Uil, con la decontribuzione rischio taglio alle pensioni del 3%

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Studio del Sindacato che propone di fiscalizzare anche il contributo del lavoratore

La Uil lancia l’allarme di un taglio del 3% alle pensioni dei neoassunti, se passa l’ipotesi, per la prossima legge di Bilancio, della decontribuzione così come è stata annunciata dal Ministro Padoan.

La stima è contenuta in uno studio del servizio politiche previdenziali della Uil, che tende a spiegare che solo se la decontribuzione riguarda, oltre all’aliquota a carico del datore di lavoro, anche quella a carico del lavoratore, non porterà alla riduzione dell’assegno pensionistico futuro del neoassunto e non peserà sull’equilibrio delle gestioni previdenziali.

L’ipotesi del Governo

L’ipotesi a cui sta lavorando il Governo è quella, in caso di nuove assunzioni a tempo indeterminato, di un dimezzamento dei contributi a carico dei datori di lavoro per un periodo di due-tre anni: in questo modo il prelievo contributivo passerebbe dal 30-33% al 15 per cento, con un limite di esonero annuo fino a tremila euro.

Successivamente, proprio per rendere strutturale il taglio, si dovrebbe prevedere un periodo di contribuzione agevolata al 15%, riducendo così il cuneo di quattro-cinque punti percentuali.
Il pacchetto dovrebbe costare circa 900 milioni di euro nel 2018 e tra 1,5 e 2,5 miliardi a regime.

La proposta della Uil

La Uil propone che la decontribuzione riguardi anche l’aliquota a carico del lavoratore, oltre a quella a carico del datore di lavoro.

Lo studio della Uil illustra che una mancata fiscalizzazione anche del contributo a carico del lavoratore comporterebbe una riduzione permanente del 3% del trattamento pensionistico del lavoratore neoassunto con decontribuzione.

Si dimostra nella simulazione della Uil che un lavoratore con un reddito attuale di 20.660 euro lordi annui vedrebbe la propria pensione mensile scendere da 2.216 euro a 2.157 euro, con una perdita di 59 euro.

Pertanto per rendere più equa la norma, la Uil propone che la decontribuzione riguardi anche l’aliquota a carico del lavoratore, che vedrebbe anche aumentare il proprio reddito disponibile.

Infatti nel caso di un lavoratore neoassunto con un reddito medio di 20.660 euro lordi annui, una riduzione del 50% del contributo comporterebbe un aumento in busta paga di 74 euro lordi mensili.

La simulazione

Nella simulazione vengono sviluppate due ipotesi di decontribuzione per i neoassunti a tempo indeterminato.
Nella prima simulazione vengono sintetizzati gli effetti di una decontribuzione del 50% per i primi tre anni e che agisce solo sulla quota a carico del datore di lavoro (23,81%), senza alcun beneficio per il lavoratore.

Se la decontribuzione fosse applicata alla sola quota datoriale, su un reddito medio di 20.6602 euro lordi, il vantaggio per il datore di lavoro sarebbe di 7.490 euro complessivi per i tre anni.

Tuttavia gli effetti a lungo termine della decontribuzione triennale al 50%, sulla sola quota datoriale, causerebbe un danno sul futuro trattamento pensionistico : ad esempio, con un reddito medio di 20.660 euro lordi annui la riduzione mensile permanente sulla futura pensione sarebbe di 59 euro, con un tasso di sostituzione (il rapporto tra ultimo stipendio e pensione) che scenderebbe dal 78% al 76%.

Nella seconda simulazione invece viene mostrata l’ipotesi di una decontribuzione a carico dello Stato al 50%, che agisce sull’intera aliquota (33%), sia datoriale (23,81%) che a carico del lavoratore (9,19%), prendendo come riferimento sempre un reddito di 20.660 euro lordi. L’ effetto totale della decontribuzione stimabile ammonterebbe a 10.381 euro, con un aumento medio del reddito lordo disponibile per il lavoratore pari a 74 euro mensili nei tre anni.