Alla ricerca di un maggiore equilibrio

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Dopo avere attraversato un cumulonembo gigantesco, un’anomalia imprevedibile, i passeggeri di un volo Parigi New-York si trovano ad affrontare un’altra realtà che sconvolgerà le loro vite e il mondo intero. Come nel romanzo “L’Anomalia”, di Hervé Le Tellier, nel 2020 tutto il pianeta è stato costretto a reagire a un evento inimmaginabile che ha cambiato le nostre vite e ridisegnato l’economia mondiale.

Il 2020 sarà ricordato come un anno molto particolare da molteplici punti di vista. Un anno contrassegnato da una pandemia che ha avuto innumerevoli conseguenze, in un clima che rasentava già l’isteria.

L’isteria delle relazioni internazionali, innanzitutto, con la limitazione degli scambi e della mobilità sopraggiunta in un contesto che già vedeva misure protezionistiche e una guerra commerciale attuate dall’amministrazione statunitense. Questo dovrebbe portare a una diminuzione del commercio mondiale dei beni di oltre il 5,5%, la contrazione più marcata dalla crisi del 2008. Si prevede un calo maggiore invece per il settore dei servizi che dovrebbe scendere di quasi il 16%, il ribasso più significativo dal 1990, data a partire dalla quale l’UNCTAD ha iniziato a stilare le sue statistiche.

L’isteria delle reazioni di politica interna. Se da un lato lo psicodramma della Brexit è giunto al termine, perlomeno provvisoriamente, dall’altro il suo epilogo è avvenuto 1.646 giorni dopo il referendum britannico, senza che venissero trattati molti argomenti, come quello dei servizi finanziari, che costituiscono il 7% del PIL del Regno Unito. Sull’altra sponda dell’Atlantico, la politica del Presidente Trump a colpi di tweet rimarrà negli annali del Campidoglio, rendendo quantomeno caotico il passaggio dei poteri.

L’isteria dei mercati finanziari, che nel primo trimestre 2020 hanno registrato una delle contrazioni più repentine della storia, peraltro assorbita in tempi mai così rapidi per il mercato americano. Analogamente, l’annuncio della scoperta dei vaccini anti-Covid a novembre ha generato la migliore performance mensile del Dow Jones dal 1987, il miglior mese di novembre dello S&P 500 dal 1928 e le migliori performance mensili della storia dei mercati azionari italiano e spagnolo.

Viene da chiedersi se i grandi indici di Borsa mondiali avrebbero chiuso il 2020 a questi livelli senza l’”anomalia” della pandemia, che è stata all’origine di una crisi planetaria senza precedenti. Nessuno può dirlo, ma fortunatamente gli uomini e le istituzioni hanno saputo trarre insegnamenti dalle crisi precedenti: le politiche concomitanti di sostegno finanziario e monetario massiccio sono riuscite a contrastare parte degli effetti della crisi senza ripetere gli errori della storia, come un sostegno troppo breve, troppo modesto, come accadde nel 2008-2009 o durante la crisi del debito sovrano europeo nel 2011.

Ci auguriamo che l’estrema polarizzazione delle reazioni che ha dominato il 2020 ceda il passo nel 2021 a un mondo e a mercati più equilibrati. Si intravedono delle schiarite all’orizzonte, con le prime campagne vaccinali, un nuovo Presidente statunitense più diplomatico, più classico, e valutazioni più articolate dei vari settori e asset class. Un cocktail favorevole per assumere rischi.

Parallelamente alle campagne di somministrazione dei vaccini, il miglioramento della congiuntura dovrebbe permettere ai titoli ciclici di qualità di riguadagnare terreno e ridurre il differenziale di valorizzazione rispetto ai titoli growth, divenuto troppo ampio.

Dopo il 2019, anno all’insegna degli indici, e il 2020, incentrato sui settori, il 2021 potrebbe essere l’anno di un ritrovato equilibrio nelle valutazioni, più discriminante in termini di qualità delle imprese e quindi di performance borsistiche.