Un messaggio più cauto della Fed agita i mercati – rimaniamo sovrappesati sulle azioni statunitensi
La Federal Reserve (Fed) ha ridotto i tassi d’interesse di 25 punti base (bps) come previsto il 18 dicembre, ma ha anche chiarito che il ritmo dei tagli rallenterà entrando nel 2025. I tassi d’interesse sono ora significativamente meno restrittivi e più vicini al tasso “neutrale”, che né stimola né frena la crescita, ha affermato il presidente Jerome Powell.
Le previsioni della Fed per inflazione e crescita sono state riviste al rialzo, mentre quelle per la disoccupazione sono state leggermente abbassate. Il “dot plot” delle proiezioni sui tassi d’interesse futuri ha indicato tagli inferiori rispetto alle proiezioni di settembre. Gli esperti della Fed ora prevedono due tagli di 25 bps nel 2025, in linea con le nostre stime, seguiti da altri due nel 2026 e uno nel 2027. Anche il tasso neutrale previsto dalla Fed è stato nuovamente rivisto al rialzo al 3%, avvicinandosi alla nostra stima del 3,5%. Manteniamo la nostra ipotesi che i prossimi due tagli avverranno nelle riunioni di marzo e giugno 2025, seguiti da una pausa prolungata con i tassi al 4%.
Sebbene il taglio di 25 bps fosse ampiamente previsto e il tasso previsto dalla Fed per fine 2025 fosse in linea con le previsioni di mercato, la reazione dei mercati è stata significativa. Gli accenni a rischi inflazionistici più persistenti e a un percorso di tagli più graduale del previsto hanno spinto al ribasso le azioni e l’oro, mentre il dollaro statunitense si è rafforzato rispetto a un paniere di valute. I rendimenti dei Treasury a due anni, sensibili ai tassi d’interesse, sono aumentati, appiattendo la differenza tra i rendimenti a due e a dieci anni. Al momento della stesura di questo testo, l’indice S&P 500 ha perso oltre il 3% rispetto al massimo di inizio dicembre ed è sceso al di sotto della sua media mobile a 50 giorni, generando nervosismo tra gli investitori.
A nostro avviso, la correzione delle azioni è stata aggravata da un posizionamento pesante degli investitori a breve termine e da valutazioni elevate, in particolare nel mercato statunitense. Le preoccupazioni degli investitori si sono temporaneamente concentrate sui rischi inflazionistici dopo la decisione della Fed. Alcune incertezze relative agli effetti inflazionistici dei dazi potrebbero ancora generare una volatilità temporanea. Tuttavia, con una crescita ancora solida in prospettiva, ci aspettiamo che questa rimanga una correzione di breve termine. Vediamo un potenziale rialzo per le azioni nel prossimo anno, sostenuto da maggiori utili e politiche favorevoli alla crescita da parte della nuova amministrazione Trump, tra cui tagli fiscali e deregolamentazione. Manteniamo la nostra posizione sovrappesata sia sulle azioni globali che su quelle statunitensi.
Nel reddito fisso, rimaniamo cauti sui Treasury statunitensi e preferiamo Bund e Gilt nelle nostre allocazioni sui titoli sovrani, dove ci aspettiamo ulteriori tagli dei tassi d’interesse e dinamiche di crescita meno favorevoli nel 2025. Gli investitori preoccupati per i rischi fiscali o inflazionistici degli Stati Uniti potrebbero considerare soluzioni di mercato monetario statunitense, obbligazioni a breve scadenza o titoli del Tesoro statunitense protetti dall’inflazione (TIPS). Restiamo positivi sul dollaro, grazie alla continua sovraperformance dell’economia statunitense, alle politiche di Trump e al crescente divario di politiche tra la Fed e le altre principali banche centrali. Infine, nonostante un dollaro più forte, prevediamo che i prezzi dell’oro saranno sostenuti nel 2025 dalla continua domanda degli investitori per coprire le incertezze geopolitiche e inflazionistiche, oltre che dalle banche centrali che diversificano le loro riserve.