Nel dubbio, meglio una politica più espansiva

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Con l’allentamento delle misure di lockdown sono aumentati i timori di una seconda ondata epidemica, soprattutto in alcuni Paesi emergenti e in determinate aree dell’Europa, dove si registra il numero di nuovi casi di coronavirus più alto dalla fine di aprile. Non sorprende quindi che si valutino nuove chiusure a livello locale o nazionale al fine di arginare un’ulteriore diffusione del virus. Tali misure potrebbero tuttavia influenzare o persino compromettere la ripresa economica.

La crescita dell’economia è proseguita nell’ultimo mese, e in diversi Paesi le stime di consensus sulla crescita del prodotto interno lordo per il 2020 sono state leggermente riviste al rialzo, anche se rimangono invariate le aspettative sull’ipotesi di uno sviluppo recessivo e sul fatto che dopo il rapido processo di ripresa stiano emergendo segnali di rallentamento. A partire dal quarto trimestre 2020 ci aspettiamo pertanto un appiattimento delle dinamiche di crescita, poiché, oltre al “Citi Economic Surprise Index”, a diversi indicatori anticipatori USA e all’indice dei responsabili degli acquisti dell’Eurozona, anche diversi indicatori economici ad alta frequenza “alternativi” e i dati sulla mobilità di Google mostrano già da qualche tempo un affievolimento del trend rialzista.

In tale contesto, anche l’atteggiamento delle autorità monetarie è improntato ad una maggiore cautela. La Federal Reserve USA prevede tassi bassi almeno sino al 2023, in linea con il suo approccio “flexible average inflation targeting”, e al contempo porta avanti il programma di acquisti nel quadro dell’allentamento quantitativo (QE). La Banca Centrale Europea (BCE) sta considerando una maggiore flessibilità nell’ambito del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme, il programma di acquisto titoli per far fronte all’emergenza pandemia), mentre la Bank of England sta prendendo in considerazione tassi di interesse negativi. La financial repression entra in una nuova fase. La ricerca di rendimento è sempre più pressante.

Gli sviluppi futuri dipenderanno sicuramente dall’evoluzione della pandemia, ma la tendenza delle Banche Centrali ad attuare politiche ancora più espansive qualora necessario, dovrebbe continuare a favorire i segmenti più rischiosi del mercato, tra cui le azioni. Con ogni probabilità purtroppo dobbiamo aspettarci ancora volatilità sui mercati.

Allocazione tattica, azioni e obbligazioni

  • Il  mese scorso la ripresa economica è proseguita. Tuttavia, dopo il recente trend positivo,  sostenuto tra l’altro dai significativi stimoli monetari e fiscali, sembra che il momentum sul recupero a livello dei fondamentali economici abbia già raggiunto il picco lo scorso trimestre.
  • La riduzione delle misure di lockdown ha comportato un aumento dei timori di una seconda ondata di contagi, un’eventualità che potrebbe influenzare o persino compromettere la ripresa economica.
  • Gli sviluppi futuri dipenderanno probabilmente dall’evoluzione della pandemia, ma la tendenza delle Banche Centrali ad attuare politiche ancora più espansive qualora necessario dovrebbe continuare a favorire i segmenti più rischiosi del mercato, tra cui le azioni.
  • In ottica futura non dovremo comunque trascurare  i rischi geopolitici: i negoziati sulla Brexit entrano nella fase critica e tra poche settimane si terranno le presidenziali negli Stati Uniti, la cui campagna elettorale è dominata dalle problematiche fiscali e commerciali, in particolare nei confronti della Cina.

Azioni

  • La peggiore recessione economica di sempre viene contrastata con stimoli monetari e fiscali senza precedenti, con il conseguente rischio di inflazione dei prezzi degli asset.
  • Le valutazioni sui mercati azionari appaiono molto eterogenee. Negli USA si attestano ai massimi e sono vulnerabili a possibili sorprese negative, mentre in Europa, in Giappone e nei Paesi emergenti appaiono moderate.
  • Di recente il rapporto tra revisioni al rialzo e al ribasso degli utili è decisamente migliorato e il punto di massima dispersione a livello di stime di utili è stato superato. In passato l’evoluzione di questi dati ha rappresentato un indicatore anticipatore e un presupposto per la stabilizzazione dei mercati azionari.
  • Se da un lato si assiste a un miglioramento del sentiment delle aziende, dall’altro il posizionamento degli investitori indica un persistente scetticismo: secondo la American Association of Individual Investors (AAII) la percentuale di pessimisti tra gli investitori USA si attesta attualmente a oltre il 40%. Le probabilità di delusioni dovrebbero quindi essere limitate.
  • Alla luce del nuovo incremento dei casi di infezione in alcuni Paesi e aree geografiche, e dei segnali di una decelerazione delle dinamiche di crescita provenienti da numerosi indicatori economici (alternativi), risulta giustificato un approccio equilibrato al rischio, con un posizionamento neutrale sulle azioni.

Obbligazioni

  • La Federal Reserve USA prevede tassi bassi almeno sino al 2023, in linea con il suo approccio “flexible average inflation targeting”, e al contempo porta avanti il programma di acquisti nel quadro dell’allentamento quantitativo (QE). La Banca Centrale Europea (BCE) sta considerando una maggiore flessibilità nell’ambito del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme, il programma di acquisto titoli per far fronte all’emergenza pandemia), mentre la Bank of England sta prendendo in considerazione tassi di interesse negativi. I rendimenti dei titoli governativi dovrebbero confermarsi su livelli molto contenuti/negativi.
  • A seguito dell’orientamento della politica monetaria e della liquidità in eccesso, si prevede che la compensazione dell’inflazione basata sul mercato continuerà ad aumentare moderatamente, mentre, a fronte dei persistenti rischi di downside, i tassi di riferimento con ogni probabilità si manterranno bassi, o addirittura negativi, ancora a lungo.
  • Nell’eventualità, piuttosto improbabile, di un aumento eccessivo dei rendimenti a lungo termine per effetto di maggiori rischi fiscali, non si escludono nuovi importanti interventi delle autorità monetarie. Ad esempio, le Banche Centrali potrebbero seguire l’esempio della Bank of Japan e utilizzare la politica monetaria per fissare direttamente i rendimenti su tutte le scadenze.
  • Anche le obbligazioni societarie dovrebbero beneficiare della domanda delle Banche Centrali. Di recente gli spread si sono ridotti, pur in presenza dei rischi legati ai maggiori casi di COVID-19, all’aumento dei tassi di default e agli elevati livelli di indebitamento.

Valute

  • Dopo l’inversione positiva dei mercati finanziari in primavera, la divisa statunitense si è svalutata rispetto alle principali valute. Tale andamento è ascrivibile essenzialmente alla minore avversione al rischio degli operatori di mercato, ma anche alla nuova linea monetaria della Fed basata sull’”average inflation targeting” che ha penalizzato l’USD, caratterizzato dallo status di bene rifugio. Inoltre il dollaro presentava ancora valutazioni piuttosto elevate rispetto a diverse valute.
  • Altri fattori penalizzanti per l’USD potrebbero essere la ripresa del conflitto commerciale con la Cina, le difficoltà di contenimento del coronavirus negli Stati Uniti e la crescente incertezza politica in vista delle elezioni presidenziali.
  • Per contro, non si prevede alcun cambio di rotta della politica monetaria espansiva in Europa o negli Stati Uniti. Di conseguenza, il cambio EUR/USD non dovrebbe evidenziare oscillazioni, anche se di recente l’euro ha risentito dell’aumento dei casi di infezione in Europa.
  • I timori per la COVID-19 e la Brexit penalizzano fortemente il Regno Unito e la sterlina. Fattori strutturali (deficit gemelli), ciclici (profonda recessione economica) e politici alimentano i rischi di una svalutazione della divisa britannica.

Materie prime

  • In seguito alla diffusione del coronavirus e alla conseguente recessione a livello globale, nel 2020 dovremmo assistere a una contrazione della domanda mondiale di greggio per la prima volta dal 2009.
  • Permane un eccesso di offerta malgrado i tagli alla produzione da parte dell’OPEC+. Nel breve periodo le prospettive per i mercati del greggio sono offuscate dai timori di un’ulteriore diminuzione della domanda dovuta all’aumento delle infezioni e al rallentamento della ripresa congiunturale.
  • I bassi prezzi del greggio stanno diventando un problema per i grandi esportatori di petrolio e alcuni Paesi sono più vulnerabili di altri. Ai Paesi OPEC occorrerebbe in media un prezzo del petrolio pari a $90 per garantire l’equilibrio dei bilanci statali.
  • Nelle ultime settimane, pur confermandosi su livelli elevati, il prezzo dell’oro ha evidenziato un andamento laterale, nonostante la svolta nella politica monetaria della Federal Reserve USA e la conseguente estensione della fase di tassi bassi. Il prezzo del metallo giallo può inoltre essere determinato dai tassi (reali) bassi, dal netto aumento dell’indebitamento statale e dalla crescita dell’occupazione in un contesto di inflazione in rialzo.
  • Di norma la svalutazione del dollaro USA sostiene i prezzi delle commodity che, essendo scambiate in USD, dovrebbero raggiungere prezzi più elevati in dollari.

Tema di investimento: #FinanceForFuture con i criteri ESG

  • Secondo i calcoli del Global Footprint Network, il 22 agosto cadeva l’Earth Overshoot Day. Tale data indica quando è stata utilizzata una biocapacità superiore a quella che la Terra è in grado di mettere a disposizione in un determinato anno. In sintesi, viviamo al di sopra delle nostre possibilità.
  • Secondo le stime della Banca Europea per gli Investimenti (BEI), nell’Unione Europea saranno necessari tra i 175 e i 270 miliardi di euro p.a. per raggiungere tre obiettivi climatici ed energetici entro il 2030, vale a dire la riduzione del 40% delle emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990, un risparmio di energia pari a un terzo del consumo attuale a parità di condizioni e la copertura di almeno il 32% del fabbisogno energetico tramite energia da fonti rinnovabili.
  • Raggiungere un simile volume di investimenti non sembra impossibile. Basti pensare che nel complesso i 2.372 firmatari (dati all’estate 2019) dei PRI (Principi di investimento sostenibile) amministrano 83.000 miliardi di dollari e che tutti si sono impegnati a tener conto dei criteri ESG nelle proprie decisioni di investimento. L’acronimo ESG sta per Environmental (ambientale), Social (sociale) e Governance.
  • Si assiste ad una sempre maggiore integrazione dei criteri ESG nei fondi. Pertanto, investitori con disponibilità differenti hanno la possibilità di effettuare investimenti sostenibili. Ecco che cosa si intende per #FinanceForFuture.