Debito emergente, outlook costruttivo nonostante la trade war

Anisha Goodly -

È stato sicuramente un anno interessante finora per i Mercati Emergenti. I primi tre mesi hanno rappresentato il miglior primo trimestre di sempre per l’indice EMBI Global Diversified, dato che molte delle difficoltà che avevano ostacolato l’asset class nel 2018 hanno iniziato a invertirsi.

Vi è stata infatti:

  • La svolta ‘dovish’ della Fed;
  • Segni di un miglioramento della crescita in Cina;
  • Un sentiment temporaneamente migliore sulle trattative commerciali tra USA e Cina

Nelle ultime settimane, il sentiment su quest’ultimo aspetto si è nuovamente deteriorato, con l’escalation delle tensioni commerciali che minaccia nuovamente la crescita globale. Ciò non ha cambiato significativamente la nostra visione costruttiva sul debito emergente, e i movimenti di mercato nelle scorse settimane sono stati relativamente ridotti. Tuttavia, questo rimane un periodo di incertezza, che durerà finché non sarà più chiara la direzione dei negoziati tra USA e Cina.

Debito dei Mercati Emergenti: il contesto attuale

I Mercati Emergenti sono una parte importante e in crescita dell’economia mondiale, che rappresenta quasi il 60% del Pil e quasi il 70% della crescita nel 2019 a livello globale. Lo spread tra i tassi di interesse reali sul debito dei Paesi Emergenti e Sviluppati è ancora vicino al margine superiore del range riscontrato negli ultimi tempi e la svolta della Fed a gennaio ha eliminato la pressione sulle banche centrali emergenti ad alzare i tassi. Inoltre, i tassi reali emergenti sono decisamente più elevati ora rispetto all’inizio del taper tantrum nel 2013.

Dal punto di vista dell’inflazione i Mercati Emergenti sono vicini ai minimi più recenti. La debolezza continuata delle principali economie emergenti rende improbabili sia un ulteriore ribasso, sia un rialzo improvviso nel breve-medio termine. Inoltre, in assenza di uno scenario ‘no deal’ nella disputa commerciale USA-Cina, il differenziale tra la crescita dei Mercati Emergenti e Sviluppati dovrebbe ampliarsi marginalmente nel 2019, soprattutto a causa della crescita ridotta nel mondo sviluppato. Ciò storicamente è stato favorevole ai flussi attivi e passivi verso gli Emergenti.

L’impatto della guerra commerciale

Nel caso di una trade war prolungata, ci sono alcuni chiari ‘perdenti’ – Taiwan, Corea e Giappone, tutti profondamente integrati nelle supply chain globali. Ma vi sono anche dei potenziali vincitori: Vietnam, Cambodia e Laos potrebbero beneficiare di uno spostamento di capacità produttiva al di fuori della Cina. Sia il Brasile che l’Argentina sarebbero ovvie fonti alternative agli Stati Uniti per le importazioni agricole della Cina, e il Messico potrebbe beneficiare dello spostamento dei commerci, soprattutto nei prodotti a basso valore aggiunto.

Negli ultimi sei mesi la Cina ha introdotto una serie di misure di stimolo sia fiscali che monetarie, per un valore pari all’1,5%-1,75% del Pil. I dati più recenti indicano che tali misure stanno avendo effetti positivi. Il settore dei servizi ha resistito finora quest’anno e quello manifatturiero è in recupero. Il real estate e le infrastrutture sembrano aver superato il punto di minimo, ma i dati sull’attività nel complesso sono ancora deboli.

In caso di trattative commerciali prolungate, ci aspetteremmo che la Cina aumenti il ritmo delle misure di easing, puntando ad una crescita più elevata del credito nel complesso e incrementando lo stimolo fiscale potenzialmente di un valore fino a 50 punti base di Pil. In particolare, le iniziative potrebbero includere un aumento della spesa pubblica in infrastrutture, misure di spesa specifiche a favore dei consumatori e ulteriore stimolo monetario con il taglio del coefficiente di riserva obbligatoria. In mancanza di un accordo commerciale, ci si può aspettare un ulteriore stimolo fiscale di circa 100 punti base di Pil e prestiti aggiuntivi da parte delle banche pubbliche.

Debito emergente: valutazioni attraenti

Non sono solo i fondamentali ad incoraggiare l’interesse degli investitori per l’asset class, ma anche valutazioni tali da aiutare a controbilanciare i rischi. Il 40% dell’obbligazionario globale offre rendimenti del 2% o inferiori e vi sono più di 10.000 miliardi di dollari di debito governativo con rendimenti negativi: in questo scenario, sempre più investitori istituzionali stanno pianificando allocazioni tattiche ai Mercati Emergenti.

Inoltre, le valutazioni emergenti sono basse rispetto alla media a lungo termine, con lo spread dell’indice EMBI Global Diversified attorno a 360 punti base, rispetto ad una media di lungo termine di 350.

Per quanto riguarda le valute locali emergenti, nel breve periodo la performance continuerà ad essere spinta dalle notizie legate al commercio. Il dollaro USA finora ha resistito piuttosto bene, ma in ultima analisi dovrà indebolirsi, per la combinazione del rallentamento della crescita USA e dell’aumento dei deficit, che storicamente hanno messo la valuta sotto pressione. Inoltre, se la Cina si stabilizzasse, ci sarebbe margine per un recupero dell’Europa, che spianerebbe la strada per un rafforzamento delle valute dei Mercati Emergenti rispetto al dollaro. In altre parole, è difficile che vi sia un rally nelle valute emergenti rispetto al dollaro senza una stabilizzazione in Cina e un aumento della crescita economica in Europa.


Anisha Goodly – Emerging Markets Portfolio Specialist – TCW