Crescita sostenuta, ma l’inflazione è un rischio da non sottovalutare

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Nelle previsioni autunnali, la Commissione Europea prevede un PIL in crescita del 4.3% per il prossimo anno e del 2.4% nel 2023. Nonostante l’evidente rallentamento, l’Eurozona dovrebbe comunque crescere oltre il proprio potenziale stimato intorno a 1.5%-1.75%. Queste stime mi trovano d’accordo, se non altro per l’enorme stimolo monetario e fiscale che accompagna il PIL in questo periodo. In effetti, il deficit strutturale dell’anno in corso è previsto al 5.7% del PIL potenziale. Sono invece più scettico a riguardo delle previsioni sull’inflazione: Secondo la Commissione, la variazione annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo dovrebbe attestarsi al 2.2% nel 2022 per poi crollare all’1.4% – nettamente sotto il target della BCE – nel 2023.

La forchetta tra la narrazione delle banche centrali e l’inflazione misurata si allarga a vista d’occhio, dopo ormai più di 12 mesi nei quali abbiamo convissuto con un aumento del costo delle materie prime che va ben oltre le previsioni degli analisti. L’enorme domanda globale dovuta alle “riaperture” post-Covid si è dovuta misurare con una economia dell’offerta spesso in grave ritardo di produzione, sfociando così in una fortissima pressione sui prezzi al consumatore. Ma il rischio di inflazione si spinge ben oltre gli effetti di base: Fattori strutturali come la transizione ESG, il trend demografico in Cina oppure il processo di “on-shoring” (per stabilizzare le catene di produzione e valore) hanno un effetto inflazionistico nel lungo periodo.

Un ulteriore rischio di inflazione deriva dal mercato del lavoro in costante miglioramento. Il tasso di disoccupazione in Eurozona dovrebbe scendere al 7.3% nei prossimi 24 mesi, in linea con la crescita del PIL sopra potenziale. Ma come negli Stati Uniti – dove peraltro i salari hanno già accelerato al 4.9% – così anche nel Vecchio Continente potremmo assistere ai primi segnali di una spirale tra prezzi e salari. Il meccanismo delle aspettative, virtuoso e difficilmente controllabile, potrebbe avere gioco facile in questo contesto economico, forzando così la BCE a una rapida nonché imbarazzante inversione di rotta. Inversione che per il momento non sembra essere una opzione per l’istituto di Francoforte, tantomeno dopo la Policy Review che prevede una filosofia più attendista rispetto al passato.

Insomma, tutto farebbe presagire a tassi di inflazione elevati e tassi di interesse sotto il continuo controllo della banca centrale: proteggere i propri risparmi sul conto corrente dall’azione erosiva dell’inflazione diventa quindi più che mai una priorità.