Fondi pensione, un mercato in crisi

di David Canaletto -

La relazione della Covip certifica una situazione tutt’altro che rosea: gli iscritti, al netto delle adesioni di massa del settore edile, sono in calo. Aumenta il numero di quanti non versano i contributi. E si inaspriscono i costi, a danno dei rendimenti. Chi arriva alla scadenza, poi, preferisce portarsi a casa un capitale, anziché avvalersi di una rendita integrativa

Come vanno davvero i fondi pensione in Italia? La relazione per l’anno 2015 della Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), ormai archiviata, appare come una fotocopia di quella dell’anno precedente nonostante il timone della Covip sia da pochi mesi nelle mani del nuovo presidente Mario Padula. E presenta più ombre che luci. L’unica novità di rilievo del 2015 è l’ingresso in blocco in Prevedi, fondo di categoria del settore edile, di 481.980 lavoratori. Per effetto della contrattazione collettiva tutti i lavoratori di questo settore sono stati iscritti d’ufficio, con l’obbligo peri loro datori di lavoro di versare nel fondo un contributo dell’1% del reddito complessivo, con un massimo di 220 euro annui. Si spera che i neo iscritti, nei prossimi anni, facciano confluire in Prevedi il loro Tfr e i contributi volontari creando un precedente importante da mutuare anche per altre categorie lavorative.

Senza l’ingresso straordinario degli edili, il numero complessivo degli iscritti al sistema previdenziale registrerebbe su base annua un modesto incremento, pari al 4,6%, mentre gli iscritti ai fondi negoziali perderebbero lo 0,4%, confermando il lento declino degli anni precedenti.

Il perimetro dei fondi pensione rimane frammentato e debole. Nonostante la cura dimagrante di 27 fondi rispetto al 2015, ci sono ancora 469 forme previdenziali diverse. Circa 203 di queste amministrano beni sotto i 25 milioni di euro, solo 32 gestiscono singolarmente capitali per oltre un miliardo di euro. La situazione resta critica anche per il numero di aderenti: 218 fondi hanno meno di mille iscritti. Dalla mancanza di una massa critica adeguata conseguono inefficienze organizzative e amministrative che si ripercuotono sui costi a carico degli iscritti e sulle potenziali performance.

Il sistema dei fondi pensione, nonostante la stabilità complessiva dei costi a carico degli iscritti rilevata da Covip tra il 2007 e il 2015, vede comunque gli Isc (indicatori sintetici dei costi) mediamente più onerosi rispetto al 2014. Sarà l’effetto della variazione del metodo di calcolo che, nel 2015, considera gli Isc al lordo e non al netto della tassazione, fatto sta che i dati diffusi da Covip evidenziano aumenti medi complessivi per i quattro orizzonti temporali considerati, pari al 26% per i fondi negoziali al 9% per i fondi aperti e al 13% per i Pip.

La tipologia di fondi a più alto tasso di crescita sono i Pip che in pochi anni hanno superato, per numero di iscritti, tutte le altre categorie di fondi. Questo forte sviluppo è correlato al costo molto più elevato che li caratterizza rispetto alle altre forme previdenziali: si vendono di più le forme che erogano maggiori commissioni ai collocatori. Ogni anno Covip segnala questo fenomeno, e nella relazione 2015 ribadisce che a costi più elevati corrispondono assegni pensionistici più bassi. Se un iscritto a un fondo negoziale per un periodo di 35 anni maturasse una pensione complementare di 5 mila euro annui, a parità di altre condizioni, il fondo aperto erogherà una rendita di 4.200 euro e un Pip, a causa dei costi medi più elevati, di 3.900 euro, esemplifica Covip.

Altri indicatori che dimostrano quanto la previdenza complementare sia in stallo e manifesti ancora poco appeal per il mercato italiano sono 1,785 milioni di iscritti che non hanno effettuato versamenti contributivi nel 2015, i cosiddetti “silenti”: 60 mila in più rispetto all’anno precedente. C’è scarsa attrattività anche per i giovani lavoratori, quelli che saranno tra i più penalizzati dalla previdenza pubblica. Appena il 22,6% degli iscritti ha meno di 35 anni, soltanto il 16% della forza lavoro complessiva per questa fascia di età.

Nonostante gli sforzi profusi per garantire la cosiddetta portabilità, e quindi favorire il trasferimento di ciascuna posizione da un fondo all’altro cercando condizioni migliori (in particolare sui costi), meno dell’1% del totale degli iscritti nel 2015 ha approfittato di questa opportunità.

Altro elemento di attenzione è che le erogazioni di prestazioni pensionistiche in capitale sono state circa 58 mila, mentre le posizioni individuali trasformate in rendita sono state nel complesso solo 3.300. Più che dalla pensione di scorta, chi raggiunge il diritto alla prestazione è attratto dalla possibilità di portarsi a casa un gruzzoletto.