I dazi di Trump complicano lo scenario per le banche centrali
La Bank of England (BoE) si riunirà domani dopo un inizio 2025 difficile per le banche centrali di tutto il mondo. Quello che doveva essere un periodo di ulteriore espansione monetaria, con l’inflazione che continuava a scendere dai massimi del 2022, è stato sconvolto dall’ultima mossa del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump di imporre dazi su Canada, Cina e Messico. L’annuncio ha generato nuova volatilità sui mercati e ha gettato le banche centrali nell’incertezza.
Mentre i dazi su Messico e Canada sono stati temporaneamente sospesi, quelli sulla Cina sono entrati in vigore, provocando la ritorsione della seconda economia mondiale con contro-dazi e intensificando le preoccupazioni per una potenziale escalation.
Per gran parte del mondo, la politica monetaria è stata condizionata dal sollievo della disinflazione. La Banca Centrale Europea (BCE), la Banca del Canada e la Riksbank svedese hanno già tagliato i tassi questo mese e si prevede che la BoE segua l’esempio questa settimana con una riduzione di 25 punti base (bps) al 4,5%. Questo alleggerirà anche l’onere del finanziamento del deficit del Regno Unito, che ha rappresentato un persistente grattacapo per il Cancelliere Rachel Reeves. Al di là di domani, il quadro è tutt’altro che chiaro.
A gennaio, i dati sull’inflazione più bassi del previsto negli Stati Uniti e nel Regno Unito hanno alimentato le speranze di un’ulteriore espansione monetaria. Il rendimento del Treasury decennale statunitense è sceso di 25 punti base in soli quattro giorni di negoziazione dopo la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) del 15 gennaio, alimentando un rally dei titoli di Stato a più lunga scadenza. Per un momento, la narrazione è sembrata più chiara: alla fine la crescita dei prezzi stava rallentando (dopo un piccolo rialzo alla fine del 2024), dando margine alle banche centrali per tagliare i tassi e consentendo ai policymaker di concentrarsi sul sostegno alla crescita economica.
Figura 1: L’inflazione è tornata a salire oltre l’obiettivo del 2% delle banche centrali
Shock da dazi
I dazi di Trump hanno cambiato lo scenario. Il dollaro si è apprezzato dopo l’annuncio, poiché i mercati hanno valutato l’impatto inflazionistico delle nuove misure su tre dei maggiori partner commerciali degli Stati Uniti. Il nuovo presidente ha anche minacciato di imporre dazi all’importazione di beni provenienti dall’Unione Europea, lasciando i mercati e i funzionari delle banche centrali alle prese con il calcolo dell’impatto sull’economia globale.
A nostro avviso, le preoccupazioni per l’inflazione statunitense erano giustificate anche prima dell’annuncio dei dazi: la diffusa narrazione di mercato sulla riduzione dei tassi da parte della Federal Reserve (Fed) statunitense appariva eccessivamente ottimistica e rischiava di sottovalutare la persistenza dell’inflazione. Anche se le singole letture del CPI dovessero risultare marginalmente più basse, aspettative di inflazione che continuano ad attestarsi al di sopra dell’obiettivo del 2% della Fed non sono coerenti con un taglio dei tassi da parte delle banche centrali.
Anche dopo le notizie sui dazi, i mercati continuano a prezzare i tassi come a inizio anno, con due tagli ancora previsti per quest’anno. La Fed aggiornerà le sue proiezioni sull’economia e sui tassi nella prossima riunione di marzo.
C’è il rischio di un errore di politica monetaria?
Il ritorno di Trump nello Studio Ovale ha introdotto un nuovo livello di incertezza in un quadro economico già complesso. I potenziali rischi di inflazione legati ai dazi potrebbero mantenere i tassi più alti ancora a lungo, mentre la deregolamentazione promessa dal presidente potrebbe alimentare ulteriormente la crescita economica – e con essa l’inflazione. In un simile scenario, la Fed avrebbe pochi motivi per tagliare i tassi.
Questo fa emergere anche la prospettiva di uno scontro tra Trump e la Fed. Trump non è mai stato timido nel chiedere tassi più bassi, e la sua rinnovata pressione potrebbe portare a passi falsi di politica monetaria o a decisioni prese per le ragioni sbagliate.
Per ora, i banchieri centrali si trovano alla mercé delle politiche commerciali ed economiche di Trump, combattuti tra la necessità di gestire l’inflazione, mantenere la credibilità e navigare in un panorama globale sempre più imprevedibile.