Climate: No news is good news?

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Questa è la domanda che emerge dalla ricerca “ESG & Fixed-Income – Climate Sensitivity in Euro Corporate Bonds” condotta dalla cattedra di ricerca KEDGE/CANDRIAM

Nell’ambito della cattedra di ricerca “Finance Reconsidered: Addressing Sustainable Economic Development”, istituita nel 2019 da KEDGE Business School e CANDRIAM, è stato recentemente completato uno studio sulla finanza climatica. La ricerca, intitolata “ESG & Fixed-Income – Climate Sensitivity in EURO Corporate Bonds” è stata condotta da Ricardo Henriquez, studente del master KEDGE MSc Sustainable Finance e dottorando nell’ambito della cattedra di ricerca, con l’obiettivo di comprendere il legame tra sensibilità climatica e rendimenti dei bond corporate dell’Eurozona – ovvero come l’esposizione al cambiamento climatico delle aziende dell’area euro impatti i rendimenti delle loro emissioni obbligazionarie.

Dopo gli accordi di Parigi del 2015, con l’obiettivo di limitare il riscaldamento a +1,5°C entro il 2100, le normative hanno spinto gli investitori finanziari a integrare i rischi climatici nella loro strategia e a segnalarli in modo trasparente. Recentemente, l’Unione Europea, come parte del suo piano per una finanza sostenibile, ha introdotto la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) e la Green Taxonomy (una classificazione utilizzata per misurare la sostenibilità di 70 attività economiche che rappresentano il 93% delle emissioni di gas serra e che serve agli investitori come guida per allineare i loro risparmi e investimenti a determinati parametri).

Lo studio identifica quali obbligazioni resistono meglio ai rischi legati alle normative sul clima. Un portafoglio che include attività più sensibili alle regolamentazioni climatiche è più esposto ai fattori comuni di rischio (rischio di liquidità, rischio di default, rischio di downside associato a perdite) nel mercato obbligazionario, poiché il mercato non ha incorporato completamente i rischi climatici nei prezzi delle obbligazioni. In un contesto europeo che sta evolvendo, diventando più stringente in termini di obiettivi, l’attenzione alle tematiche climatiche non dovrebbe più essere messa in secondo piano.

Il più delle volte, l’analisi extra-finanziaria dipende dai punteggi ESG di provider esterni come le agenzie di rating specializzate e i provider di dati finanziari ed ESG. La mancanza di consensus sulle metodologie di punteggio ESG rende ancora più difficile la valutazione per le obbligazioni corporate in quanto i punteggi ESG sono legati alle pratiche aziendali e non alle caratteristiche specifiche delle obbligazioni.

Per superare questo bias di valutazione e stimare il rischio climatico di un asset, la metodologia di ricerca valuta la sensibilità al clima attraverso la costruzione di un Climate Awareness Index, che integra una serie di notizie come fonte esterna per ottenere informazioni sul clima, notizie tratte dal Media and Climate Change Observatory (MeCCO) che monitora 120 fonti (giornali, radio, televisioni) di 54 Paesi. Il campione include la copertura giornalistica dei temi inerenti al cambiamento climatico e al riscaldamento globale a livello europeo (31 giornali). Lo studio fornisce quindi un indicatore, “Climate Change Beta”, che riflette l’intensità del rischio climatico delle obbligazioni corporate del campione. Utilizzando un’analisi multifattoriale, i dati del Climate Sensitivity Index sono così incrociati con i rendimenti tenendo sotto controllo i livelli di rischio (liquidità, credito, downside risk, Climate Change Beta) di più di 3100 obbligazioni corporate europee, nel periodo 2015-2020.

La ricerca evidenzia come le obbligazioni con un Climate Change Beta più alto sono associate a rendimenti futuri più bassi. L’effetto del rischio climatico è più visibile durante i periodi in cui l’attenzione sul clima è maggiore, nei momenti precedenti e successivi alle conferenze climatiche globali. A livello settoriale, le industrie più sensibili al cambiamento climatico non sono quelle che emettono più CO2 (per esempio, il settore immobiliare non è il maggiore emettitore, ma è legato al diritto immobiliare, che è altamente regolamentato per quanto riguarda le questioni del cambiamento climatico). Infine, le obbligazioni a scadenza più lunga sono più influenzate dalle notizie sul clima, in relazione all’evoluzione degli obiettivi definiti dall’UE per il 2030 e il 2050 (le obbligazioni con una data di scadenza precedente deadline climatiche come la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990, e “net-zero” entro il 2050, sono meno interessate).

Questo studio è stato condotto da Ricardo Henriquez, assistente di ricerca alla KEDGE, con la supervisione di Christophe Revelli, professore alla KEDGE e titolare della cattedra “Finance Reconsidered: Addressing Sustainable Economic Development”, e di Philippe Bertrand, professore associato alla KEDGE.