Pronto a partire il prestito vitalizio

di Rosaria Barrile -

Con l’approvazione del regolamento di attuazione sarà possibile per gli over 60 ottenere liquidità dalla propria casa pur mantenendone il diritto di proprietà

Con l’approvazione, il 22 dicembre scorso, del regolamento di attuazione da parte del ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, diventa realtà una nuova tipologia di finanziamento di cui si è molto parlato ma che finora era rimasto sulla carta.

Si tratta del prestito vitalizio ipotecario, una nuova formula che consente di trasformare un immobile di proprietà in denaro sonante per integrare la pensione, o da utilizzare per fare fronte a spese impreviste.

Tecnicamente si tratta di un finanziamento vitalizio ipotecario, già ampiamente noto nei paesi anglosassoni, dove è conosciuto come reverse mortgage (mutuo al contrario) o “lifetime mortgage”.

Nel nostro ordinamento giuridico era già stato introdotto dalla Finanziaria 2006 per poi essere radicalmente trasformato dalla legge 44/2015.

Con l’approvazione del regolamento d’attuazione vengono finalmente chiariti alcuni aspetti delicati del finanziamento, che può essere richiesto solo dagli over 60 proprietari della casa in cui abitano. Rispetto alla versione precedente del prestito, è stata abbassata da 65 a 60 anni l’età per accedere al finanziamento, che non si estingue più solo con la morte del proprietario ma anche con il trasferimento, in tutto o in parte, dei diritti reali di godimento sull’immobile dato in garanzia, ovvero con la vendita.

La percentuale sul valore della casa che si riesce a ottenere con questo sistema può andare indicativamente dal 20% per una persona di 60 anni fino al 50% per chi ne ha 90. Nel caso di coniugi, il calcolo della quota percentuale deve essere fatto sulla base dell’età del più giovane tra i due.

Una volta ottenuto il prestito dalla banca, il titolare può scegliere tre modi di affrontare il debito: può decidere a un certo punto di estinguere il mutuo integralmente, può versare periodicamente gli interessi sulla somma ottenuta in modo che il debito complessivo non cresca, oppure può decidere di non pagare mai nulla (per fare questo tuttavia deve impegnarsi a conservare l’immobile in buono stato, a non cederlo in affitto o a darlo nuovamente come ipoteca a garanzia di altri debiti).

In caso di decesso del titolare del prestito, il debito non ricade automaticamente sulle spalle degli eredi, che possono scegliere di estinguere il debito ed acquisire il pieno possesso dell’immobile, oppure decidere di vendere la casa, entro e non oltre i 12 mesi successivi alla morte del titolare del prestito e con il ricavato estinguere il debito, oppure possono decidere di non saldare il debito lasciando la casa alla banca.

A quel punto la banca creditrice può mettere in vendita la casa e versare il ricavato agli eredi detraendo la somma dovuta dal defunto che aveva beneficiato del prestito.

In questo caso però la banca non potrà chiedere nulla agli eredi nel caso in cui il ricavato dalla vendita risulti inferiore al debito contratto dal titolare del prestito.

Il rischio che un simile sistema vada a ingrossare il parco degli immobili posseduti dalle banche esiste, ed è tutt’altro che remoto: dal momento che nel prestito ipotecario vitalizio è consentito l’anatocismo, gli interessi non pagati anno vanno a incrementare l’ammontare del debito che può quindi crescere esponenzialmente. È probabile quindi che gli eredi si ritrovino a dover scegliere tra lasciare alla banca l’immobile o pagare un debito molto elevato senza poter vendere la casa in tempi rapidi.