Fondi flessibili: una rosa senza spine?

di Tiziano C. Bellemo * -

In un quadro in cui le prospettive di rendimento sull’obbligazionario restano limitate, la ricerca di redditività spinge verso prodotti come gli Ucits alternativi. E occorre essere ben consapevoli del diverso livello di rischio

Il quadro d’investimento col quale si apre il 2016 in Eurozona è piuttosto diverso da quello che ci si aspettava, peraltro non senza valide ragioni, nei trimestri precedenti. Più che spiegare i motivi che hanno portato la realtà a smentire le attese, è utile fare qualche considerazione sulle conseguenze che i bassi rendimenti che probabilmente caratterizzeranno lo scenario ancora per un po’ stanno avendo su domanda e offerta di prodotti di risparmio gestito.

Il rinvio del momento in cui i tassi di mercato inizieranno a risalire scongiura la possibilità che il calo del prezzo dei titoli che ne deriverebbe porti i rendimenti dei prodotti obbligazionari in territorio negativo. Tuttavia, le aspettative di rendimento sul reddito fisso governativo restano in ogni caso poco attraenti sia rispetto al passato, sia in assoluto.

Negli ultimi cinque anni l’indice Fideuram dei fondi obbligazionari governativi a medio/lungo termine dell’Eurozona ha offerto il 4% circa annualizzato. Si tratta di un ottimo rendimento che in parte non trascurabile è stato ottenuto grazie all’effetto positivo che l’importante calo dei tassi ha avuto sul prezzo delle obbligazioni.

Questo effetto si è via via affievolito, al punto tale che, se si sposta l’orizzonte di osservazione agli ultimi 12 mesi, si osserva che l’indice ha prodotto solo lo 0,6% (fonte: Sole 24 Ore, dati al 18 dicembre 2015). Ad oggi, la curva dei tassi di area euro esprime yield negativi fino a scadenze di cinque anni. Rendimenti a scadenza più elevati sono presenti sui tratti lunghi delle curve, oppure caratterizzano gli emittenti che si collocano sulla parte bassa della scala del rating. In entrambi i casi, il profilo di rischio aumenta di conseguenza.

La curva dei rendimenti

la curva dei rendimentiFonte Ecb

 
Oltre che da questa struttura delle curve, il risk/reward del reddito fisso è impoverito anche dall’innalzamento della volatilità, come già sperimentato nel corso del 2015. L’indice Fideuram di categoria alla metà dello scorso aprile esprimeva un rendimento da inizio anno pari al 4%.

La fase di risk aversion nei confronti delle obbligazioni governative iniziata in quel momento ha spinto i prezzi verso il basso e ha letteralmente falciato il rendimento dell’indice, portandolo addirittura a valori leggermente negativi in poco più di due mesi, con un drawdown molto secco. Da lì la situazione si è più o meno normalizzata e l’indice chiude il 2015 con un rendimento a 12 mesi pari a circa lo 0,6%, positivo quindi, ma lontano dai valori ai quali si erano abituati i sottoscrittori negli ultimi anni.

Da questa premessa prendono corpo le esigenze dei risparmiatori che, sempre più consapevoli che il connubio “rendimento stabile – limitata volatilità”, spesso disponibile grazie all’investimento in reddito fisso è alle spalle, sono alla ricerca di prodotti che generino dignitosi livelli di reddito e contemporaneamente offrano un buon controllo del rischio (in particolare del drawdown).

Una delle principali risposte fornite dall’industria del risparmio gestito è rappresentata dai cosiddetti fondi Ucits alternativi, tipologia di prodotto che:
– ha l’obiettivo di produrre un risultato positivo a prescindere dalle condizioni di mercato (al rialzo o al ribasso) minimizzando la volatilità,
– non ha un benchmark (come invece tipicamente avviene per i fondi direzionali),
– utilizza leve operative in parte derivate dalle strategie hedge per aumentare l’efficacia della gestione,
– fa riferimento a vario titolo all’asset class azionaria (ad esempio con approccio long/short o market neutral), a quella obbligazionaria (i fondi unconstrained), oppure a entrambe.

In Italia, questi strumenti sono classificati da Assogestioni nella categoria dei “flessibili”, il segmento che da molti trimestri catalizza la raccolta di risparmio gestito.

Le condizioni dei mercati negli ultimi 12 mesi sono utili per avviare una prima analisi e capire se questo tipo di veicoli di investimento risponda adeguatamente alle istanze dei risparmiatori. Infatti, una serie di eventi geopolitici, economici o finanziari ha prodotto modesti rendimenti oltre a flessioni rapide e profonde degli indici azionari e obbligazionari, recuperate solo in parte, comunque accompagnate da balzi della volatilità, tornata a livelli visti l’ultima volta ai tempi della crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona.

Occorre premettere che non esistono indici che permettono di compiere analisi dettagliate sulle diverse tipologie di fondi disponibili alla sottoscrizione in Italia. E l’estrema eterogeneità dei prodotti collocati da Assogestioni nella categoria corrispondente limita fortemente il valore segnaletico dell’indice Fideuram dei fondi flessibili. Più utile è cercare conforto in indici sviluppati da provider indipendenti che aggregano l’andamento di un certo numero di prodotti, ripartiti per tipologia.

Prenderemo quindi in esame le quattro sottocategorie Ucits alternativi più diffuse a livello europeo e popolate dal maggior numero di prodotti: equity long-short, market neutral, global macro e multistrategy e ne analizzeremo l’andamento grazie agli indici calcolati da LuxHedge Alternative Ucits.

Rendimenti e strategie

ucits alternativi rendimenti

Fonte: Luxgedge Alternative Ucits. Dati al 30 novembre 2015

Si può notare dal grafico qui sopra che la strategia più redditizia è l’equity long-short, che ragionevolmente beneficia del beta che deriva dall’esposizione almeno parziale dei portafogli al trend dei mercati azionari, ma che si caratterizza anche per la più elevata perdita massima (ce ne sono tre nel periodo osservato e una tra gennaio e novembre 2015). Multistrategy e global macro esprimono una minore efficacia: presentano infatti rendimenti meno attraenti, accompagnati peraltro da drawdown non trascurabili (anche qui tre, di cui uno nel 2015). L’approccio market neutral mostra infine risultati assoluti più contenuti (3% circa nel 2015 e quasi 9% dal 2007), ma senza accusare perdite di valore marcate e con una più evidente decorrelazione rispetto all’andamento delle borse.

Strategie a confronto

tabella flessibili

Fonte: Luxgedge Alternative Ucits. Dati al 30 novembre 2015

 

Ammesso e non concesso di poter acquistare e inserire in portafoglio le quattro strategie equi-pesate, nei primi 11 mesi del 2015 si sarebbe ottenuto un ritorno di circa 2,5%, con un drawdown di periodo di circa 3,7%: complessivamente un buon risultato, migliore dell’investimento obbligazionario governativo e con un rischio complessivo controllato.

I dati puntuali di rendimento e rischio della tabella suggeriscono alcune considerazioni. In primo luogo, le diverse strategie esprimono nei due periodi considerati livelli di rendimento in alcuni casi significativamente diversi tra loro. In secondo luogo, i risultati sono piuttosto evidentemente correlati al rischio che è stato assunto dal gestore per ottenerli e, di conseguenza, alla variabilità del veicolo di investimento.

Ancora, proprio alla luce dei due punti precedenti, queste strategie non possono essere considerate come la panacea contro i bassi rendimenti obbligazionari e i rischi di risalita dei tassi per ogni tipo di investitore e per l’intero portafoglio.

Non si tratta infatti di strumenti in grado di essere perfetti sostituti di impieghi obbligazionari perché nella maggior parte dei casi abbiamo a che fare con strategie che lavorano sull’asset class azionaria, “trattata” per estrarne rendimenti simili a quelli obbligazionari. Deve quindi essere chiaro che da ciò deriva un profilo di rischio coerente con questa premessa, che potrebbe non essere però sempre compatibile con quello mostrato dal tipico investitore in fondi fixed income.

Infine, l’attenta selezione di obiettivi di investimento e filosofia di gestione dei prodotti resta fondamentale perché anche nel caso dei veicoli Ucits alternativi in assenza, o limitando l’assunzione e la tolleranza di una certa quota di rischio, resta molto difficile estrarre performance.

In conclusione, una buona strategia complessiva per la costruzione del portafoglio (valida anche in tempi di bassi rendimenti) dovrebbe prevedere la rinuncia all’idea che sia possibile ridurre significativamente o addirittura eliminare la volatilità dal portafoglio, ottenendo contemporaneamente “buoni” rendimenti. Al contrario, sarebbe utile iniziare ad accettare il fatto che sia sempre opportuno, almeno per una parte del patrimonio da investire, scambiare un dato livello di potenziale rischio nel breve termine con la possibilità di estrarre dai prodotti scelti rendimenti “superiori” nel medio e lungo periodo.

* Senior advisor e docente Liuc