Argentina, ennesima delusione per gli investitori internazionali

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Oggi scadono i termini entro cui i maggiori creditori dell’Argentina possono accettare l’ultima offerta del governo. I negoziati si sono fatti sempre più tesi e le autorità argentine dovranno estendere la scadenza oppure rassegnarsi all’inevitabile, innescando il nono default del paese.

Parliamo di una nazione che, come noto, era la quinta economia al mondo ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Non è mai stata invasa, occupata o saccheggiata. La sua caduta è dovuta interamente a cause interne

La banca centrale argentina fu fondata nel 1935, e nei 85 anni seguenti solo un governatore ha terminato il suo mandato: Ernesto Bosch, il primo, che ha guidato l’istituto per un decennio. Il paese detiene il poco gradevole record di aver speso più tempo in recessione rispetto a ogni altro, 22 anni dal 1960 ad oggi.

Il presidente Alberto Fernández è arrivato al potere a dicembre con un mandato chiaro: migliorare l’economia. Deve vedersela con risorse finanziare limitate, la pandemia di COVID-19 e un tessuto sociale già pesantemente deteriorato dalle diseguaglianze e dalla recessione economica. Non può far nulla di tangibile per migliorare le sorti dei suoi elettori in questo mandato, dunque perderà il supporto popolare; nel frattempo la sua vice, l’ex presidente Cristina Kirchner, gli sta col fiato sul collo, guadagnando potere e alienandosi le simpatie dell’opposizione a mano a mano che la sua figura cresce in rilevanza. L’intervento dello Stato aumenterà, indisponendo qualsiasi investitore internazionale ancora rimasto sul tavolo, con il paese che rischia di scivolare nell’irrilevanza.

È l’ennesima delusione per gli investitori internazionali, che sono stati sedotti da questa affascinante, volubile, appassionata e frustrante nazione, che ancora una volta riesce a trasformare una possibile vittoria in un ennesimo ko economico.