Benessere in azienda e attenzione ai dipendenti: e se fosse solo carewashing?
Da parecchio tempo si parla di politiche a sostegno del welfare e del bilanciamento
vita professionale – vita privata. Ma cosa desiderano, davvero, le persone?
Benessere, bilanciamento tra vita professionale e vita privata, progetti concreti in ambito
welfare e attenzione alla salute. Sono questi alcuni degli elementi che possono davvero fare la
differenza per i lavoratori e sui quali le aziende dovrebbero costruire il lavoro del futuro. In
questo momento, purtroppo, sembra che la salute mentale dei lavoratori sia in continuo
peggioramento. E i dati lo confermano: secondo un recente studio di Gallup, infatti, emerge
che per circa l’80% dei dipendenti la propria azienda non si occupa del benessere.
“Il benessere dei dipendenti – precisa Davide Boati, Senior Executive Director di Hunters
Group, società di ricerca e selezione di personale altamente qualificato – è diventato un tema
sempre più importante per le aziende e per i lavoratori ed è su questo tema che si stanno
concentrando molti sforzi perché le persone non sono più disposte a negoziare sulla loro
salute, fisica e mentale. Spesso, però, c’è un divario tra le intenzioni dei datori di lavoro (che in
qualche caso, dobbiamo ammetterlo, sono solo di facciata) e le reali politiche messe in atto su
questo fronte: orari flessibili, lavoro ibrido e iniziative sostenibili sono alcuni degli elementi
che vengono citati come esempi di welfare ma che, nella vita professionale di tutti i giorni, in
realtà non trovano applicazione. Il risultato di questa discrepanza che viene definita
carewashing è uno: delusione, insoddisfazione, stress e ansia che hanno un impatto anche
sulla produttività e sul business”.
Evitare il carewashing e impegnarsi concretamente per promuovere il benessere dei
dipendenti è fondamentale. Ecco, dunque, i consigli di Hunters Group.
Ascolto attivo: creare canali di comunicazione aperti e onesti, dove i dipendenti possano
esprimere le loro esigenze e preoccupazioni. Sondaggi anonimi e incontri regolari possono
facilitare questo processo.
Creazione di politiche reali: non servono grandi dichiarazioni, ma azioni concrete che
possano migliorare la vita delle persone in azienda come, ad esempio, programmi di
assistenza ai dipendenti, orari flessibili e opportunità di formazione continua.
Formazione continua: investire nella formazione dei manager e dei responsabili di team
affinché comprendano l’importanza del benessere dei dipendenti e siano in grado di
supportarli attivamente tutti i giorni. Un buon leader, infatti, può fare la differenza nella
creazione di un ambiente di lavoro positivo o negativo.
Valutazione e monitoraggio dei risultati: stabilire indicatori chiari di performance per
monitorare l’efficacia delle iniziative di benessere e fate aggiustamenti basati sui feedback dei
dipendenti li aiuterà a capire che si tratta di un impegno concreto e non solo di grandi slogan.
“Si tratta – aggiunge Davide Boati – di elementi magari molto semplici che però possono
aiutare le persone a sentirsi meglio al lavoro e a ridurre il livello di stress. Come abbiamo
visto, non servono azioni mirabolanti, ma soltanto coerenza tra quanto dichiarato e quanto si
vive, ogni giorno, in ufficio perché è proprio così che si costruisce la fiducia. Se invitiamo i
dipendenti a partecipare a una serie di workshop sulla comunicazione efficace e poi i manager
sono i primi a non instaurare uno scambio costruttivo o se facciamo del bilanciamento vita
professionale – vita privata il nostro mantra e poi non monitoriamo i carichi di lavoro avremo
un unico risultato: una grande insoddisfazione. Ed è questo che dobbiamo evitare”.