AllianzGI: cinque messaggi chiave dall’Investment Forum di Hong Kong

Neil Dwane -

Il primo Investment Forum del 2019 di AllianzGI si è tenuto a Hong Kong, la principale piazza finanziaria asiatica, una scelta apparsa particolarmente opportuna in tempi di mercati agitati dalle tensioni commerciali fra Stati Uniti e Cina.

  1. Pensare al futuro, adottando un’ottica di lungo termine
    I mercati negli ultimi tempi hanno manifestato un certo nervosismo. Pur comprendendo i timori di un raffreddamento dell’attuale lungo ciclo espansivo e di una recessione, a nostro avviso non siamo ancora alla fine del ciclo. Occorre guardare oltre la volatilità e le correzioni di mercato, e considerare i benefici di lungo termine che derivano dal reinvestire i rendimenti (effetto “compounding”); focalizzarsi non sulle notizie di immediata attualità e le turbolenze politiche, ma sulla solidità dei bilanci e sugli altri indicatori di qualità e sostenibilità degli investimenti.
  2. Diversificare su tutte le asset class con una gestione attiva
    Oltre a diversificare con un mix di azioni, obbligazioni e liquidità, è utile considerare gli investimenti alternativi, che presentano una ridotta correlazione con le asset class tradizionali e possono migliorare il profilo rischio/rendimento del portafoglio. Si può inoltre integrare la diversificazione con idee ‘contrarian’ (es: azioni britanniche) e coperture anti-cicliche (inclusi ad es. i Treasury USA). Le obbligazioni sovrane asiatiche e dei Paesi emergenti offrono inoltre opportunità interessanti nella ricerca di rendimento.
  3. Sfruttare la volatilità a proprio favore, con una gestione attiva
    I mercati hanno manifestato segnali di tensione a fine 2018, ma il nervosismo potrebbe essere stato eccessivo. Questo tipo di volatilità pare destinata a protrarsi, per le tensioni geopolitiche, la normalizzazione delle politiche monetarie e altri fattori. Riteniamo che le correzioni dei mercati, sia azionari che obbligazionari, possano rappresentare fonti di opportunità per chi adotta un approccio attivo e selettivo, un’occasione per tornare a investire in determinati asset rischiosi. Chi adotta un approccio passivo, con benchmark rivolti al passato, potrebbe non riuscire a cogliere le opportunità future limitandosi a seguire la volatilità del mercato. I rally nelle quotazioni possono rappresentare occasioni per ridurre alcune posizioni, ma è necessario resistere alla tentazione del market timing.
  4. Il rischio principale è non assumere alcun rischio
    Si può essere confusi e non sapere in cosa investire nell’attuale contesto di mercato, ma non assumere alcun rischio può paradossalmente rivelarsi la scelta più rischiosa, perché può comportare l’erosione del capitale nel tempo e far perdere le opportunità interessanti che a nostro avviso tuttora esistono. È invece importante mitigare opportunamente il rischio puntando su investimenti di qualità, il cui valore sia confermato dalla solidità dei bilanci, da dividendi sostenibili e solida governance societaria, e affidarsi all’analisi fondamentale per individuare i titoli azionari, i settori e le tendenze che offrono prospettive di crescita e beneficiano dei trend di lungo periodo.
  5. Migliorare il profilo rischio/rendimento con i fattori ESG
    Gli investimenti ESG (Environmental Social Governance) valorizzano i fattori ambientali, sociali e di governance e stanno riscuotendo un crescente interesse fra gli investitori, e per validi motivi. La valutazione dei fattori ESG è infatti un ottimo strumento per individuare opportunità di qualità, di miglioramento e apprezzamento del valore di un investimento. Le aziende che dedicano attenzione ai criteri ESG sono meglio posizionate nel lungo termine, e investire in questi titoli può contribuire a migliorare la performance dei portafogli. In economie emergenti come la Cina si promuove sempre più una governance solida, che favorisce la crescita responsabile dell’azienda e contribuisce ad accrescere l’attrattività di questi mercati a mano a mano che le imprese evolvono nelle loro prassi.

Principali temi d’investimento
La crescita può rivelarsi eterogenea a livello mondiale, ma un approccio attivo può consentire di affrontare i timori di recessione
Il 2018 è stato in generale un anno sfidante, caratterizzato da scarsi rendimenti e rinnovata volatilità, con poche “possibilità di rifugio” per gli investitori, soprattutto nella sua parte conclusiva. Accanto ai crescenti segnali di rallentamento dell’economia mondiale, si distinguono più nettamente gli elementi che caratterizzano la fase finale del ciclo: gli utili delle imprese hanno raggiunto un picco, si attenuano gli effetti dello stimolo fiscale, le Banche Centrali immettono meno liquidità sul mercato.

Tuttavia, probabilmente la questione più delicata per l’economia mondiale è l’indebitamento. Di fatto, l’ultima crisi è stata risolta aumentando il debito. Con un rapporto debito/PIL intorno al 300% nel 2018, la Cina è tra i Paesi posizionati peggio, ma non è l’unica: il debito denominato in dollari USA all’infuori degli Stati Uniti ha raggiunto livelli record. Le aziende turche, ad esempio, nei prossimi anni dovranno rifinanziarsi per 250 miliardi di dollari americani e, con i tassi destinati ad aumentare, non sarà facile.

Gli economisti possono discutere di quale sia il livello “normale” dei tassi di interesse, ma, in generale, i tassi non si sono ancora normalizzati e sembrano destinati a rimanere bassi ancora a lungo. La ricerca di rendimento è per questo ancor più pressante, in particolare visto il rischio di erosione del capitale e del potere d’acquisto nel tempo anche in presenza di livelli d’inflazione contenuti.

Dove trovare opportunità di rendimento allora? Le obbligazioni asiatiche offrono un potenziale di rendimento attraente. Lo stesso vale per le obbligazioni high-yield, anche se l’indebolimento della crescita, l’aumento della volatilità e la riduzione della qualità creditizia impongono un’attenta selezione. Opportunità di rendimento si ravvisano inoltre nelle cedole dei dividendi di titoli azionari asiatici ed europei, un po’ meno in quelli statunitensi, oltre che nelle obbligazioni indicizzate all’inflazione.

La crescita economica a livello mondiale è sempre più eterogenea, ed è in rallentamento negli Stati Uniti, dove crescono i timori di una recessione. Tuttavia, ancorché l’economia statunitense nel 2019 possa decelerare, come viene segnalato dall’appiattimento della curva dei rendimenti e dall’indebolimento del mercato immobiliare, appare improbabile che quest’anno si arrivi alla recessione. E anche qualora dovesse verificarsi, siamo convinti che un approccio attivo consenta di individuare opportunità di investimento interessanti concentrandosi sui fondamentali, anche attraverso ricerca e analisi proprietarie.

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Trump e Brexit non sono le uniche questioni politiche, semplicemente sono quelle su cui è concentrata l’attenzione dei media e dei mercati

I mercati non sono più imperturbabili di fronte al manifestarsi di tensioni di natura geopolitica. Le notizie sui populismi e il diffondersi di sentimenti contrari alla globalizzazione spaventano gli investitori sui mercati azionari, obbligazionari e valutari. Fare passi indietro sulla globalizzazione comporta maggiori difficoltà per le aziende ad ottenere costi più competitivi e ad ottimizzare supply chain e margini. Una guerra commerciale non potrebbe che peggiorare le cose.

Negli Stati Uniti, il Presidente Trump si deve confrontare con un Congresso diviso e una rinnovata attenzione dei Democratici a far valere il sistema di controlli ed equilibri. Presto Trump si concentrerà sulla campagna per le presidenziali del 2020 e su quei temi che incontrano favore nel suo elettorato, in particolar modo la politica commerciale. Pertanto, non saremmo sorpresi se presto trovasse il modo di smorzare le tensioni commerciali con la Cina dichiarando di aver ottenuto una vittoria. È altresì possibile che cerchi di trovare un accordo con i Democratici su temi di comune interesse, come gli investimenti in infrastrutture o una riforma mirata del sistema sanitario, anche se qualsiasi provvedimento volto a ridurre i prezzi dei farmaci potrebbe colpire i titoli del settore farmaceutico.

In Europa, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea è un tema che pare destinato a protrarsi a lungo. Quale che sia la strada che verrà intrapresa per la Brexit, l’accentuarsi delle frizioni commerciali con l’Europa appare inevitabile. Le ripercussioni sui singoli Paesi dell’Unione Europea e sui settori economici del Regno Unito saranno diverse, ma in ogni caso la Brexit comporterà evoluzioni piuttosto accidentate per gli asset britannici.

Le elezioni per il Parlamento Europeo, la battaglia politica interna in Italia e in Francia, l’indebolimento della locomotiva tedesca, ma anche importanti appuntamenti elettorali in India e in Indonesia sono gli altri eventi che contrassegneranno l’anno in corso. Gli investitori dovranno fare attenzione a non lasciarsi sfuggire opportunità in determinate aree geografiche o settori sulla base degli sviluppi generali che si profileranno. Un approccio ‘contrarian’ premiante si fonda sulla selezione e l’analisi specifica dei singoli titoli, puntando su quelli con fondamentali solidi.

Una “tech cold war” potrebbe comportare maggiori contraccolpi di un conflitto sul fronte commerciale

Il concentrarsi dell’attenzione dei media sulle tensioni commerciali fra Stati Uniti e Cina potrebbe lasciare in ombra la minaccia ben più seria di un’eventuale “guerra fredda sul fronte delle tecnologie” fra le due maggiori economie del pianeta.

Gli Stati Uniti vedono nella Cina una minaccia sul fronte strategico delle tecnologie mentre la Cina ambisce a diventare meno dipendente dalle tecnologie americane. Le due potenze sono accomunate dal timore di diventare troppo dipendenti l’una dall’altra sulle tecnologie di cui entrambe si avvalgono, soprattutto ora che intravedono il rischio di paralisi delle supply chain che deriverebbe da un conflitto commerciale tra loro. Nel tempo potrebbero emergere due ecosistemi tecnologici concorrenti, uno americano e uno cinese, e il resto del mondo, compresi i Paesi asiatici vicini alla Cina, essere chiamati a schierarsi a favore dell’uno o dell’altro. Ciò arrecherebbe danno ai modelli di business e alle supply chain, soprattutto quelli delle grandi aziende americane del comparto tecnologico i cui ‘cervelli’ sono nella Silicon Valley ma gli impianti produttivi in Asia.

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D’altro canto, altri Paesi, soprattutto Tailandia e Vietnam, ma anche India e Indonesia, potrebbero trarre vantaggio dall’inasprirsi della competizione fra Cina e USA. Pertanto anche nell’eventualità di una ‘tech cold war’ che lascerebbe degli ‘sconfitti’ sul terreno, si profilerebbero opportunità per assumere rischi e ottenere rendimenti puntando sui ‘vincitori’ che emergerebbero da tale conflitto.

Nel complesso, crediamo che Cina e Stati Uniti abbiamo bisogno l’uno dell’altro più di quanto possano fare a meno l’uno dell’altro, e questo fa presagire un abbassamento dei toni della retorica della guerra commerciale prima di giungere a una eventuale riconciliazione finale. Sino a che ciò non si verificherà, potremmo assistere al protrarsi di volatilità e crescita più contenuta, e in tale frangente gli investitori potrebbero voler puntare, in ambito azionario, su temi high-tech solidi e di lungo termine come “smart cities”, “intelligenza artificiale” e “disruption”.

La Cina è un asset class di per sé

La Cina è un tema su cui gli investitori sono divisi. Molti ne evidenziano la crescente potenza economica, che trarrà forza dall’innovazione e dal riorientamento sui consumi interni, e la considerano la “storia d’investimento” più attraente nel Ventunesimo Secolo. Altri invece manifestano preoccupazioni rispetto all’ingerenza del governo di Pechino, alle tensioni commerciali con gli Stati Uniti e al finanziamento con debito pubblico dello sviluppo economico del Paese. Il mercato azionario interno cinese, dominato da investitori retail con ottica di breve periodo, è soggetto a volatilità.

Le sfide che la Cina deve affrontare sono chiare e riteniamo che Pechino sia ben posizionata per gestirle. Il governo del Paese è cosciente della necessità di ridurre i livelli di debito e di controllarne l’utilizzo. La leadership cinese è impegnata per ottenere il giusto equilibrio tra riforme e crescita, e pensiamo che agirà adottando tutte le misure necessarie per avere successo. Basta solo guardare alle dimensioni del Piano “Made in China 2025” e al programma infrastrutturale della Nuova Via della Seta (“One Belt, One road”) per rendersi conto dell’impegno profuso dalla Cina per garantirsi un futuro di successo. Il Paese è capace di sopportare misure draconiane per ottenere benefici di lungo termine

Molti dei nostri clienti esprimono un analogo giudizio di lungo termine riguardo alla Cina. Benché la disputa commerciale in corso costituisca una criticità, riteniamo che nel medio/lungo termine troverà soluzione. E persino nell’eventualità di una “tech cold war”, gli investitori potrebbero trarre benefici da esposizioni a entrambi gli ecosistemi.

Per investire con successo nei mercati azionari di quel Paese occorre adottare un’ottica di lungo periodo e concentrarsi sui fondamentali. È essenziale a tal fine incorporare i fattori ESG. A maggio 2018, l’86% delle azioni di classe A cinesi presenti nell’Indice MSCI presentavano rating al di sotto della media per gli aspetti legati alla governance. Questo esempio ben chiarisce le ragioni per cui svolgiamo una ricerca interna sui criteri ESG: eseguire noi stessi le valutazioni di questi fattori di cruciale rilevanza per condividere i nostri insight con i nostri clienti.

La Cina è un asset class attraente per molti investitori sia sul fronte azionario, soprattutto ora che le azioni cinesi di classe A non godono di molto favore sui mercati, sia nel reddito fisso, inserendo quei titoli che offrono un potenziale rendimento reale attraente per completare un portafoglio obbligazionario globale. Crediamo che con il migliorare degli standard ESG, miglioreranno ulteriormente anche le opportunità di investimento in Cina.


Neil Dwane – Global Strategist – AllianzGI