Patriarca (governo): Ape social solo a chi smette di lavorare

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Il consigliere economico di Palazzo Chigi ha precisato anche le modalità di accesso all’Ape volontaria 

“Chi ha un sostegno, in relazione alle difficoltà sul mercato del lavoro, non può poi continuare a lavorare e avere un reddito”: lo ha affermato, parlando a proposito dell’Ape sociale, Stefano Patriarca, consigliere economico dell’unità di coordinamento della politica economica della presidenza del Consiglio, nel corso del suo intervento a Tuttopensioni 2017, l’evento de Il Sole 24 Ore dedicato alla previdenza che si è svolto oggi.

Patriarca ha sottolineato che sarebbe “contraddittorio” fornire una indennità in rapporto a una condizione di bisogno e consentire di cumularla con altro reddito: “Bisogna aver smesso di lavorare”, ha detto. “Questo vale anche nel caso di ‘precoci social’, cioè di coloro che hanno 41 anni di contributi, avendo lavorato prima dei 19 anni, e che appartengono a quelle categorie che possono quindi godere del pensionamento anticipato, indipendentemente dall’età, a 41 anni di contributi. Anche per questi c’è un vincolo di non lavoro”.

Quanto all’Ape volontaria, Patriarca ha ricordato che si tratta di “un debito a condizioni favorevoli, con un tasso di interesse intorno al 2,5%, che però ha un credito d’imposta equivalente alla metà. Considerando che è un indebitamento di lungo periodo, a 20 anni, con un tasso fisso, è una condizione finanziaria molto agevolata”.

“Una volta salvaguardata una fascia che comunque aveva necessità di essere garantita con l’Ape social”, ha aggiunto, “gli altri che vogliono possono optare per avere un reddito ponte, che può essere cumulato con il reddito da lavoro. La cosa importante è che con l’Ape volontaria non c’è l’obbligo di cessazione del rapporto di lavoro. Per cui io posso decidere di passare al part time e compensare la perdita di reddito sul part time con l’accesso all’Ape. La scelta che è stata fatta è che invece di trasferire gli oneri di questa operazione sul debito pubblico abbiamo trasferito gli oneri sul soggetto che lo chiede”.

E dato che la pensione dovrà essere “capiente rispetto all’indebitamento”, è stato introdotto un livello minimo e massimo di Ape rispetto alla pensione. “L’orientamento è quello di definirlo in relazione al numero di anni di anticipo. Ovviamente se io anticipo per tre anni il mio debito sarà più rilevante, la mia rata sarà più grande; se anticipo solo di un anno, il debito sarà molto più basso. I calcoli che abbiamo fatto indicano intorno al 4,6% al netto il costo più o meno dell’anticipo di ogni rata. Probabilmente, in media l’anticipo sarà intorno al 90% della pensione che si godrà. In questo senso il minimo e massimo sono un livello di garanzia affinché l’indebitamento non sia eccessivo”, ha sottolineato.

Tutta l’operazione sarà svolta tramite una domanda da presentare all’Inps: i richiedenti non dovranno andare in banca a chiedere il finanziamento: “l’Inps interfaccia tutta la procedura con il sistema bancario. Per questo stiamo definendo le procedure, i tempi e le modalità”.

A proposito del cumulo gratuito dei periodi contributivi, Patriarca ha spiegato che l’istituto della ricongiunzione onerosa non è stato abolito. “Abbiamo istituito un ulteriore canale che è quello del cumulo gratuito. E cioè si possono mettere insieme gli spezzoni contributivi, e questo mettere insieme vale anche ai fini della pensione anticipata, e si ha il calcolo della prestazione pensionistica pro quota, in rapporto alle norme di ogni regime. La ricongiunzione onerosa è una cosa diversa, non è stata abolita”.