Gli eredi devono restituire l’indennità di accompagnamento?

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Il debito non si azzera automaticamente con la scomparsa del percettore. Ma le somme indebitamente percepite vanno rese all’Inps soltanto se è provato il dolo

L’Inps oggi con raccomandata chiede il rimborso di circa 6.000 euro per asserita non spettanza dell’indennità di accompagnamento a seguito di un verbale di i.c. che non aveva più confermato (inspiegabilmente) la sussistenza dei requisiti previsti per l’assegnazione dell’indennità di accompagnamento. L’Inps ha proseguito a versare l’indennità per poi richiederne la restituzione. Mio padre ha pagato 250 euro al mese detratti dall’indennità di accompagnamento (nel frattempo ridata). Ora mio padre è morto, il debito è azzerato?

Risponde Walter Quattrocchi

Il debito non si azzera automaticamente con la scomparsa del percettore dell’indennità di accompagnamento.

L’azione di recupero delle residue somme indebitamente percepite è possibile da parte dell’Inps, nei confronti degli eredi, nel caso in cui venga accertato dall’Istituto un comportamento doloso del pensionato.

L’Inps non aziona invece il recupero nei confronti degli eredi, quando essi abbiano rinunciato all’eredità e nei casi di insolvibilità del creditore.

Per quanto riguarda l’accertamento del dolo, l’Inps e il ministero del Lavoro lo hanno individuato anche nella dichiarazione infedele: oltre ai casi di attività illecita del pensionato (in questo caso c’è obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria), devono essere ricompresi nel comportamento doloso anche l’indicazione di dati incompleti o la mancata denuncia di circostanze che hanno incidenza sul diritto o sulla misura della prestazione, a condizione che l’omissione non riguardi atti o fatti già noti all’Inps.