Affrontiamo un contesto politico internazionale meno favorevole alla legislazione in ambito ambientale
Nel momento in cui la nuova Commissione europea avvia il proprio mandato, il Parlamento europeo ha deciso di posticipare l’approvazione di una legge controversa sulla deforestazione legata alle catene di approvvigionamento globale delle materie prime. Questo tema rappresenta una priorità per la nuova Commissione, che ha dichiarato l’intenzione di semplificare le normative sulla sostenibilità ambientale, senza però comprometterne gli obiettivi. Tuttavia, i risultati delle recenti elezioni parlamentari indicano un contesto politico meno favorevole alla legislazione in ambito ambientale.
Anche sul fronte internazionale si registrano segnali simili, con un possibile cambio di rotta da parte della nuova amministrazione statunitense. Nel settore industriale, inoltre, cresce l’opposizione: un esempio significativo è il cambio di leadership nel Gruppo Stellantis, dove il Consiglio di amministrazione ha respinto le strategie di transizione “verde” proposte dall’amministratore delegato uscente, ritenute troppo ambiziose in un contesto segnato da risultati deludenti nel terzo trimestre. Questi argomenti saranno certamente centrali nell’agenda della nuova Commissione europea.
La resistenza alle politiche ambientali in Europa ha subito evoluzioni significative tra il decennio 2010-2020 e gli anni successivi, riflettendo cambiamenti nei contesti politici, economici e sociali.
Anni 2010-2020: crescita delle politiche ambientali
Contesto politico favorevole. Durante questo periodo, l’Unione Europea ha registrato un consenso crescente per le politiche ambientali, guidato dall’urgenza di affrontare il cambiamento climatico. L’Accordo di Parigi del 2015 è stato un punto di svolta. La strategia europea per la decarbonizzazione ha visto il lancio di iniziative come il Green Deal Europeo (2019), che mirava a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Movimenti ambientalisti come Fridays for Future, guidati da giovani attivisti, hanno spinto l’agenda ambientale al centro del dibattito pubblico. C’è stato un particolare riguardo per le politiche di sostenibilità, in parte dovuto alla crescente sensibilizzazione sugli impatti del cambiamento climatico. Tuttavia, la resistenza proveniva principalmente da settori industriali e alcuni governi nazionali preoccupati per i costi di transizione, soprattutto in Paesi fortemente dipendenti dai combustibili fossili.
Anni 2020 e successivi: ritorno delle resistenze
Contesto politico frammentato. Le elezioni parlamentari europee e il consolidamento di partiti euroscettici e conservatori hanno portato a un rallentamento delle politiche ambientali. La guerra in Ucraina e la crisi energetica del 2022 hanno spostato l’attenzione dalla transizione ecologica alla sicurezza energetica, con un ritorno temporaneo all’uso di combustibili fossili. L’inflazione e le difficoltà economiche post-pandemia hanno reso più difficile giustificare investimenti significativi nella transizione verde. Le industrie pesanti e settori automobilistici hanno intensificato le pressioni contro regolamentazioni stringenti, temendo perdita di competitività globale.
La percezione di costi diretti delle politiche verdi per cittadini e imprese ha aumentato le critiche, soprattutto da parte di lavoratori e comunità che dipendono da industrie ad alta intensità di carbonio. Inoltre, la competizione con economie come quella cinese e la politica climatica meno ambiziosa degli Stati Uniti hanno spinto alcuni governi europei a temere uno svantaggio competitivo.