Strategia Mensile: Abbiamo già superato il “picco di Trump”?

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La Fed statunitense, in qualità di banca centrale della valuta di riserva mondiale, svolge un ruolo cruciale nei mercati globali, stabilendo i costi di prestito e garantendo la stabilità finanziaria. Sebbene le sue decisioni siano spesso oggetto di attento scrutinio, la sua posizione fondamentale rimane in gran parte indiscussa. Gli investitori analizzano attentamente le decisioni di politica monetaria e il loro impatto sul mercato, interpretando gli obiettivi e le indicazioni dei banchieri centrali nel tempo.

Ma cosa succederebbe se tutto ciò venisse messo in discussione? Dall’insediamento del neopresidente Trump a gennaio, l’attenzione solitamente rivolta alla Fed è stata sopraffatta dall’ondata di ordini esecutivi emessi dalla Casa Bianca, che stanno sovvertendo le norme economiche e politiche. Le policy di questa Amministrazione stanno avendo un profondo effetto sulle relazioni internazionali degli Stati Uniti, il sistema commerciale globale e gli equilibri politici interni. Ci troviamo di fronte a un contesto politico più centralizzato, nel quale il ramo esecutivo domina il processo decisionale. In alcune agenzie governative il personale senior è stato sostituito, altre sono state minacciate di chiusura e di riduzione significativa del personale – incluso il Pentagono e altre agenzie di sicurezza; al contempo, sono state colpite anche le attività scientifiche, educative e di aiuti all’estero. Finora, la nuova Amministrazione non ha cercato di interferire con la Fed: di conseguenza, il dollaro è rimasto fermo e i rendimenti dei Treasury americani di riferimento sono stati scambiati in un intervallo ristretto, senza alcuna indicazione che il mercato tema un indebolimento significativo della posizione della Fed.

I rischi relativi all’incertezza

La domanda è: gli investitori dovrebbero preoccuparsi dell’incertezza politica? Certamente. Gli Stati Uniti hanno bisogno di afflussi di capitale – e se gli investitori stranieri dovessero avere meno certezze sulle policy implementate a sostegno dei loro risparmi, potrebbero farne i conti proprio quei flussi. Non siamo ancora arrivati a quel punto, anche se i rendimenti azionari degli Stati Uniti hanno sottoperformato rispetto ai mercati europei finora quest’anno. Ci può anche essere una mancanza di chiarezza e di comprensione sui metodi di attuazione dell’agenda Trump – ma gli investitori vedono i risultati come favorevoli alla crescita, un ambiente fiscale e normativo più favorevole alle imprese e una spesa pubblica potenzialmente inferiore.

Non c’è alcuna recessione all’orizzonte – e ciò significa che i margini di profitto dovrebbe essere favorevole, così come il quadro degli utili. Inoltre, gli Stati Uniti sono troppo grandi per essere ignorati, dato che il resto del mondo guadagna dollari americani dal commercio, e ha bisogno di investire in attività in dollari statunitensi. La performance del mercato azionario statunitense negli ultimi anni e il ruolo di leadership che le aziende USA ricoprono in molti settori suggeriscono che il rischio di un’allocazione massiccia dagli Stati Uniti è minimo. Tuttavia, un approccio politico aggressivo che perturbi le normali relazioni rappresenta effettivamente un rischio di incertezza. Per ora, la Fed mantiene la sua posizione di attesa e le aspettative di mercato sui tassi sono rimaste invariate. Il mercato dei forward overnight index rate swap vede i tassi di riferimento intorno al 4% per il medio e lungo termine. La discussione accademica sulla neutralità dei tassi continuerà, ma i prezzi di mercato sembrano per il momento aver risolto la questione. Gli investitori obbligazionari non vedranno grandi guadagni in conto capitale quest’anno, ma i rendimenti complessivi dei mercati del fixed income dovrebbero fornire rendimenti costanti. Questa stabilità dei tassi è benvenuta, ma rivela anche una certa incertezza all’interno della Fed, dato che il suo outlook macroeconomico è condizionato dalle decisioni che l’Amministrazione prenderà nei prossimi mesi – e da come quelle stesse decisioni potrebbero avere un impatto sull’inflazione, sui rendimenti obbligazionari e sul dollaro.

Più in generale, gli investitori devono fare i conti con un cambio di regime geopolitico globale. Se questo si tradurrà nel fatto che le relazioni economiche e politiche abituali e le istituzioni affidabili diventeranno imprevedibili, allora i premi per il rischio sulle attività finanziarie dovranno necessariamente aumentare. La sottoperformance delle azioni statunitensi rispetto all’Europa, che riscontriamo dall’inizio dell’anno, potrebbe riflettere uno slancio degli utili relativi più debole – nonché le preoccupazioni per il continuo dominio delle aziende tecnologiche statunitensi nel settore dell’Intelligenza Artificiale. Tuttavia, è ipotizzabile che alcuni investitori stiano diventando riluttanti a impegnare capitali negli asset statunitensi. Anche prima di Trump, questioni come il deficit federale e il livello del debito, la sopravvalutazione delle azioni statunitensi e il potenziale di aumento delle insolvenze nel mercato high yield degli Stati Uniti erano punti fermi delle conversazioni con i clienti. L’asticella è davvero bassa per gli investitori che spostano le allocazioni globali da un mercato che ha fatto incredibilmente bene, ma che è costoso e ora è soggetto a un insieme variegato di rischi politici e di policy.

Per il momento, rimanere investiti nel fixed income statunitense sembra ragionevole. Tuttavia, il dollaro deve essere osservato attentamente, visto che potrebbe essere proprio quello il campanello d’allarme di qualsiasi cambiamento nelle preferenze globali. Sul fronte azionario, l’outlook degli Stati Uniti è diventato più complicato. Forse non ci sarà una recessione negli Stati Uniti, ma è davvero possibile che le cose migliorino in termini di crescita degli utili e di multipli? Le aspettative di guadagno si sono appiattite, e se i rendimenti obbligazionari sono stabili e gli atteggiamenti globali si stanno leggermente spostando, i multipli potrebbero addirittura contrarsi un po’. L’Europa ha sofferto per la debolezza della fiducia nel 2024 ed è stata oscurata in termini di crescita degli utili dal settore tecnologico statunitense. Il vantaggio in termini di valutazione dell’Europa e alcuni potenziali sviluppi al rialzo suggeriscono che la sovraperformance potrebbe persistere per un po’: basti pensare che l’outlook a breve termine continuerà ad essere determinato dal rischio politico e, in ultima analisi, questo potrebbe essere il fattore che determina dove gli investitori detengono i loro risparmi.

Le valutazioni sono fonte di preoccupazione. Gli spread di credito sono vicino ai minimi del ciclo e la loro vulnerabilità è stata evidenziata dalla reazione degli spread europei quando sono state annunciate le elezioni anticipate in Francia. Gli spread sugli emittenti francesi hanno reagito all’ampliamento dello spread tra i titoli di Stato tedeschi e francesi, ne hanno risentito in particolare i titoli finanziari. Si è riusciti però a evitare un contagio più ampio e, ora che la BCE ha adottato un approccio più accomodante, un ampliamento degli spread di credito europei potrebbe essere visto come un’opportunità d’investimento.