Competitività industriale e sicurezza energetica europea
Se il Regolamento Omnibus, che mira a semplificare il quadro normativo in materia di requisiti di sostenibilità in Europa, è in prima linea nel dibattito su “semplificazione o deregolamentazione”, merita attenzione un’altra iniziativa della Commissione europea, volta a stimolare la competitività dell’industria europea. Il Clean Industrial Act trae le sue proposte dalle conclusioni del Rapporto Draghi, disposto dalla Commissione europea lo scorso settembre. Le conclusioni di questo rapporto evidenziano tre possibili linee d’azione:
- Affrontare il divario di innovazione con le altre potenze globali. Questo gap è evidente sotto diversi aspetti: i bassi investimenti europei in Ricerca & Sviluppo rispetto ad altri Paesi e l’assenza di aziende europee nate negli ultimi 50 anni con una capitalizzazione di mercato superiore ai 100 miliardi di euro. In confronto, nello stesso periodo negli Stati Uniti sono nate sei aziende con un valore superiore ai 1.000 miliardi di euro.
- Accelerare la decarbonizzazione e aumentare la competitività: le aziende europee devono far fronte a prezzi dell’elettricità da due a tre volte superiori a quelli degli Stati Uniti. Il prezzo del gas naturale in Europa è di quattro/cinque volte superiore a quello degli Stati Uniti. Questa disparità non è solo dovuta alla mancanza di risorse naturali in Europa, ma anche alla tassazione e alle commissioni in vigore nel mercato dell’energia.
- Aumentare la sicurezza e la sovranità dell’approvvigionamento industriale europeo, riducendo la dipendenza da materiali e tecnologie critiche, soprattutto alla luce delle crescenti tensioni geopolitiche. Oggi l’Europa dipende fortemente da pochi fornitori di materie prime: ad esempio, la Cina fornisce all’Unione Europea il 100% delle terre rare, la Turchia rappresenta il 99% delle forniture di boro e il Sudafrica soddisfa il fabbisogno di platino dell’UE per il 71%.
Il Clean Industrial Deal delinea quindi misure concrete volte a fornire un rapido sollievo sia alle industrie ad alta intensità energetica (ad esempio, acciaio, metalli, ecc.) che hanno bisogno di decarbonizzarsi ed elettrificarsi senza concorrenza sleale o complessità normativa, sia al settore delle tecnologie pulite (ad esempio, energia pulita, veicoli elettrici, ecc.) che è centrale per la competitività futura ed essenziale per la trasformazione industriale, l’economia circolare e la decarbonizzazione.
Il Clean Industrial Deal è quindi fondato su due pilastri: l’energia accessibile e la circolarità.
L’energia accessibile comprende misure volte a ridurre le bollette energetiche per le industrie, le imprese e le famiglie nel breve termine, aumentando al contempo il tasso di elettrificazione dell’economia globale con un obiettivo del 32% entro il 2030 dall’attuale 21,3%.
La riduzione delle bollette energetiche può comportare il sostegno all’adozione di contratti di acquisto di energia elettrica a lungo termine (Power Purchase Agreements e contratti per differenza – CFD) con garanzie per le PMI e le industrie ad alta intensità energetica. Inoltre, si parla di misure fiscali che consentano di ridurre a zero la tassazione dell’elettricità per le industrie ad alta intensità energetica.
Gli sforzi per ridurre i costi dell’energia devono inoltre essere accompagnati da: i) un’accelerazione della diffusione delle energie pulite e dell’elettrificazione in Europa, riducendo i periodi di autorizzazione per l’attuazione dei progetti; ii) la garanzia del corretto funzionamento dei mercati del gas attraverso l’eliminazione delle attuali tasse.
L’attenzione all’economia circolare (il secondo pilastro del Clean Industrial Deal) è in linea con l’obiettivo dell’UE di diventarne il leader mondiale entro il 2030. La proposta sulle materie prime essenziali prevede un obiettivo di riciclo del 25% entro il 2030. Questo obiettivo sarà sostenuto da misure volte a promuovere il riciclo e a limitare l’esportazione di rifiuti per ridurre la dipendenza dell’UE dalle materie prime. Questi materiali saranno riutilizzati, riciclati e rivalorizzati nell’economia. Si prevede che il potenziale dell’economia circolare all’interno del mercato europeo della rigenerazione passerà dagli attuali 31 miliardi di euro a 100 miliardi di euro entro il 2030, creando 500.000 nuovi posti di lavoro.
In questa fase, l’unico aspetto negativo del Clean Industrial Deal sono i suoi obiettivi ambiziosi. Infatti, la Commissione europea ha parlato di 480 miliardi di euro di investimenti da mobilitare, mentre il Rapporto Draghi raccomandava 750-800 miliardi di euro per affrontare la situazione. Come spesso accade con le proposte europee, le intenzioni sono positive, ma il potenziale d’azione non può essere pienamente realizzato senza un coordinamento e un impegno coerente a livello nazionale.