Mercati emergenti, la questione petrolifera nazionale in Messico
La presidente Claudia Sheinbaum, insieme al suo team preposto all’energia, ha presentato un aggiornamento sulle modalità in cui il nuovo governo intende gestire il rapporto con la compagnia petrolifera statale Petroleos Mexicanos (Pemex). Sin da prima della vittoria della presidente Sheinbaum alle elezioni di giugno eravamo in contatto coi suoi consiglieri per sollecitare un ripensamento completo e sostenibile del ruolo e delle finanze della società.
La nostra proposta si fondava sulla ristrutturazione di Pemex per dar vita a due società separate, entrambe ancora in mano pubblica: una a monte e una a valle. La motivazione principale consisteva nel rendere esplicito il contrasto tra l’attività legata alle raffinerie, in perdita e inefficiente, e il potenziale dell’attività di esplorazione e produzione (E&P), più redditizia e dinamica. Il sostegno da parte del governo nel primo caso dovrebbe essere giustificato, così il Messico potrebbe tenere un vero e proprio dibattito pubblico sui vantaggi della sicurezza energetica, dell’occupazione nelle regioni svantaggiate e in relazione ad altre possibili ragioni per i sussidi. Nel contempo, il settore upstream potrebbe operare su una base più commerciale, anche eventualmente raccogliendo finanziamenti dal mercato obbligazionario. Continuiamo a prospettare questa soluzione nella nostra attività di engagement col governo, i dirigenti Pemex e altri stakeholder.
Il recente annuncio non ha aperto nuovi orizzonti significativi. Il governo ha mantenuto molte delle priorità della precedente amministrazione, tra cui la spinta verso la raffinazione e il raggiungimento dell’autosufficienza sui mercati della benzina e del diesel. Non è stato affrontato il tema di una nuova struttura o di una nuova direzione strategica per Pemex. Ovviamente consideriamo tutto questo un’occasione mancata, ma continueremo a sollecitare una nuova riflessione in questo senso.
Più incoraggianti sono le voci su diverse misure volte a rendere Pemex più efficiente, tra cui un impegno a tagliare i costi annuali per 50 miliardi di peso messicani e una semplificazione potenzialmente significativa del suo regime fiscale. Dal 2025, Pemex verserà solo un’imposta generale del 30% sulle operazioni petrolifere e dell’11,63% sulle operazioni per il gas non associate. Le conseguenze sul bilancio dovrebbero essere neutre per il 2025, ma, in teoria, forniscono a Pemex una maggiore visibilità in futuro, perché la nuova imposta si baserà principalmente sulla produzione di petrolio e gas. Ipotizziamo che il prelievo fiscale continuerà ad accrescere o a diminuire in base ai vincoli dei flussi di cassa.
Il governo punta ancora a una produzione di 1,8 milioni di barili, grazie allo sviluppo dei giacimenti di Trion e Zama. L’amministrazione Sheinbaum è inoltre ancora disposta a collaborare col settore privato nei comparti idrocarburi, petrolchimica, fertilizzanti, energia solare/eolica, geotermia e idrogeno verde. Sembra che dovremo attendere la legislazione secondaria per individuare i relativi dettagli, ma almeno non si è intensificato il nazionalismo energetico promosso dall’ex presidente Lopez Obrador e da molti membri del partito Morena al governo.
Senza una riforma globale della struttura di Pemex secondo le linee da noi suggerite, o una garanzia sovrana esplicita sul debito di Pemex per semplificare nuove emissioni, il governo continuerà a dover fornire un sostegno al bilancio alla società. Con circa 9 miliardi di dollari di debito in scadenza per Pemex nel 2025, ci aspettavamo che almeno 6 miliardi di dollari venissero accantonati a tal fine nel bilancio 2025.
In realtà, il bilancio è stato presentato al Congresso il 15 novembre e comprendeva una voce pari a 136 miliardi di peso messicani per Pemex, ossia a circa 6,7 miliardi di dollari al tasso di cambio odierno, e a 7,3 miliardi di dollari considerando il cambio ufficiale, piuttosto prudente, di 18,7 peso messicani/1 dollaro.
L’altro parametro chiave nel bilancio 2025 è la prevista riduzione del 2% del Pil nell’ambito del fabbisogno di finanziamento del comparto pubblico, dal 5,9% del Pil di quest’anno al 3,9% del prossimo.
Tale consolidamento è ben accetto e dovrebbe contribuire a ristabilire la reputazione del Messico in termini di disciplina fiscale, anche se ipotizziamo che l’ipotesi di una crescita del Pil reale del 2-3% nel 2025 sia troppo ottimistica. Le problematiche generate dal rallentamento dell’economia statunitense, dalle relazioni potenzialmente incerte con gli Stati Uniti in materia di commercio, migrazione e sicurezza e dall’incertezza interna sulle conseguenze della riforma del sistema giudiziario potrebbero combinarsi e ridurre di un punto la previsione di crescita, facendo crescere di qualche decimale il deficit di bilancio.
Da tempo riteniamo che il sostegno sovrano implicito a Pemex sia decisamente solido e che persisterà sotto forma di un supporto ad hoc al bilancio, passando a una garanzia più esplicita per il debito, oppure sfociando in una riforma strutturale che consenta alla società di godere di una base più sostenibile. Non individuiamo alcun rischio che il governo messicano possa abbandonare il suo campione nazionale nel settore energetico, soprattutto sotto un’amministrazione Morena. Il nome del partito sta addirittura per “Movimento di Rinnovamento Nazionale”. Di conseguenza, una delle nostre operazioni preferite è stata un posizionamento in vista di una riduzione dello spread tra Pemex e il sovrano, sovrappesando la prima e sottopesando il secondo nei portafogli dotati di un benchmark, oppure con posizioni long e short nei portafogli total return. Questa soluzione ha fornito buoni risultati, come dimostra il restringimento dello spread tra i due negli ultimi mesi.