Elezioni USA: oltre alla presidenza, in gioco c’è la sostenibilità

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La sostenibilità sembra aver conquistato l’Europa negli ultimi anni. Dall’altra parte dell’Atlantico invece, la situazione è un po’ diversa. In primo luogo, dobbiamo tenere conto di un elemento fondamentale nel determinare lo sviluppo di politiche legate alla sostenibilità: le differenze culturali tra le due regioni. Gli Stati Uniti infatti, in quanto Paese strutturalmente liberale e deregolamentato, sopportano meno la forte regolamentazione che comporta implementare la sostenibilità, in ogni settore incluso quello degli investimenti.

Per quanto riguarda gli investimenti sostenibili, il governo statunitense sembra aver adottato un approccio più cauto rispetto all’Europa. Infatti, con la presidenza Trump, abbiamo assistito a una spinta generale contro gli investimenti sostenibili, poiché il presidente americano ha sempre negato il cambiamento climatico, come ha dimostrato quando ha ritirato il suo paese dall’accordo di Parigi sul clima. Il Dipartimento del Lavoro ha cercato di limitare l’inclusione dei fondi ESG nei fondi pensione, ponendo l’accento sugli interessi finanziari come priorità assoluta, e riducendo l’influenza di eventuali fattori estranei che potrebbero danneggiare la redditività di un fondo. Un argomento discutibile, dato che i fondi ESG hanno generalmente dimostrato di superare i loro omologhi (soprattutto durante la crisi COVID). L’approccio critico del Dipartimento del Lavoro potrebbe ritorcersi contro il governo però, dato che oltre il 60% degli americani attualmente concorda sul fatto che le aziende dovrebbero includere criteri di sostenibilità.

Dal punto di vista fiscale, il taglio dell’imposta sulle società realizzato da Trumpavrebbe dovuto promuovere l’economia e, di conseguenza, avvantaggiare l’occupazione e le condizioni dei lavoratori. Nel breve termine, questo avrebbe potuto rivelarsi una mossa vincente migliorando le condizioni di lavoro e incoraggiando la governance aziendale. Sfortunatamente, i risparmi derivanti dallo sgravio fiscale non sono riusciti a concretizzarsi.

La guerra commerciale di Trump contro la Cina sarebbe dovuta andare a beneficio dell’economia americana, in quanto il presidente voleva creare condizioni di parità. Anche questo ha finito però per essere più costoso di quanto inizialmente previsto (pari a circa lo 0,5% del PIL statunitense). Gli agricoltori, in particolare, hanno sofferto a causa delle tariffe imposte della Cina sui prodotti agricoli statunitensi e, alla fine, gli Stati Uniti si sono ritrovati con un deficit commerciale complessivo ancora maggiore.

Trump si è inoltre operato per sostenere una forte presenza conservatrice nel sistema giudiziario americano per gli anni a venire. Ha infatti presieduto la nomina di 200 giudici e nominanto tre giudici conservatori della Corte Suprema. Proprio appena prima delle elezioni di novembre infatti il Presidente ha nominato Amy Coney Barrett come successore di Ruth Bader Ginsburg.

È importante notare che l’ESG e la sostenibilità più in generale, non sono mai stati componenti chiave della campagna di Trump. Al contrario, la sua agenda si è sempre concentrata principalmente sulla crescita dell’economia statunitense e sulla creazione di posti di lavoro; due concetti che, secondo il presidente, sono del tutto incompatibili con il concetto di sostenibilità. Al contrario, la presidenza di Obama ha puntato maggiormente su quest’ultima, dando grande priorità alla riduzione delle emissioni di carbonio. Biden prevede di adottare un approccio simile.

Il suo piano elettorale è chiaro. Biden punta a rivoluzionare l’approccio degli Stati Uniti alla sostenibilità e alle questioni ambientali  creando un’infrastruttura moderna e sostenibile e un futuro energetico equo e pulito. In realtà, il candidato democratico vuole eliminare completamente la dipendenza dell’America dai combustibili fossili entro il 2050. Ad esempio,  ha già dichiarato di voler sostituire/riequipaggiare gli scuolabus americani (tutti e 500.000) per renderli a zero emissioni. I punti più specifici del suo piano generale, tuttavia, sono ancora relativamente vaghi. Biden ha speso poco tempo ad elaborare gli aspetti pratici o l’effettiva fattibilità di questo progetto. E questi aspetti pratici hanno un prezzo. La campagna stima infatti che una transizione sostenibile di successo costerebbe 2.000 miliardi di dollari, circa il 12% del budget degli Stati Uniti nei prossimi quattro anni.

I differenti scenari per il settore azionario

È chiaro come i rispettivi approcci di Biden e Trump alla sostenibilità e all’economia nel suo complesso siano significativamente diversi. Tuttavia, le elezioni presidenziali mostrano solo una parte del quadro. Anche il Congresso infatti gioca un ruolo importante.

Se Biden diventasse il prossimo Presidente, e se il Congresso avesse una maggioranza democratica, la prima cosa che vedremo sarà probabilmente un sell-off. I mercati potrebbero andare in picchiata a breve termine a causa di possibili aumenti delle imposte sulle società. Anche alcuni settori, come il farmaceutico o il big tech, potrebbero essere soggetti a ulteriori regolamentazioni. L’approccio di Biden potrebbe rivelarsi più efficace con il passare del tempo. La sua transizione sostenibile darebbe impulso ai settori delle rinnovabili e, si spera, creerebbe nuovi mercati e posti di lavoro. Tuttavia, se la maggioranza del Congresso non si allineasse con il Presidente, la situazione diventerà molto più oscura, sia nel breve che nel lungo periodo. Senza il sostegno del Congresso, Biden sarebbe significativamente ostacolato e non potrebbe attuare cambiamenti radicali.

Anche l’azione di Trump sarebbe limitata, se venisse rieletto dovendo fare i conti con una maggioranza democratica al Congresso. Tuttavia, i mercati probabilmente reagirebbero positivamente nel breve termine grazie a una minore incertezza. La tendenza di Trump a deregolamentare i mercati incoraggerà le banche e l’energia. Ma alcuni titoli esposti alla Cina e ai grandi esportatori potrebbero soffrire, poiché è molto probabile che Trump continui la sua guerra commerciale. L’impatto sarà meno tangibile nel breve termine, dato che i mercati si sono abituati a questo scenario. Se Trump ottenesse un nuovo mandato e anche il Congresso fosse a guida repubblicana, ciò sarebbe molto positivo per i mercati grazie alla deregolamentazione, ma non nel lungo periodo. Tuttavia, le aziende potrebbero promuovere la strada di una maggiore sostenibilità qualora vi fossero gli argomenti a favore, come per esempio nel settore dell’energia: la più grande utility statunitense è quella che ha più rinnovabili, che non solo porterà ad una maggiore redditività, ma costituirà anche il percorso più facile verso la sostenibilità.

Infine, i risultati delle elezioni potrebbero anche finire per essere contestati. Questo sarebbe il peggior risultato possibile, in quanto l’incertezza e il conflitto potrebbero avere un impatto significativamente negativo sui mercati e causare sell-off importanti.

A causa di questi scenari molto diversi tra loro e delle loro potenziali implicazioni finanziarie, gli investitori sono stati piuttosto ansiosi ultimamente. Anche se non vogliamo sottovalutare l’importanza a breve termine delle elezioni negli Stati Uniti, esse causano in genere solo brevi perturbazioni dei mercati e hanno poca importanza nel lungo periodo. Per limitare l’impatto di queste perturbazioni, come investitori a lungo termine privilegiamo un portafoglio diversificato che si concentra su aziende di alta qualità. Preferiamoin particolare le imprese che producono dividendi. Le aziende con una solida politica di crescita dei dividendi dovrebbero infatti essere in grado di mantenere rendimenti costanti, anche in mercati turbolenti. Inoltre, attraverso i dividendi, esse possono segnalare il loro “stato di salute”, il loro valore e la loro qualità. Indipendentemente dall’azienda o dal settore, riteniamo che si debba sempre valutare se il flusso di cassa viene investito correttamente, sia come investimento nella crescita, sia come pagamento di dividendi.