Dicotomia tra indici PMI

Olivier De Berranger -

Le dichiarazioni di Peter Praet, Capo Economista della Banca Centrale Europea, che avvalorano le osservazioni di Benoît Coeuré sulla predisposizione di nuove operazioni di rifinanziamento bancario a lungo termine (TLTRO) e la pubblicazione dei verbali dell’ultima riunione della Fed; i dati non incoraggianti riferiti agli ordini di beni durevoli negli Stati Uniti e i sondaggi IFO e ZEW ancora sotto tono in Europa; le speranze ma anche le incertezze relative all’incontro tra D. Trump e il vice premier cinese … Il trittico, sempre lo stesso, continua a generare notizie e movimenti sui mercati con i discorsi più accomodanti delle banche centrali, i timori nei confronti della crescita globale e i negoziati commerciali sino-americani.

Su questo sfondo immutato la scorsa settimana abbiamo osservato un fenomeno interessante: la pubblicazione degli indici preliminari PMI per il mese di febbraio. Negli Stati Uniti, in Germania e nell’Eurozona i dati del settore manifatturiero sono peggiorati, riservando quindi delusioni, mentre erano in ripresa quelli relativi ai servizi che superavano il consensus. Questo scollamento tra la fiducia riposta nel settore industriale da un lato, e il terziario dall’altro, non è eccezionale benché susciti alcuni interrogativi. Dal punto di vista dei mercati finanziari il PMI manifatturiero rimane uno degli indicatori più monitorati, prima del PMI dei servizi come dimostra, ad esempio, lo score Bloomberg che misura l’impatto potenziale dei dati economici sui mercati ed è sistematicamente più alto per il settore manifatturiero rispetto al terziario.

Eppure, dato il loro peso nell’economia, sono i servizi a farla da padrone. Rappresentano il 60% circa dell’economia mondiale e persino di più nei paesi sviluppati (69% in Germania, 80% negli Stati Uniti). Negli emergenti, con la Cina che fa da capofila tra i paesi che stanno trasformando i loro modelli di business, questa proporzione è in costante aumento. Non è di certo una novità! La terziarizzazione dell’economia dura infatti da quasi un secolo dato che nei paesi sviluppati il peso del settore terziario superò già negli anni ’30 quello dei settori agricolo e industriale.
E’ quindi lecito domandarsi perché persista la preminenza del settore industriale nell’analisi economica. Il settore terziario, ed è questa la ragione principale, si è sviluppato alla stregua di un prolungamento del settore manifatturiero dove il livello di attività nei servizi è direttamente collegato con il livello di attività nel settore industriale. L’attività industriale, misurata dal PMI manifatturiero, è quindi un buon leading indicator di quella nel settore dei servizi. Ma si conferma oggi ancora questa dipendenza del settore terziario da quello manifatturiero? Sembrerebbe meno ovvia nelle economie mature dove, con lo sviluppo dei servizi alle imprese e alla persona, cambiano i modelli di consumo e cresce la digitalizzazione.

Tuttavia, se ci concentriamo sui PMI nei servizi che riflettono buona parte dell’attività economica, i dati pubblicati la scorsa settimana e, più in generale l’immagine dell’economia mondiale, assumono un colore diverso. Anche se i dati del terziario evidenziano un rallentamento della crescita rimangono per la maggior parte ben al di sopra della soglia dei 50 (che segna il confine tra espansione e contrazione dell’attività) mentre le loro controparti manifatturiere la sfiorano o si posizionano addirittura al di sotto di questo livello. Se ne deduce che buona parte dell’economia non sta andando poi così male. E’ una buona notizia, purtroppo trascurata!


Olivier De Berranger – Chief Investment Officer – La Financière de l’Echiquier