Le debolezze della Cina vengono a galla man mano che l’inflazione fa sentire i suoi effetti

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Il tapering, previsto per novembre a un ritmo totale di $15 mld e suddiviso tra $10 mld di titoli del Tesoro e $ 5 mld di titoli garantiti da ipoteca, dovrebbe, almeno teoricamente, portare ad una riduzione dell’inflazione.

Ciononostante, non è la sola variabile determinante dell’inflazione: le interruzioni della catena di approvvigionamento, infatti,  stanno causando gravi problemi al sistema economico e potrebbero durare più a lungo di quanto inizialmente previsto, comportando un’inflazione più alta del target medio imposto dalla Fed e per un periodo più prolungato.

Il mondo sta attraversando la sua prima grande crisi energetica verso la transizione all’energia pulita: dal carbone al petrolio, dall’acqua al gas naturale, la ripresa economica – dalla pandemia in poi – ha generato una forte domanda di materie prime, ma le loro forniture non sono state in grado di tenere il passo.

Con l’inverno all’orizzonte e la Cina, il più grande consumatore di elettricità al mondo, che ordina alle aziende energetiche statali di assicurarsi le forniture a tutti i costi, i prezzi stanno aumentando vertiginosamente. Nel frattempo, le scorte europee di gas naturale si stanno esaurendo proprio mentre le economie escono dal blocco della pandemia e la Casa Bianca ha già espresso preoccupazione per l’aumento dei prezzi del petrolio.

La crisi energetica cinese sta evidenziando le debolezze del Partito Comunista in termini di sicurezza e indipendenza energetica che potrebbe avere delle ripercussioni negli anni a venire: il problema potrebbe essere aggravato dall’introduzione di misure punitive da parte del governo comunista cinese nel suo tentativo di raggiungere gli obiettivi di riduzione dell’energia da combustibili fossili fissati da Pechino per adempiere all’impegno della Cina di ridurre le sue emissioni di carbonio del 65% prima del 2030.

Alcune regioni del Paese stanno razionando l’energia alle fabbriche e due terzi del Paese ha subito blackout nei giorni scorsi. La domanda di energia termica si trova quindi ai massimi livelli.

La Cina ha bisogno di rafforzare la sua offerta di carbone per evitare un rallentamento economico in questo trimestre, ma le gelide relazioni di Pechino nei confronti dell’Australia potrebbero renderlo difficile. Ricordiamo che la Cina ha smesso di acquistare carbone dall’Australia, che era il più grande esportatore della merce nel Paese, quando le tensioni commerciali sono aumentate dopo che l’Australia ha chiesto un’inchiesta internazionale sulla gestione del coronavirus da parte della Cina. Per questa, ed altre motivazioni, le utilities cinesi sono stati costretti a inoltrare la domanda di questa materia prima in Europa, trovando però prezzi alle stelle.

Ripresa economica, inflazione e materie prime restano al momento i driver sotto la lente degli Investitori. Materie prime e inflazione sono legate in maniera indissolubile dato che vengono utilizzate in attività fondamentali come il rifornimento del carburante per i trasporti e il riscaldamento delle case: se i costi di input aumentano, anche il costo dei prodotti finali aumenta di conseguenza e ciò riconduce ad un sistematico aumento dell’inflazione (inflazione da domanda). Al fine di controllare, o quanto meno attenuare, gli effetti inflattivi, la ripresa economica deve essere accompagnata da una crescita occupazionale e una consistente crescita dei salari.

In tale contesto, i mercati potrebbero reagire in maniera positiva alle notizie negative sul piano economico, che rassicurerebbero gli investitori rispetto ad una politica monetaria espansiva di più lungo periodo. Diversamente, i mercati potrebbero innervosirsi di fronte a notizie positive, che spingerebbero la. Fed ad essere più restrittiva e quindi ad accelerare il piano di tapering.

In conclusione, la differenza la faranno gli utili societari: gli analisti di Factset prevedono per il quarto trimestre del 2021 una crescita degli utili del 21.6% e dei ricavi del 11.3%, mentre per il 2022 una crescita del 9.3% e del 6.5% rispettivamente. È bene precisare, però, che i dati possono dare una erratica rappresentazione della realtà, provenendo da anni pandemici che hanno devastato non solo l’economia in generale ma anche i bilanci delle aziende. Solo nei prossimi anni i dati verranno depurati dagli outliers e saranno in grado di essere più rappresentativi della realtà.