria netta dei Repubblicani sia alla Casa Bianca che al Congresso. L’aumento delle imposte sulle società non sembra ancora essere preso in considerazione nelle previsioni sugli utili delle aziende di tipo bottom-up.
Dazi: i Repubblicani sono favorevoli a dazi sulle importazioni generalizzati, che faranno aumentare i prezzi nel breve periodo, fino a quando non ci sarà una risposta dal lato dell’offerta interna. Non è chiaro in che misura la politica sui dazi sia una posizione negoziale o un impegno fermo, per cui la previsione del risultato è problematica. Alcuni settori e catene d’approvvigionamento potrebbero essere colpiti più di altri e sussiste la possibilità che tutto questo complichi gli sforzi della Federal Reserve per riportare l’inflazione al ribasso verso l’obiettivo del 2%. I dazi sono uno strumento politico, che si esercita tramite l’ordine esecutivo che conferisce del potere a un presidente repubblicano, anche nel caso di un risultato elettorale diviso.
Il deficit di bilancio: nessuno dei due candidati ha espresso una strategia per gestire l’ammontare del deficit di bilancio. Per il momento, i mercati dei capitali accettano la prosecuzione dell’emissione di debito.
Tuttavia, se la spesa venisse incentivata a tal punto da costringere gli Stati Uniti a contrarre prestiti per pagare i costi degli interessi, le preoccupazioni dei mercati relative alla sostenibilità dei livelli di debito aumenterebbero, spingendo al rialzo i tassi d’interesse sul mercato, che farebbe diminuire la disponibilità di finanziamenti per le imprese, non solo negli USA, ma anche a livello internazionale, e rappresenterebbe una sorpresa negativa, a fronte delle aspettative sui mercati di tassi più bassi negli USA e in Europa.
L’effetto del giorno dopo le votazioni
Solo gli elettori hanno la possibilità di esprimersi sul proprio futuro. I mercati azionari e gli investitori possono solo prendere in considerazione ciò che potrebbe accadere. Si tratta di un’espressione di rischio, ma anche di un rischio a cui gli investitori possono scegliere come rispondere. Per il mercato, le elezioni sono una caratteristica regolare degli investimenti nelle democrazie. Sono sempre controverse e ci sono sempre speculazioni sul relativo esito. Questo può avere un impatto negativo sulla fiducia degli investitori nel breve termine, ma la situazione politica è raramente così chiara come il giorno dopo le votazioni, quando il risultato è noto. La maggiore chiarezza politica e la riduzione dell’incertezza rappresentano di solito una dinamica positiva per i mercati azionari. Tuttavia, in presenza di un risultato contestato, come nel 2000, questa dinamica potrebbe essere indebolita e ritardata.
Esclusione del rumore
Nella misura in cui le azioni politiche determinassero cambiamenti all’interno dei settori, come i tassi di crescita o la natura del vantaggio competitivo, modificheremo il nostro programma di ricerca e, ove necessario, la nostra valutazione di tipo bottom-up dei fondamentali societari. Ad esempio, l’acuirsi delle tensioni geopolitiche e la minaccia di dazi doganali inducono molte aziende ad approvvigionarsi nel proprio Paese. Ciò ha influito sulla nostra valutazione della crescita sui mercati finali, che costituisce parte integrante della nostra valutazione dei fondamentali delle società, e ci ha portato a favorire le aziende esposte all’automazione di fabbrica, riducendo al contempo l’esposizione agli investimenti verso gli scambi internazionali.
Sebbene le elezioni generino un certo grado d’incertezza, sono una costante degli investimenti nelle democrazie e il fatto che i candidati competono tramite politiche che, a loro giudizio, possano migliorare la sorte degli elettori rappresenta una caratteristica delle democrazie. Nel lungo periodo, non sono state le elezioni a determinare l’esperienza in materia di investimenti, ma la creazione di valore delle imprese, che ha proceduto quasi ininterrottamente, salvo occasionali interruzioni dovute a cicli economici, guerre ed epidemie. Se gli investitori vogliono speculare sull’esito a breve termine delle elezioni americane per capire cosa dovrebbe o potrebbe accadere, le scommesse sui mercati, e non i portafogli, sembrano essere il modo più efficiente per agire in questo senso.