J. SAFRA SARASIN: La de-dollarizzazione dei BRICS – missione impossibile o futuro prossimo?
Ci aspettavamo che la de-dollarizzazione continuasse il suo lento procedere. Tuttavia, il cambiamento ideologico sotto la seconda amministrazione Trump potrebbe accelerare il processo.
Negli ultimi 10 anni i BRICS hanno preparato il terreno per la de-dollarizzazione, ma hanno compiuto solo progressi limitati. Le valute dei BRICS sono ben lontane dal soddisfare tutti i criteri di una valuta di riserva, tra cui stabilità, liquidità, profondità del mercato e stato di diritto. Inoltre, non tutti i membri hanno abbracciato pienamente il programma di de-dollarizzazione guidato da Russia e Cina.
L’India, ad esempio, ha dichiarato pubblicamente di non perseguire attivamente la de-dollarizzazione. Il motivo principale per cui l’India vuole far parte del sistema alternativo è che vuole ancora avere relazioni commerciali con alcuni Paesi che hanno difficoltà a commerciare in dollari statunitensi.
Sebbene non stia attivamente cercando di de-dollarizzarsi, la nuova politica valutaria statunitense probabilmente farà riflettere l’India. Secondo Stephen Miran, presidente dello US Council of Economic Advisers, il ruolo dominante del dollaro a livello globale ne ha aumentato la domanda e ne ha apprezzato il valore, portando a una ridotta competitività delle esportazioni, a persistenti deficit commerciali e all’erosione del settore manifatturiero statunitense. Ma allo stesso tempo, il dominio del dollaro conferisce benefici e leve politiche come tassi di interesse più bassi e la possibilità di applicare sanzioni finanziarie.
Anche se i politici statunitensi vorrebbero preservare lo status del dollaro come valuta di riserva globale, vorrebbero condividere il “peso” con i loro partner commerciali attraverso i dazi e con i detentori esteri di Treasury attraverso una user fee o un potenziale swap in century bond a tasso zero o a basso interesse. Gli amici degli Stati Uniti beneficeranno del loro ombrello di sicurezza e di un onere inferiore.
Questa nuova posizione avrà una serie di conseguenze. L’aumento dei dazi potrebbe ridurre la domanda di dollari, poiché la Cina, ad esempio, commercia maggiormente con altre economie dei mercati emergenti e regola gli scambi in renminbi o in valuta locale. Una user fee o i century bond renderebbero meno attraente la detenzione di asset in dollari e indebolirebbero il dollaro. L’enfasi sull’extraterritorialità finanziaria degli Stati Uniti potrebbe spingere un maggior numero di Paesi a prendere in considerazione sistemi di pagamento alternativi. Il nuovo BRICS Pay, introdotto lo scorso ottobre, potrebbe rivelarsi utile in questo senso.
Anche se il dominio del dollaro rimane radicato, l’andamento della de-dollarizzazione potrebbe ora essere un po’ più rapido. L’oro dovrebbe essere il principale beneficiario di questa tendenza. Con il nuovo piano di espansione fiscale dell’Europa, l’euro potrebbe anche essere un’altra opzione per i BRICS volta a immagazzinare liquidità in questo mondo sempre più multipolare.