Debito dei mercati emergenti, cosa può aggiungere a un portafoglio nell’attuale contesto?
I Paesi dei mercati emergenti, insieme, rappresentano quasi la metà dell’economia globale, nonostante costituiscano una piccola percentuale delle allocazioni dei portafogli a reddito fisso. Questa asset class offre accesso a Paesi con prospettive macroeconomiche e di crescita demografica favorevoli, bilanci e istituzioni in rapido miglioramento, oltre a rendimenti più elevati e vantaggi in termini di diversificazione. Le allocazioni “controcorrente” consentono una minore esposizione alle tensioni geopolitiche e commerciali globali in corso, e l’aggiunta di Paesi di frontiera al portafoglio fornisce un carry ancora più elevato e una correlazione bassa o negativa con i mercati emergenti più grandi.
Un dollaro forte e alti tassi di interesse negli Stati Uniti
Nonostante l’incertezza intorno ai dazi promossi dall’amministrazione americana, le valute dei mercati emergenti hanno registrato una buona performance all’inizio dell’anno. Per questo motivo, e dato l’elevato carry e le valutazioni favorevoli per le valute emergenti, vediamo valore nel debito in valuta locale. Le economie emergenti offrono infatti un premio di rischio interessante per livelli di debito che rimangono al di sotto dei principali mercati sviluppati, oltre a bilanci in gran parte in miglioramento. Inoltre, i grandi mercati come il Brasile detengono un’elevata quota del proprio debito locale, riducendo i rischi di flussi di portafoglio. Nel frattempo, mentre alcune allocazioni peculiari in valuta forte offrono valore, gli spread sono ai minimi della storia recente, concedendo un premio contenuto e soggetto alla volatilità dei Treasury.
A lungo termine, non c’è correlazione tra la performance del debito dei mercati emergenti e i rendimenti dei Treasury USA. Ciò non significa però che un rapido aumento dei rendimenti statunitensi non possa influenzare temporaneamente i tassi dei mercati emergenti. Tuttavia, rendimenti statunitensi più elevati aumentano i costi del servizio del debito dei Paesi con un’elevata percentuale di debito in valuta forte. La correlazione tra un dollaro forte e la performance dei mercati emergenti quindi, sia locali sia in valuta forte, è molto più importante, perché il primo può essere un ostacolo. Per quanto riguarda la forza del dollaro, la nostra visione non è netta. Vale la pena ricordare infatti che un dollaro forte non aiuta a ridurre l’enorme deficit commerciale che Trump vuole affrontare, né è utile per il nearshoring negli Stati Uniti, poiché rappresenta, al contrario, un incentivo ad acquistare all’estero.
Le banche centrali dei mercati emergenti hanno acquisito molta credibilità negli ultimi 20 anni. Un (rapido) deprezzamento della valuta si ripercuote sull’inflazione, scenario che gli istituti bancari vogliono evitare per ovvie ragioni. Per il 2025 quindi, non ci aspettiamo un rafforzamento eccezionale del dollaro per le ragioni sopra menzionate, ma piuttosto che rimanga costante o con fluttuazioni entro limiti ristretti.
Principali convinzioni all’interno dell’asset class
Guardiamo con interesse al debito in valuta locale del Brasile. La banca centrale ha aumentato i tassi in modo aggressivo e il governo ha dimostrato impegno sul fronte fiscale, anche se ha mancato di affrontare le questioni strutturali. Il bilancio esterno è solido ma rimaniamo attenti ai rischi politici con l’avvicinarsi delle elezioni nel 2026. Anche la Polonia ha mostrato una crescita resiliente e siamo fiduciosi nei forti fondamentali del debito sovrano. Rimaniamo invece cauti sul Messico, non solo a causa dell’incertezza sui dazi e delle tensioni con gli Stati Uniti, ma anche per le preoccupazioni a medio termine sull’indebolimento istituzionale, come dimostrato dalla riforma giudiziaria del governo.
Un portafoglio ben diversificato e focalizzato sui mercati emergenti offre oggi un rendimento superiore all’8%. In definitiva, è questo il rendimento che l’investitore vuole ottenere e riteniamo che ciò sarà possibile nel 2025. Dal punto di vista della duration siamo moderatamente positivi, più orientati verso la seconda metà dell’anno. Dal punto di vista valutario siamo neutrali. Le performance valutarie dipendono infatti fortemente dai differenziali di tasso relativi (reali) tra i mercati emergenti e quelli sviluppati. In questo contesto, ulteriori tagli dei tassi da parte della FED e della BCE aiuteranno le valute dei mercati emergenti. Le banche centrali emergenti sono abbastanza sofisticate da reagire a sviluppi valutari avversi.
Al momento, stiamo prestando molta attenzione alla situazione del commercio globale e alle sue ripercussioni sui mercati emergenti esposti agli scambi con gli Stati Uniti. Inoltre, stiamo osservando da vicino gli sviluppi politici in Brasile in vista del ciclo elettorale, la discussione sui negoziati tra Russia e Ucraina e il potenziale impatto di un cessate il fuoco sui paesi CE-4 (Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia) nonché le dinamiche macroeconomiche in Cina e le sue implicazioni sulle economie del sud-est asiatico.