Fidelity: le pressioni inflazionistiche sono veramente transitorie?

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Ne parliamo con Terry Raven – Director, European Equities di Fidelity International

L’inflazione è ormai un dato di fatto: opinione diffusa tra i player – e gli analisti – di mercato ma in molti casi anche, forse, già prezzata dai mercati stessi. La domanda più importante non riguarda più adesso il tema inflazione, quanto piuttosto se avremo a che fare con un’inflazione veramente transitoria, come indicato da più parti, oppure con un fenomeno più duraturo nel tempo.

Questa, e tante altre, le domande che abbiamo rivolto a Terry Raven – Director, European Equities di Fidelity International. Che mette subito in chiaro una distinzione importante e, facendo riferimento all’ultima edizione dell’Analyst Survey mensile di Fidelity, spiega: “Sebbene la maggior parte degli analisti ritenga che le pressioni inflazionistiche siano di carattere più transitorio, le forze strutturali potrebbero continuare a far aumentare i prezzi anche qualora le strozzature temporanee dovessero attenuarsi”.

Un complesso mix di pressioni inflazionistiche

L’ultima Analyst Survey di Fidelity evidenzia come le aziende stiano fronteggiando pressioni inflazionistiche in larga parte di natura transitoria. C’è tuttavia circa un quarto degli analisti che ha partecipato all’ultima survey che ritiene di avere a che fare con pressioni inflazionistiche di natura strutturale e non transitoria nonostante l’attesa flessione dei prezzi delle materie prime che si dispiegherà di pari passo con la diminuzione degli attuali blocchi.

Da che dipende tutto ciò? “La natura delle pressioni inflazionistiche varia a seconda del settore” spiega Terry Raven – Director, European Equities di Fidelity International.

Più nello specifico: per quanto riguarda il settore dei materiali e dei consumi, la prospettiva rimane ottimistica in quanto si tratta di settori di mercato laddove gli analisti di Fidelity inquadrano come transitorie le pressioni inflazionistiche che stanno fronteggiando le aziende. E, su questa lunghezza d’onda, anticipano un contenimento dei prezzi che si concretizzerà di pari passo con la risoluzione delle problematiche che ancora adesso si stanno manifestando sulla catena di approvvigionamento. Alla base di tale previsione la ragionevole normalizzazione dei prezzi delle materie prime che dovrebbero rientrare su livelli “normali” dopo i picchi raggiunti nei mesi scorsi legati alle difficoltà di approvvigionamento.

Ma ci sono anche voci discordanti. Nel senso che, sempre dall’Analyst Survey di Fidelity, emerge anche come una quota degli intervistati immagini un orizzonte temporale più lungo – circa 12 mesi – per la risoluzione dei cosiddetti colli di bottiglia sul lato dell’offerta con la conseguenza che oltre i due terzi degli analisti crede in un aumento delle pressioni inflazionistiche nel breve periodo. Ciò anche perché è importante disgregare le forze alla base dell’attuale inflazione. Se, nei fatti, facciamo riferimento all’inflazione sostenuta dai vincoli della catena di approvvigionamento, allora la pressione potrebbe venir meno nel giro di pochi mesi. Tuttavia, al contrario, se il nostro riferimento riguarda l’inflazione dei costi delle materie prime legata all’aumento della domanda, allora l’orizzonte temporale si allunga per forza di cose in quanto occorrerà aspettare il pieno ripristino dell’offerta.

Non mancano però alcuni trend strutturali in grado di influenzare l’andamento dell’inflazione nel corso dei prossimi mesi. Perché, spiega Terry Raven – Director, European Equities di Fidelity International, “se da un lato qualsiasi prolungamento delle presunte pressioni transitorie potrebbe incrementare le aspettative di un’inflazione più duratura, dall’altro è probabile che fattori strutturali, come ad esempio il costo della decarbonizzazione, influiscano sui prezzi molto più a lungo”. Un esempio? Anche i salari e i costi legati alla decarbonizzazione potrebbero spingere al rialzo l’inflazione perché sia le materie prime che i costi del lavoro sono ambiti entrambi caratterizzati da una tendenza strutturale al rialzo sulla scia ad esempio della fornitura limitata di carbone e acciaio in mezzo a roadmap di neutralità del carbonio e del calo del tasso di natalità.