Impact investing, puntare su aziende con una mission chiara e concreta

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Investire in aziende che hanno un impatto positivo sull’ambiente e sulla società è centrale nel nostro approccio, ma questo “impatto positivo” deve essere misurabile con una metodologia precisa e adeguata. Sappiamo tutti che investire in aziende che ottengono buoni risultati sul fronte finanziario significa selezionare titoli con solide prospettive di crescita e di guadagno, bilanci interessanti, livelli di indebitamento gestibili, etc… ma come si misura la performance non finanziaria di un’azienda?

La difficoltà sta nel fatto che l’impatto ricercato può essere diverso a seconda dell’azienda e del settore. Nel caso di una società di servizi ambientali, ad esempio, può riguardare il volume di rifiuti trattati, per un’altra può essere la quantità di acqua potabile prodotta, per un’altra i benefici tangibili per la salute dei clienti che consumano i suoi prodotti.

Tale impatto deve quindi essere misurabile con indicatori specifici adattati al settore di attività di ciascuna azienda.

Come OFI AM, abbiamo quindi definito un nostro elenco di indicatori per misurare l’impatto dei titoli europei, basandoci su quattro benchmark:

  • I 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) definiti dall’ONU.Trasponendo questi obiettivi alla scala di ogni singola azienda, possiamo determinare se contribuisce o meno a vari obiettivi universali di sviluppo sostenibile.
  • IRIS (Impact Reporting and Investment Standards) del Global Impact Investing Network (GIIN). 559 metriche qualitative e quantitative che coprono dieci settori diversi.
  • WDI (Work Disclosure Initiative). 139 domande per determinare il modo in cui le le aziende gestiscono i propri dipendenti, ma anche quelli che lavorano nelle loro catene di fornitura.
  • GRI (Global Reporting Initiative). 79 indicatori di performance per misurare gli impatti economici, ambientali e sociali.

Un gestore che voglia analizzare un’azienda secondo metriche impact dovrà dunque andare oltre i meri criteri ESG classici, ormai relativamente ben standardizzati. Ad esempio, per valutare l’impatto delle best practice ESG si possono misurare le emissioni di carbonio dell’azienda e i suoi obiettivi di riduzione di CO2, o lo sforzo fatto per formare il suo personale, o la quota di membri indipendenti nel suo Consiglio di Amministrazione.

Oltre a misurare gli indicatori rilevanti per l’azienda in questione (a seconda del settore e della linea di business), è importante analizzare anche il suo impegno e l’ambizione a generare un impatto positivo, assicurandoci che non si tratti solo di una dichiarazione di facciata. In Francia il PACTE (Action Plan for Business Growth and Transformation Act) incoraggia ora le aziende francesi a definire una “mission statement”, o addirittura ad adottare il nuovo status legale di “azienda mission-driven”.

Sosteniamo pienamente questo approccio e di conseguenza abbiamo stabilito un quadro analitico completo per valutare quanto sia autentica l’intenzionalità di un’azienda e se essa si rifletta effettivamente sul campo. Non c’è niente di più dannoso infatti che avere una “mission” ufficiale, ma senza alcuna prova di ciò nell’organizzazione o nelle scelte strategiche.

Il nostro quadro analitico, che abbiamo chiamato ‘Mission For’, è costruito su tre pilastri:

  • 1° Pilastro: un’intenzione/missione formalmente definita, per selezionare le aziende con mission ufficiali e valutarne la rilevanza.
  • 2° Pilastro: la misura in cui l’intenzione/missione dell’azienda è incorporata nella sua strategia, per verificare se l’azienda ha stabilito obiettivi, calendari e metriche per misurare i progressi compiuti verso questi obiettivi.
  • 3° Pilastro: la misura in cui l’intenzione/missione della società è incorporata nella sua struttura di governance, per esaminare se gli organi decisionali della società sono adatti a promuovere ed eseguire la mission.

Una volta completato questo processo analitico, e assegnato un rating a ciascuna azienda, ‘Mission For’ è quindi in grado di dividere le aziende in quattro categorie di intenzionalità: ‘alta’, ‘avanzata’, ‘moderata’ e ‘inadeguata’.

Dando la preferenza alle aziende con “impatto positivo”, riteniamo che abbia senso investire non solo in aziende con rating ESG soddisfacenti, ma anche in quelle che portano un chiaro beneficio per la società, cioè fornitori di beni e servizi in grado di contribuire positivamente agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) stabiliti dall’ONU nel 2015.

Tali aziende sono posizionate favorevolmente – essendo orientate verso un’economia positiva, più inclusiva e più sostenibile – e hanno tutte le possibilità di soddisfare le aspettative dei moderni investitori responsabili.