Guerra e pace

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il 15 gennaio 2020 sarà ricordato come il primo armistizio tra le “truppe” statunitensi e quelle cinesi, poiché dopo un anno e mezzo di guerra commerciale si è giunti finalmente alla sigla del famoso “accordo di prima fase”, che rappresenta il primo passo verso una pace commerciale tra le due superpotenze economiche che dominano l’età contemporanea. Molte le critiche che hanno seguito la sigla dell’accordo, dalla mancata presenza del leader cinese Xi Jinping alla storica firma, all’ostentata prosopopea di Donald Trump al momento della firma, di certo dettata dalla campagna elettorale per le presidenziali di novembre ormai entrata nel vivo, alle evidenti difficoltà di far seguire alla prima fase una seconda, che implica affrontare temi ben più complessi delle mere tariffe doganali. Anche i mercati finanziari hanno salutato questa tregua in modo tiepido, ma pur sempre positivo, benché si debba riconoscere che l’accordo di prima fase sia stato festeggiato dai mercati già a partire da dicembre 2019, allorché è risultato chiaro che si sarebbe giunti alla tregua.

I mercati azionari internazionali hanno così proseguito nella loro lenta, ma inesorabile, marcia al rialzo la settimana scorsa, con l’indice statunitense S&P 500 che ha segnato ancora una volta il record storico a 3.329 punti, in rialzo dell’1,97% sulla settimana, sospinto dall’accordo sino-americano da un lato, dato che questo prevede maggiori importazioni statunitensi da parte della Cina di ben 200 miliardi di dollari nei prossimi due anni, e dall’altro da un avvio della stagione dei risultati trimestrali promettente, con le principali banche commerciali e d’investimento che hanno pubblicato utili solidi Bene anche l’Area Euro con un progresso dell’indice Eurostoxx 50 pari allo 0 49 ed il mercato italiano con un rialzo simile, +0,5% dell’indice FTSE MIB, così come il Giappone con il Nikkei 225 che avanza dello 0,8%. Lievemente negativo il mercato cinese, nonostante la firma dell’accordo ed un dato molto confortante sull’interscambio commerciale a dicembre 2019 pubblicato martedì 14 gennaio, con l’indice CSI 300 in negativo dello 0,2%. Nel loro complesso i Mercati Emergenti mostrano comunque un segno positivo con l’indice MSCI Emerging che progredisce dell’ 1,16%.

Sostanzialmente invariati i mercati obbligazionari governativi con il decennale USA che si attesta ad un rendimento dell’ 1,82% invariato sulla settimana, ed il decennale tedesco al -0,22% rispetto al -0,2% della settimana precedente Lieve allargamento del nostro differenziale con la Germania, con lo spread che sale da 152 a 159 punti base, in attesa delle elezioni regionali in Emilia Romagna previste per il prossimo 26 gennaio.

Quanto alle materie prime anche qui poche variazioni con il petrolio sostanzialmente invariato a 64,85 (-0,2%) dollari al barile (Brent) e l’oro che arretra del -0,33% a 1.557 dollari l’oncia.

Quanto alle divise internazionali da segnalare un rafforzamento sul finire di settimana del dollaro USA nei confronti dell’Euro con il cambio che si assesta al di sotto di quota 1,11 (1,1090).

In conclusione, appare evidente la buona intonazione dei mercati azionari, che dopo due sole settimane dall’inizio dell’anno registrano già progressi tra il 2 ed il 3% Dato che stiamo entrando nel vivo della stagione di pubblicazione degli utili del quarto trimestre 2019 sarà interessante verificare se le buone indicazioni iniziali possano estendersi a tutto il mercato ed in particolare grande attenzione dovrà essere posta ai commenti del management in riferimento alle prospettive future. Quanto alla “pace” di prima fase tra Stati Uniti e Cina, salutando comunque come buona notizia l’accordo, bisogna essere consapevoli che la “fase due” sarà più complessa ed è altresì difficile stabilire chi tra i due contendenti sia Napoleone e chi il Generale russo Kutusov ma soprattutto se siamo collocati temporalmente alla battaglia di Austerliz (1805) o a quella della Beresina (1812) la prima grande vittoria napoleonica, la seconda l’inizio della fine del rivoluzionario Imperatore.

Azioni

l mercato azionario americano è più costoso rispetto agli altri mercati. Non ci aspettiamo forti divergenze tra i mercati, ma abbiamo comunque una preferenza per la zona Euro che appare sottovalutata e che dovrebbe trarre vantaggio dall’accordo sulla Brexit e dalla ripresa mondiale del settore manifatturiero. Un altro fattore favorevole potrebbe essere costituito dall’indebolimento del dollaro USA. Nei mercati emergenti preferiamo le strategie value.

Obbligazioni governative

Il netto calo del rendimento dei gilt decennali britannici è da ricondurre all’orientamento più accomodante assunto da tre membri del comitato di politica monetaria della Bank of England. Vista la dinamica negativa dei dati reali, il governatore Carney ha dichiarato che sarebbe disposto ad allentare la politica monetaria se, a seguito delle elezioni di metà dicembre, gli indicatori sulla fiducia non suggerissero una forte ripresa del sentiment.

Obbligazioni corporate

Manteniamo la nostra opinione positiva sulle obbligazioni societarie per via del ridimensionamento delle incertezze geopolitiche, della stabilizzazione del quadro macroeconomico – soprattutto nella zona Euro e nei mercati emergenti- e del proseguimento della caccia al rendimento. Le valutazioni sono diventate più estreme soprattutto dopo la notevole compressione degli spread a dicembre, ma sul mercato delle obbligazioni liquide non sono stati ancora toccati i minimi ciclici e per il 2020 ci aspettiamo un rendimento simile a quello del carry.

Tassi di cambio

Lo yen ha messo a segno una performance piuttosto scarsa perché il sentiment dei mercati rimane ottimista. Le tensioni di inizio anno tra gli USA e l’Iran sembrano essersi risolte piuttosto rapidamente e gli investitori hanno assunto di nuovo un’allocazione favorevole agli attivi rischiosi.

Materie Prime

Il quadro complessivo rimane favorevole alle materie prime. L’offerta di petrolio è meno rigida che in passato perché gli shock temporanei possono essere assorbiti da altri produttori e l’elasticità del petrolio rispetto agli shock da offerta è ora minore. Le fiammate del prezzo del greggio dovrebbero essere di breve durata a meno che non si registri un’interruzione strutturale della produzione irachena che difficilmente potrebbe essere assorbita da altri produttori. Le politiche monetarie accomodanti e i bassi tassi reali favoriranno l’oro nel 2020.