Petrolio di nuovo in calo, il “congelamento” non convince

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Dopo l’accordo siglato ieri da Arabia Saudita e Russia, restano le incertezze. E le quotazioni perdono terreno

L’accordo firmato ieri a Doha da Arabia Saudita e Russia, i principali produttori mondiali di petrolio, ma anche da Venezuela e Quatar, non ha convinto i mercati. E le quotazioni sono tornate a perdere terreno.

L’accordo prevede che la produzione non superi il livello dello scorso gennaio. Ma, è la prima obiezione, si tratta di livelli elevatissimi. L’offerta di greggio, in sostanza, resta ingente, e le scorte sono a livelli record. 

Restano inoltre tutte le incognite per quanto riguarda gli altri paesi produttori, a cominciare dall’Iran, che proprio lunedì ha ripreso a esportare la sua produzione, dopo la fine dell’embargo legato al programma nucleare.

Qualche indicazione uscirà oggi dal vertice Iran-Iraq in programma a Teheran, durante il quale il Venezuela, con il suo ministro del Petrolio, principale fautore di una strategia di tagli della produzione, cercherà di convincere gli omologhi dei due paesi ad aderire all’accordo per il congelamento. Non sarà un compito facile, perché l’Iraq, e soprattutto l’Iran, sono al contrario intenzionati ad aumentare la loro produzione.

Infine, non è affatto detto che i paesi produttori che non fanno parte dell’Opec (come Norvegia, Stati Uniti, Canada, Messico e Brasile) decidano di aderire all’accordo sul congelamento. 

Intanto il future sul Wti viaggia a 28,87 dollari al barile, e il Brent a 32,05 dollari al barile.