Correzione o mercato ribassista? 6 grafici che analizzano le flessioni di mercato

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Le turbolenze di mercato cominciate all’inizio del 2018 si sono intensificate nel prosieguo dell’anno, con l’indice S&P 500 Composite in calo di quasi il 20% tra il picco di settembre e la fine di dicembre.

Questo calo ha messo stabilmente le azioni statunitensi in territorio di correzione (tipicamente definito come un calo del 10% da un recente picco) e ha spinto a chiedersi se possa essere l’inizio di una flessione ben più significativa.

Ma quanto spesso le correzioni di mercato si traducono in mercati ribassisti consolidati? Non molto spesso. Infatti, un’analisi del mercato azionario statunitense mostra che vi sono già state 6 correzioni di mercato a partire dall’attuale fase rialzista iniziata nel 2009.

 

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Esistono innumerevoli motivi alla base delle flessioni di mercato a breve termine, ma una fase ribassista prolungata (un calo di almeno il 20% da un picco) di solito deriva da gravi squilibri economici che in genere comportano anche una recessione. La lenta ripresa dell’attuale fase espansiva ha ritardato l’insorgere di squilibri per anni, ma negli ultimi mesi abbiamo iniziato ad osservarne alcuni crescere, come ad esempio il debito corporate. Nell’attuale contesto, queste problematiche non sembrano così gravi da causare una recessione a breve termine, ma richiederanno un attento monitoraggio nel prossimo anno.

Di seguito sono descritti cinque punti chiave da considerare riguardo alle flessioni di mercato:

1. Le correzioni di mercato sono piuttosto comuni.

Le contrazioni di mercato sono più comuni di quanto si possa pensare. Persino un calo del 5% in un breve periodo può risultare destabilizzante, ma cali del genere si verificano in media tre volte all’anno. Anche le correzioni di mercato pari o superiori al 10% sono sorprendentemente comuni e hanno avuto luogo in media una volta all’anno.

 

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La volatilità all’inizio del 2018 può essersi rivelata più destabilizzante del solito poichè è sopraggiunta dopo un anno in cui non si è registrato nemmeno un calo del 5%. Tuttavia, i movimenti di mercato del 2018 sono molto più tipici rispetto a quelli del 2017. Infatti, dal 1980 ci sono stati solo 4 anni in cui non si è registrato un calo di tale entità.

2. In genere i mercati si sono ripresi rapidamente.

Anche se i mercati possono sembrare pessimisti durante periodi di elevata volatilità, spesso si riprendono rapidamente. Nonostante in media una correzione a doppia cifra all’anno, 31 degli ultimi 41 anni solari si sono chiusi con rendimenti positivi.

 

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I rendimenti azionari raggiungono spesso la massima solidità dopo una flessione quando gli investitori ritengono che il mercato abbia reagito in maniera eccessiva a tale flessione. Il rendimento medio nei 12 mesi immediatamente successivi a un calo di almeno il 15% è pari al 55%. Ecco perchè spesso restare calmi e mantenere la rotta può rivelarsi una scelta redditizia.

3. I mercati ribassisti sono stati rari al di fuori di una recessione.

Negli ultimi 50 anni, solo 8 su 36 correzioni di mercato sono state classificate come mercati ribassisti. La maggior parte dei mercati ribassisti coincide con periodi di recessione, che tra l’altro sono relativamente rari. In assenza di una recessione, la crescita dell’economia può stimolare una crescita positiva degli utili aziendali, a sostegno delle quotazioni azionarie. Le flessioni di mercato al di fuori di una recessione sono state tendenzialmente più brevi e hanno registrato una ripresa molto più rapida rispetto a quelle occorse durante una recessione.

 

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Prevedere l’inizio della prossima recessione è un compito arduo, ma è piuttosto evidente che gli Stati Uniti si trovano nelle ultime fasi di una prolungata espansione economica. Di solito le recessioni iniziano a seguito di eccessi in un contesto di surriscaldamento dell’economia, e stiamo iniziando ad osservare i primi segnali di questa situazione. Va segnalato che sia il debito corporate che il debito pubblico sono in costante aumento. Il sistema bancario ombra (operazioni finanziarie non regolamentate) è in crescita, e le società continuano ad indebitarsi per pagare dividendi, effettuare riacquisti di azioni proprie e finanziare l’attività di M&A. Anche gli effetti dei dazi sul commercio e sulla crescita a livello globale dovranno essere monitorati nel prossimo anno.

In questa fase, gli squilibri non sembrano così estremi da far deragliare l’economia nel breve termine, tuttavia lasciano presagire una certa debolezza nel corso del 2020, secondo i nostri economisti. Se l’allentamento della politica monetaria dovesse continuare, le conseguenze di tali squilibri potrebbero essere posticipate.

4. Anche i mercati ribassisti hanno avuto una durata relativamente breve.

Un’analisi a lungo termine può aiutare gli investitori a contestualizzare opportunamente i mercati ribassisti. Dal 1949 sono stati registrati nove periodi in cui l’indice S&P 500 ha registrato un calo pari o superiore al 20%. Pur essendo ovvio che la flessione media del 33% registrata in questi cicli puo? essere difficile da sostenere, perdere parte del rendimento medio delle fasi rialziste (pari al 263%) potrebbe essere ancora peggio.

 

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I cicli ribassisti hanno avuto una durata media di 14 mesi, un periodo di tempo relativamente breve rispetto ai 71 mesi di durata media dei cicli rialzisti: un ulteriore motivo per cui cercare di pianificare le decisioni di investimento può essere difficile nonchè in genere avventato.

5. La volatilità può aggravare gli errori degli investitori.

Comprare al ribasso e vendere al rialzo: è una delle frasi più frequenti in materia di investimento, ma molto spesso è esattamente il contrario di come in realtà agisce la maggior parte degli investitori. Basta osservare i flussi azionari statunitensi dall’inizio della fase ribassista 2008-09.

Nel 2009, con i mercati che hanno toccato livelli minimi che non si registravano da oltre un decennio, gli investitori sono stati venditori netti. Questa situazione è proseguita anche quando i mercati hanno registrato un forte rally negli anni successivi. E’ stato solo nel 2014 che gli investitori sono tornati ad essere acquirenti netti, dopo aver perso alcuni dei migliori rendimenti che non si registravano da anni. I flussi di asset hanno raggiunto livelli record nel 2017 e 2018: più di otto anni in una fase rialzista quando i mercati stavano raggiungendo i massimi storici e le valutazioni erano in aumento.

 

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Le flessioni di mercato possono essere difficili da sostenere, ma invece di cercare di prevedere il mercato, spesso per gli investitori è più utile esaminare periodicamente i propri investimenti per assicurarsi di essere pronti ad affrontare un’elevata volatilità.