Smart working: un’opportunità per le città

Ufficio Studi - Copernico -

Lavoro da casa o lavoro in ufficio? In questo periodo strano e difficile abbiamo capito che non esiste un unico modo di lavorare e, ancora di più, che si può cambiare. Anzi è il momento di cambiare. La pandemia mondiale sta trasformando le nostre abitudini di vita e quelle professionali e se all’inizio il Covid ci ha costretto a diventare lavoratori da remoto, tutti quanti, insieme, da un giorno all’altro, ora che la situazione è ancora incerta, dobbiamo capire quali sono le reali possibilità davanti a noi: lavoro da casa? Rotazione al 70%? Ma i nostri uffici sono pronti ad accoglierci sotto pandemia? Tutto questo senza mai dimenticare che il remote working è solo una piccola parte dello smart working: il lavoro agile o smart consiste nell’adottare una serie di accorgimenti affinché le persone possano operare nel modo adeguato in qualsiasi ambiente e situazione. Significa ripensare gli spazi di lavoro, rivedere le modalità di comunicazione, cambiare gli stili manageriali verso forme di controllo sui risultati e non sui processi.

Ne abbiamo parlato con alcuni rappresentanti delle Istituzioni di quattro importanti città italiane: Bologna, Cagliari, Trieste e Varese, dove Copernico sta aprendo o ha da poco aperto una nuova sede. Città che si prestano a diversi tipi di economia, ma tutte accomunate da un carattere innovativo a livello professionale e imprenditoriale e con una missione precisa: attrarre le persone offrendo una qualità della vita elevata.

Gli effetti sulla pubblica amministrazione

“Lo smart working degli scorsi mesi ci ha responsabilizzati e in alcuni casi ha anche migliorato i risultati” racconta Andrea Civati, assessore del Comune di Varese. D’accordo anche Roberto Dipiazza, sindaco di Trieste: “Dall’esperienza di questi mesi abbiamo avuto parecchi benefici e abbiamo visto le cose che ancora si possono migliorare. Ci sono stati grandi risparmi e la produttività è rimasta altissima. Noi in Comune stiamo raccogliendo i frutti di tutto il buon lavoro fatto in questo periodo.”

Perché pensare che lo smart working sia adatto solo alle grandi città o alle grandi imprese è sbagliato: il lavoro agile è una modalità di lavoro intelligente che migliora la qualità della vita e rende più efficiente chi lo utilizza, da una PMI alla PA, dai professionisti fino alle multinazionali chiunque può trarne vantaggio. “La qualità della vita migliora e di conseguenza migliora la percezione del lavoro” spiega Civati. Raggiungendo un più giusto equilibrio tra vita lavorativa e privata, il livello di soddisfazione migliora. Ma non solo, aumenta anche la produttività: secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, fino al 15%.

“Lo smart working è uno strumento, e come tutti gli strumenti offre opportunità e comporta dei rischi. Bisogna capire come usarlo consapevolmente. Bologna è stata la prima città a introdurre una carta dei diritti del lavoro digitale e già lo scorso novembre, ben prima che il lockdown ci costringesse a lavorare da casa, abbiamo firmato un accordo tra enti privati e pubblici per la promozione delle buone pratiche dello smart working, grazie al tavolo di lavoro SmartBo di cui vorremmo facesse parte anche Copernico per la sua autorevolezza sul tema” racconta Marco Lombardo, assessore del Comune di Bologna.

Dopo la prova di questi mesi, i sondaggi parlano chiaro: indietro non si potrà tornare. Secondo il Work Trend Index che Microsoft ha rilasciato lo scorso luglio, l’82% dei dirigenti si aspetta norme più propense al lavoro agile. E dall’Italia, dove la percentuale sale a 89%, è emerso un altro dato interessante: il 72% di manager e dipendenti ha espresso il desiderio di continuare a lavorare da casa almeno part-time. “È stato uno stimolo importante per il Paese. È stato un momento di crescita notevole nel momento più drammatico del mondo, d’altronde non c’è male senza un grande bene. Da qui in poi cambieranno molte cose. È solo l’inizio,” ci ha detto Dipiazza, sindaco di Trieste.

Molto più del lavoro da remoto

Affiancare e alternare il lavoro da ufficio e quello da casa (o da un altro luogo), attraverso un accordo tra le parti, sarà il futuro. Perché lavorare in maniera agile non vuol dire solo lavorare da casa, è un approccio diverso. Il Paese è pronto, ma a livello legislativo sarà necessario investire tempo e risorse.

“La trasformazione diventerà definitiva. Questo processo è in corso in tutto il mondo da tempo e anche noi stavamo già sperimentando questa modalità lavorativa, agile, soprattutto per agevolare le persone che vivono lontano. Un accordo di smart working può arrivare a evitare più di 3 ore di viaggio al giorno, vuol dire davvero cambiare modo di vivere e in sostanza migliorare la qualità della vita” racconta Civati. “L’importante – sottolinea Lombardo – è che il lavoro agile sperimentato in stato d’emergenza non diventi il lavoro agile nel periodo ordinario, perché quello è stato extreme working, senza tutele per i lavoratori, senza accordi… Lo smart working implica un cambiamento dei vecchi paradigmi del sistema lavorativo e deve rimanere una scelta e non un obbligo.”

E se indietro non si torna, non si potrà più tornare nemmeno al vecchio modello di ufficio. Ciò non vuol dire che spariranno, anche perché le nostre case si sono mostrate non adatte per il lavoro quotidiano. Gli ambienti di lavoro dovranno essere ripensati per accogliere in una maniera nuova, dovranno essere flessibili. “Lo smart working per essere efficace deve creare un ambiente di lavoro stimolante e funzionale che a volte può essere costruito in una dimensione domestica, ma molto spesso no; i luoghi di coworking, per esempio, fanno questo, stimolando l’interazione tra professionisti, garantendo il rispetto delle nuove norme e fornendo la strumentazione necessaria per mantenere la connessione tra chi lavora a casa e le persone in ufficio,” spiega Giorgio Angius, vicesindaco di Cagliari.

Nuovi modelli, nuovi uffici, più coworking

Per le città italiane questo nuovo modo di lavorare può essere un aiuto importante, un’opportunità di sviluppo. Può contribuire alla riduzione del traffico, ma non solo, può essere molto di più. “È un’occasione di rinascitache rende più attrattive le nostre città. Varese ha la dimensione urbana vincente in questo momento storico e ci sono molte imprese e comunità di professionisti già interessate a promuovere e investire in questa modalità di lavoro e in un luogo come Copernico,” assicura Civati. Allo stesso modo la pensa anche il sindaco di Trieste, Dipiazza: “Questa modalità lavorativa dà una spinta alla digitalizzazione e ai processi di innovazione in generale, aumenta la produttività e velocizza i tempi. Questi benefici li abbiamo visti tutti in questi mesi. È un’occasione importantissima per il nostro Paese. Copernico è il benvenuto a Trieste, una città del terziario avanzato, dove stanno arrivando molte società.”

E così succede anche a Cagliari dove, racconta il vicesindaco Angius: “Le aziende stanno già investendo in trasformazioni immobiliari, dopo il Covid, ma siamo ancora in una fase di studio. Nel prossimo anno vedremo se cambierà modello di business nelle aziende e se quindi il modello smart working/coworking prenderà piede. Cagliari, come tutte le altre città del nostro Paese, ma anche europee, sta vivendo un momento particolare. La pandemia ha una ricaduta immediata sul mercato immobiliare che determinerà scelte radicali di cambiamento sulla locazione degli uffici delle grandi aziende. I centri che promuovono lo smart working e che creano un ambiente di lavoro funzionale in città di media dimensione come Cagliari possono aiutare a migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi.”

La pratica dello smart working in Italia, pre Covid, era ferma al 2%, quando nel resto d’Europa il valore era già del 10%, ma “la pandemia ha determinato un’accelerazione del processo di transizione digitale che era necessaria. E noi siamo pronti ad accoglierla purché porti a un miglioramento della qualità della vita delle persone” – dice Marco Lombardo. “La preoccupazione principale delle città è essere attrattive. E non solo offrendo posti di lavoro, ma soprattutto un senso di comunità. Il lavoro sarà sempre di più diffuso e decentrato, e quindi, se le città vogliono essere attrattive, devono saper promuovere una nuova cultura del lavoro digitale ed un più equilibrato bilanciamento tra tempi di vita professionale e tempi di vita privata, nella prospettiva del work-life-balance.” Perché, in fin dei conti, sono le persone a portare valore alla città.