Le opportunità infrastrutturali seguono le priorità (e le minacce) politiche
Dal 2016, la geopolitica è al centro della sicurezza della supply-chain. Le amministrazioni Trump, la Brexit, la pandemia di Covid e il conflitto in Ucraina hanno evidenziato la necessità di organizzare le infrastrutture critiche come “hub globali” per rendere le catene di approvvigionamento più resilienti. Il crescente protezionismo richiede un approccio che preveda una ridondanza sovrapposta anziché una semplice ottimizzazione dei costi. Ciò significa investimenti infrastrutturali in tutti i principali centri di consumo: Stati Uniti, Eurozona e Cina.
Principali risultati:
- Una politica commerciale reciproca basata su dazi incentiva la creazione di infrastrutture manifatturiere negli Stati Uniti. Sebbene ci aspettiamo un incremento graduale della produzione statunitense, l’elevato costo del lavoro impedirà un cambiamento radicale.
- Se la competizione per le infrastrutture legate all’intelligenza artificiale è globale, le infrastrutture energetiche legate ai combustibili fossili diventano un altro ambito chiave di investimento negli Stati Uniti.
- In Europa, il rapporto Draghi delinea un piano per accelerare l’integrazione e gli investimenti verso una maggiore autonomia dell’UE, mentre la Cina persegue una strategia focalizzata sui paesi BRICS.
- Gli incentivi statunitensi e la minaccia di nuovi dazi ci portano a favorire gli Stati Uniti per gli investimenti infrastrutturali in questa fase e, a livello settoriale, vediamo opportunità lungo l’intera catena del valore dell’intelligenza artificiale.