Sostenibilità nel Real Estate: dalla progettazione sociale al passaporto dei materiali
La sostenibilità nel settore immobiliare non è più solo una questione di efficienza energetica, ma un approccio olistico che coinvolge aspetti sociali, economici e ambientali. Questo è emerso con forza durante la seconda edizione dell’International Real Estate Symposium, evento organizzato dall’imprenditore Andrea Maurizio Gilardoni che ha riunito a Milano oltre 500 operatori del settore per discutere le sfide e le opportunità del mercato immobiliare.
“Per parlare di sostenibilità nell’immobiliare dovremmo avere dei sociologi nelle commissioni urbanistiche”, ha provocatoriamente suggerito Elisa Orefice, Responsabile sostenibilità di CSD Ingénieurs, durante la tavola rotonda dedicata a sostenibilità e ambiente. Una proposta che evidenzia come la sostenibilità debba essere considerata fin dalle prime fasi della progettazione, valutando la capacità degli edifici di adattarsi all’evoluzione demografica e sociale.
Laura Scrimieri, Vicepresidente vicaria di AREL e CEO di OGB GROUP, ha sottolineato come questo approccio multi-caratteriale alla sostenibilità si traduca in scelte concrete: “Partiamo dalla riduzione del fabbisogno energetico attraverso un progetto di qualità, che lavora sulle prestazioni passive dell’edificio, abbinato a un approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili”. Non si può però prescindere da altri aspetti come biodiversità, consumo idrico, qualità dell’aria, acustica e illuminazione.
Il valore aggiunto di questo approccio è tangibile: gli edifici certificati secondo i principali protocolli di sostenibilità (LEED, WELL, BREEAM) hanno un valore di mercato superiore del 15-20% rispetto agli immobili tradizionali. Un dato significativo che dimostra come la sostenibilità sia ormai un driver fondamentale nelle scelte di investimento.
La sostenibilità passa anche attraverso l’innovazione dei materiali, come ha evidenziato Massimo Duroni, architetto e docente del Politecnico di Milano: “Non è il materiale a essere sostenibile o meno, è tutto il sistema. Possiamo avere un materiale apparentemente non sostenibile che garantisce grande durabilità ai beni, mentre altri più naturali potrebbero avere vita breve”. Duroni ha introdotto il concetto di “Design for disassembly”, sottolineando l’importanza di progettare pensando già al fine vita dell’edificio.
Francesco Pezzo, Commercial Specification manager di PPG, ha portato l’attenzione sul tema dell’urbanismo tattico, una sezione della rigenerazione urbana che sta prendendo piede: “Dopo il Covid abbiamo esteso i muri di casa – i materiali da esterno sono sempre più simili a quelli d’interno”. Un approccio che parte dal basso, attraverso l’ascolto degli abitanti e la co-progettazione, per riqualificare il comfort abitativo e urbano.
La sfida più grande arriva però dalla direttiva europea sulle case green, in quanto ci troviamo davanti a una scelta che richiede uno sforzo molto importante. Gli obiettivi riguardano tutti gli edifici residenziali e non, con scadenze al 2028 per gli immobili pubblici e al 2030 per quelli privati. Una sfida che, secondo le stime, richiederà investimenti tra i 100 e i 300 miliardi di euro solo per raggiungere i livelli di efficientamento richiesti.
Elisa Orefice ha anche proposto una soluzione concreta per facilitare questa transizione: il “passaporto dei materiali”, una semplice descrizione dei materiali impiegati da allegare alle schede tecniche del progetto. “Questo permetterebbe di valutare, in ogni successivo intervento, le possibilità di conservare, utilizzare o riciclare le diverse parti dell’immobile”, ha spiegato. L’economia circolare applicata alla costruzione sta già creando comunità tecniche esperte sui materiali, con l’Italia che vanta una “banca di materiali pazzesca”, come l’ha definita Orefice. “Il binomio riuso e società è sempre più richiesto, specialmente tra i giovani. Perché non applicarlo, ad esempio, nelle residenze universitarie?”
La tavola rotonda si è conclusa con un messaggio chiaro: la sostenibilità nel real estate non è più un’opzione ma una necessità che richiede un approccio integrato e multidisciplinare. Come ha sottolineato Andrea Maurizio Gilardoni, “siamo in un’era dove non possiamo pensare di essere iper specializzati in una sola cosa, perché il mondo cambia troppo velocemente e dobbiamo essere flessibili”.
L’International Real Estate Symposium, con i suoi 30 relatori in rappresentanza di associazioni di settore, mondo accademico e imprese, si conferma così come un momento fondamentale di confronto e riflessione sulle sfide che attendono il mercato immobiliare italiano, dalla sostenibilità al proptech, dagli affitti brevi all’interior design, fino allo smart building e alla blockchain.