La previdenza complementare diventa sempre più flessibile

Roberto Carli -

L’evoluzione del mercato del lavoro guarda con sempre maggiore attenzione a un rafforzamento del ruolo degli strumenti di flessibilità in uscita ai fini pensionistici quale ammortizzatore sociale.

Lo sottolinea l’Ivass in un recentissimo documento pubblicato sul proprio sito che riporta una interessante Analisi sui trend dell’industria assicurativa italiana nel primo semestre 2017.

Nel sistema previdenziale obbligatorio si è introdotto a tale fine in via sperimentale fino al 2018 l’Anticipo pensionistico nella triplice versione dell’Ape volontaria, dell’Ape aziendale (per entrambi questi strumenti ad inizio settembre dovrebbe essere finalmente pubblicato, in forte ritardo rispetto all’originaria decorrenza del 1 maggio il decreto attuativo dopo le recenti osservazioni del Consiglio di Stato) e dell’Ape sociale (per cui il 15 luglio si è conclusa la fase dell’invio delle domande).

L’obiettivo è quello di consentire una fuoriuscita anticipata dal mercato del lavoro senza però impattare sull’impianto strutturato dal ciclo evolutivo delle riforme e sul debito pubblico, abbattendo anche le “barriere all’ingresso” per l’occupazione giovanile.

Al contempo si cerca di restilizzare normativamente il meccanismo di funzionamento dei fondi pensione introducendo connotati più spiccati di flessibilità sia per supportare l’eventuale decisione di uscire anticipatamente dal mercato del lavoro da parte dell’aderente che per rilanciare le iscrizioni ai fondi pensione, percepiti nell’immaginario collettivo come uno strumento troppo rigido e vincolante.

In questa prospettiva si dirige per esempio la introduzione nella Legge di Stabilità 2017 della “RITA” – Rendita integrativa temporanea anticipata che ha ugualmente natura sperimentale in parallelo all’Ape nell’orizzonte temporale che decorre dal 1° maggio 2007 fino al 31 dicembre 2018. .

Si tratta di una rendita che decorre dall’accettazione della richiesta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici obbligatori. L’erogazione si presenta come una sorta di «riscatto in forma frazionata» la cui entità viene individuata liberamente dal lavoratore con l’obiettivo di calibrare la propria flessibilità in uscita. Potranno accedervi gli aderenti ai fondi pensione che abbiano cessato il rapporto di lavoro in possesso dei requisiti per accedere all’Ape volontaria e aziendale, vale a dire età anagrafica minima di 63 anni e che maturino il diritto a una pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi, purché in possesso del requisito contributivo minimo di venti anni.

Occorre poi avere diritto a fruire di una pensione obbligatoria, al netto delle rate di ammortamento dell’Ape eventualmente richiesta, pari o superiore, al momento dell’accesso alla prestazione a 1,4 volte il trattamento minimo previsto nell’assicurazione generale obbligatoria.

Sarà l’iscritto al fondo pensione, che abbia diritto alla percezione dell’Ape (è necessario essere in possesso del “titolo” ad accedervi mentre non è necessaria la materiale fruizione) che dovrà valutare quanta parte del montante accumulato impegnare a titolo di “rendita integrativa temporanea anticipata”, potendo la stessa gravare sull’intero importo della posizione individuale o su una sua porzione.

Dal punto di vista fiscale va ricordato come la rendita temporanea, per la parte imponibile, è assoggettata a ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. Nel confronto in atto tra Governo e Sindacati si sta ragionando sulla possibilità di ampliare la valenza della Rita come strumento di flessibilità in uscita svincolandola dal legame con l’Ape.

Sotto il profilo della flessibilità in uscita va poi ricordato come sia intervenuta anche la Legge Concorrenza recentemente approvata. Si prevede infatti come i fondi pensione, in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 24 mesi (la normativa attualmente vigente fissa tale anticipo invece a 48 mesi), consentano l’accesso alle prestazioni pensionistiche o parti di esse con un anticipo di cinque anni rispetto ai requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza.

Le prestazioni pensionistiche possono essere poi erogate, su richiesta dell’aderente, in forma di rendita temporanea, fino al conseguimento dei requisiti di accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio. Gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari possono innalzare l’anticipo fino a un massimo di dieci anni