FRANKLIN TEMPLETON / ClearBridge Investments – The Long View: Atterraggio perfetto

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Punti chiave

Le migliori condizioni economiche di consumatori e imprese negli Stati Uniti, l’inizio di un ciclo di taglio dei tassi e lo slancio aggressivo della politica concorrono ad aumentare le possibilità per la Federal Reserve di realizzare un “atterraggio perfetto” e portare avanti l’espansione economica.
Dopo una lunga attesa è finalmente iniziato il ciclo di tagli della Fed, che, come la storia ci insegna, dovrebbe dare vigore all’attività economica già nella prima metà del 2025. Quando in passato si sono realizzati soft landing – assistendo a un rallentamento della crescita economica senza sfociare in recessione –, gli investitori sono stati ricompensati per aver scelto l’esposizione azionaria nell’anno successivo al primo taglio dei tassi.
Crediamo che la recente rotazione della leadership azionaria sia un’anteprima di ciò che dovrebbe continuare ad avvenire nei prossimi trimestri, considerando che un’economia in accelerazione offre maggiori possibilità di crescita degli utili e sospinge verso una partecipazione più ampia al mercato.

Nuovi stimoli possono innescare una crescita continua

Uno degli aspetti più importanti della performance di un ginnasta è l’atterraggio perfetto a chiusura di un esercizio, mantenendo il pieno controllo e l’equilibrio senza uscire dai confini dell’area designata. Per una banca centrale, un “atterraggio perfetto” – vale a dire un incremento della crescita – rappresenta un evento storicamente raro, dovuto a rallentamenti della politica monetaria, imprevedibilità degli shock esogeni e recessioni poco lineari. Siamo comunque convinti che siano tre gli eventi in grado di contribuire al tentativo di “atterraggio perfetto” per la Fed, tutti verificatisi nel mese scorso: 1) le migliori condizioni dei consumatori (e delle imprese americane), 2) la svolta aggressiva della politica cinese, e 3) l’inizio di un ciclo di taglio dei tassi.

Un’America più sana per consumatori e imprese

Prima di tutto, le revisioni annuali dei conti economici nazionali, incluso il PIL statunitense, hanno registrato una maggiore forza dell’economia rispetto a quanto percepito precedentemente, seguita da un aumento dei consumi, dei redditi individuali e degli utili delle imprese. Questa tendenza sembra sul punto di proseguire: il GDPNow della Fed di Atlanta stima una crescita economica del 3,1% nel terzo trimestre 2024.

I resoconti dei trimestri passati ci hanno raccontato che i consumatori americani erano ormai allo stremo edovevano sfruttare le carte di credito e attingere ai propri risparmi per far quadrare i conti. I dati tuttavia smentiscono questo concetto, e nel complesso la situazione dei consumatori negli USA appare piuttosto florida. Il patrimonio netto delle famiglie è aumentato di 47 mila miliardi di dollari rispetto al periodo immediatamente precedente la pandemia, mentre nel corso dell’anno passato i redditi personali sono aumentati del 5,6%. Con la crescita dei consumi a un ritmo simile ma leggermente più lento, il tasso dei risparmi ha registrato un rialzo del 4,8%, in linea con la storia, lanciando un segnale positivo riguardo alla situazione dei consumatori che non è così seria come ritenuto precedentemente. Una situazione coerente anche con l’indebitamento dei consumatori, che negli ultimi cinque anni è rimasto stabile dopo la forte contrazione susseguente alla Crisi finanziaria globale che nel decennio del 2010 aveva pesato sulla crescita economica. Specificamente, il rapporto tra debito e reddito disponibile delle famiglie è attualmente pari al 97%, senza aver subìto variazioni sostanziali rispetto all’inizio della pandemia.

La settimana scorsa, anche il ricalcolo del PIL ha evidenziato condizioni del settore corporate migliori del previsto. I margini di profitto hanno registrato un rialzo, presagio positivo di una continua espansione economica degli Stati Uniti e del mercato azionario. Il benessere e la crescita dei margini di profitto comportano una minore pressione sulle aziende a ridurre i costi e licenziare il personale. Storicamente, gli utili si stabilizzano nel giro di un anno prima dell’arrivo di recessioni, e in media iniziano a diminuire nei due trimestri precedenti. Il passato recente sembra invece prendere una direzione diversa, assistendo a una crescita degli utili (e margini) societari a un ritmo sostenuto.

Alla luce dei ricalcoli del PIL, il rischio primario cui deve far fronte l’economia sembra essere la prospettiva di un ciclo di licenziamenti. Secondo i dati più recenti, i licenziamenti stanno effettivamente rallentando anziché accelerare. Nel ClearBridge Recession Risk Dashboard l’indice relativo alle prime richieste di sussidio di disoccupazione ha rappresentato per molto tempo un campanello d’allarme in termini economici. Con il notevole crollo delle richieste nella transizione tra l’estate e l’autunno, il campanello sembra aver smesso di suonare, sintomo di buone condizioni. Il miglioramento dell’indicatore, positivo il mese scorso, resta il cambiamento di segnale più recente; questo mese è rimasto invariato e generalmente in crescita.

Inversione di marcia per la politica cinese

Un altro sviluppo fondamentale è stato il cambiamento di rotta per la politica del governo cinese. Da diversi anni a questa parte la Cina ha cercato di raffreddare il mercato immobiliare, con effetti negativi sulla crescita economica, i prezzi delle materie prime e la fiducia dei consumatori e delle imprese cinesi. La settimana scorsa sembra invece aver segnato una curvatura, con l’annuncio di una serie di misure volte alla promozione finanziaria e degli esordi di un pacchetto fiscale. Anche se potrebbe essere necessaria ulteriore spinta, questa drastica inversione di marcia ha già impresso uno slancio al mercato azionario cinese, e dovrebbe dare un nuovo impulso positivo all’economia globale, nonché alle multinazionali statunitensi che operano in Cina.

Il taglio dei tassi aumenta le probabilità di effettuare un atterraggio morbido

La svolta della politica di Pechino arriva sulla scia di un ciclo di tagli dei tassi avviato il mese scorso dalla Fed, il terzo sviluppo chiave che rafforza le possibilità di effettuare un atterraggio morbido. La Fed aveva alzato in maniera aggressiva i tassi al 5,5%, mantenendoli poi a quel livello con l’intento di combattere l’elevata inflazione degli ultimi anni. Generalmente, quando la Fed  mantiene i tassi entro limiti restrittivi per un periodo prolungato, l’inflazione scende, ma la domanda si è ormai raffreddata al punto che spesso è troppo tardi per il ciclo economico e prende il via una recessione.

Questa volta, tuttavia, l’impennata dell’inflazione post-pandemia è dovuta principalmente a disagi nel processo di produzione e distribuzione, una dinamica atipica. Quando le filiere si sono riprese e l’economia si è normalizzata dallo shock della pandemia, negli ultimi trimestri l’inflazione è diminuita in maniera durevole. Infatti l’attuale e non recessivo crollo dell’inflazione è il più elevato dal 1965 e negli ultimi tre mesi la variazione del CPI headline su base annua è stata di appena l’1,2%, decisamente inferiore all’obiettivo del 2% della Fed. La Fed ha così potuto dare il via a una politica di normalizzazione orientata a un’impostazione più neutrale.

Mentre il raffreddamento dell’inflazione ha consentito alla Fed di iniziare a tagliare i tassi, il ritmo e la destinazione finale della politica monetaria sembrano piuttosto essere influenzati dalla metà del suo duplice mandato: l’occupazione massima. Sebbene i consumi e l’attività economica reale continuino a resistere a una decelerazione, il mercato del lavoro ha recentemente mostrato una certa debolezza che ha richiamato l’attenzione della Fed e ha dato avvio a un processo di normalizzazione con una mossa eccezionale da 50 punti base. Storicamente i cicli di licenziamento non seguono un andamento lineare, vale a dire che una concentrazione dei tagli nella fase iniziale del ciclo volta ad arginare le prospettive di una spirale al ribasso nel mercato del lavoro è giustificata in termini di gestione del rischio. A tale proposito, nel suo discorso in occasione del Jackson Hole Symposium di agosto, il presidente Powell ha chiaramente affermato che “non cerchiamo né gradiamo un ulteriore raffreddamento nelle condizioni del mercato del lavoro.”

Generalmente, i tagli della Fed corrispondono alla perdita di slancio dell’economia. È ben noto come la politica monetaria agisca con lunghi e variabili ritardi, e, come la storia ci insegna, devono solitamente passare sei mesi prima che l’economia cominci a reagire al taglio dei tassi. Mentre i dati futuri delineeranno la traiettoria definitiva della politica monetaria, è probabile che si verifichino altri tagli, in previsione di un’accelerazione nel 2025.

I mercati sembrano avere fiutato il cambiamento incombente della politica della Fed, con una rotazione della leadership iniziata a metà luglio dopo i risultati inaspettatamente positivi del CPI a giugno. Questi dati hanno aperto la strada all’avvio da parte della Fed del ciclo di tagli, e negli ultimi due mesi e mezzo abbiamo assistito a una leadership del mercato molto diversa da quella vista nel 2023 e nella prima metà del 2024. Nello specifico, il favore degli investitori sta iniziando a spostarsi su aree che beneficeranno di una riaccelerazione economica ma anche di tassi più bassi, la promozione del valore anziché della crescita, le piccole capitalizzazioni rispetto a quelle grandi, gli indici equiponderati rispetto a quelli ponderati sulla capitalizzazione, e il mercato più ampio (l’S&P 493) rispetto alle Magnifiche Sette.

In effetti, da quella pubblicazione in poi le Magnifiche Sette hanno sottoperformato l’S&P 493 (il resto dell’Indice) del -11%. È importante notare che l’S&P 500 Index ha continuato a crescere, smentendo il concetto secondo cui le azioni non possano salire senza le Magnifiche Sette in testa. Mentre i rendimenti complessivi dell’indice potrebbero mantenersi più sottotono, e le rotazioni continuano ad avvenire sotto la superficie, non bisogna dimenticare che in passato le azioni hanno sovraperformato la liquidità con un ampio margine nell’anno successivo ai cicli di tagli, ottenendo come risultato soft landing. Con il calo dei rendimenti del mercato monetario e la crescente probabilità di un’espansione economica costante, siamo convinti che nei prossimi trimestri gli investitori si sposteranno lungo lo spettro del rischio.

Alcuni investitori potrebbero esitare a impiegare liquidità nelle azioni, con l’S&P 500 ai massimi assoluti. Tuttavia la storia ci insegna che questo timore potrebbe essere infondato. Quando la Fed ha tagliato i tassi con l’S&P 500 entro il 2% del suo massimo assoluto dal 1980, 12 mesi dopo il benchmark si è mantenuto positivo il 95% del tempo con un rendimento medio pari al 13%.

Siamo convinti che la recente rotazione della leadership rappresenti un’anteprima di ciò che dovrebbe continuare ad avvenire nei prossimi trimestri, considerando che un’economia in accelerazione offre maggiori possibilità di crescita degli utili e spinge verso una partecipazione più ampia al mercato. Dall’elaborazione di questa osservazione lo scorso trimestre, i tre eventi chiave che si sono da allora verificati – e cioè il miglioramento delle condizioni dei consumatori (e dell’America imprenditoriale), la svolta aggressiva della politica cinese e l’inizio di un ciclo di tagli dei tassi – dovrebbero contribuire a un ”atterraggio perfetto” da parte della Fed.