Trump vs. UE: maggiore spesa per la sicurezza uguale aumento dell’inflazione – Crédit Mutuel AM
Oggi la prospettiva di assistere a un allontanamento degli Stati Uniti dai loro alleati storici sembra
essere una realtà. Le recenti dichiarazioni dell’amministrazione Trump lasciano intendere che gli Stati
Uniti intendono trattare l’Europa come un partner commerciale qualsiasi piuttosto che come un
alleato strategico.
Per l’Europa e il resto del mondo, questo mette in discussione la stabilità postbellica su cui il Vecchio
Continente ha fatto affidamento per diventare la zona di libero scambio più grande al mondo. Il
risveglio è più che brusco e mette in evidenza la dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti per la difesa.
Le attuali discussioni tra i principali capi di Stato europei sono sintomatiche e indicano che stanno
iniziando a rendersi conto della portata della trasformazione in corso e delle scelte che dovranno
essere fatte nei prossimi mesi. Storicamente l’Unione Europea è stata caratterizzata da differenze
strategiche basate sugli interessi economici e geopolitici dei suoi Stati membri e purtroppo l’attuale
crisi potrebbe non essere sufficiente a superare queste divisioni di lunga data.
Nel 2023, gli Stati Uniti hanno destinato circa il 3,4% del Pil alle spese per la sicurezza e quindi per la
difesa, per circa 962 miliardi di dollari; la Russia, invece, ha riservato il 5,9% del suo Pil, pari a circa
118 miliardi di dollari.
Ci sono evidenti disparità con l’Unione Europea, che spende circa l’1,9% del suo Pil, circa 355 miliardi
di dollari, o 431 miliardi di dollari se includiamo il Regno Unito, che attualmente partecipa alle
discussioni. A titolo di confronto, la spesa per la difesa in Cina ha raggiunto i 296 miliardi di dollari nel
2023 (1,7% del Pil).
Da diversi mesi l’amministrazione Trump rilascia numerose dichiarazioni in merito, rivolte
principalmente ai Paesi membri della NATO. Ha ripetutamente affermato che ogni Paese dovrebbe
destinare almeno il 2% del proprio Pil alle spese per la difesa, in linea con una disposizione stabilita
nel 2006. Nel 2023, solo 23 dei 32 Stati membri hanno rispettato questa regola. E il Presidente degli Stati Uniti ha persino parlato di voler vedere raggiunta la soglia del 5%.
Tutto ciò dovrebbe spingere i Paesi europei, gradualmente e senza dubbio con difficoltà, a investire
di più nella difesa nel medio termine. Si sta già discutendo di eliminare queste spese dalle regole di
calcolo del debito europeo. Non è quindi inverosimile immaginare che la spesa per la difesa possa
raggiungere tra il 2,5% e il 3% del Pil dei Paesi dell’Unione Europea entro pochi anni.
Non possiamo prevedere come evolveranno le relazioni tra le attuali grandi potenze e forse tutto ciò
che abbiamo appena citato diventerà irrilevante nei prossimi mesi. Tuttavia, al momento non è
inverosimile uno scenario che preveda un aumento significativo della spesa per la difesa nell’Unione
Europea.
Le ricerche accademiche non mostrano una forte correlazione tra la spesa per la difesa e gli
investimenti, e di conseguenza la crescita economica, poiché entrano in gioco molti parametri.
Tuttavia, anche se non tutti i testi sono d’accordo, un aumento dei bilanci della difesa potrebbe
portare a un aumento dell’inflazione, anche se solo temporaneo.
In questo scenario, è probabile che le attese di inflazione salgano e che i tassi nominali non possano
diminuire a causa della crescita nominale sostenuta, che favorirebbe i tassi reali rispetto a quelli
nominali. I contratti della difesa registrerebbero un aumento della domanda, incrementando la loro redditività. In definitiva, questo non fa che rafforzare la nostra convinzione sull’oro, che si conferma
ancora una volta come bene rifugio. Al di là degli acquisti delle banche centrali o della copertura che
offre dal rischio di inflazione, la probabilità di un cambiamento dell’“ordine globale”, come
raramente.