Le opportunità sono buone, ma non mancano le insidie lungo il percorso

Edmond de Rothschild AM -

La recente comparsa della variante Omicron funge da promemoria tempestivo sul fatto che l’epidemia rappresenti ancora un fattore di rischio. È ancora troppo presto per misurarne l’impatto esatto e la velocità con cui i vaccini potranno adattarsi e la probabilità che i nuovi trattamenti funzionino anche contro Omicron dovrebbe comportare, nel peggiore dei casi, che la ripresa sia semplicemente posticipata.

Forte crescita, basse aspettative

Anche prima della variante Omicron, gli analisti avevano previsto una crescita degli utili per azione contenuta, intorno al 7%, per gli indici principali nel 2022. Non erano preoccupati del calo dei margini, ma si aspettavano solo una crescita top-line moderata. In realtà non è certo questo il nostro scenario preferito: con una crescita globale che probabilmente rimarrà robusta, gli investitori dovranno trovare un’ancora stabile e questo dovrebbe sostenere la performance dei private asset.

Inflazione e banche centrali si muovono come si trattasse di tettonica a placche

Le prospettive in materia utili sono rassicuranti, ma la preoccupazione principale ruotano adesso intorno alle aspettative di inflazione da parte degli investitori. Non c’è stata inflazione per così tanto tempo che la maggior parte degli investitori conosce in realtà solo il termine. E il suo DNA è ancora un mistero. L’inflazione è un fenomeno monetario? È stata particolarmente bassa dopo il fallimento di Lehman Brothers, quando è stata iniettata una massiccia liquidità. O l’inflazione è legata ai livelli di disoccupazione come suggerisce la curva di Phillips? È vero, è rimasta bassa due anni fa, quando la disoccupazione statunitense ha toccato il fondo al 3,6%, ma è aumentata negli anni ’60 con lo stesso tasso di disoccupazione. Probabilmente, i mercati sono ben predisposti ad accettare la nozione di inflazione temporanea perché hanno passato 10 anni ad essere scettici sulla possibilità che i prezzi potessero davvero decollare. E discendono di fatto da qui le valutazioni di mercato odierne. Tuttavia, più a lungo dura l’inflazione a breve termine, più alto è il rischio che questa particolare convinzione degli investitori venga meno. Il dibattito attuale è tra l’idea che l’inflazione sia legata alle interruzioni temporanee delle catene di produzione globali (inflazione a breve termine) e l’opinione opposta che individua nella causa di inflazione essenzialmente un eccesso di domanda. Quest’ultimo potrebbe essere il caso degli Stati Uniti e porterebbe ad un aumento dell’inflazione strutturale che richiede una politica più restrittiva. Se l’inflazione dovesse rimanere alta nel corso del 2022, nonostante le catene di approvvigionamento stiano gradualmente tornando alla normalità, anche le aspettative degli investitori sulla traiettoria seguita dalla Banca centrale sarebbero capovolte. Sia la Fed che la BCE hanno reagito cercando una maggiore opzionalità: gli istituti vogliono essere in grado di restringere la propria politica monetaria più rapidamente se necessario e possibilmente accelerare il tapering. Tuttavia, Powell di recente ha parlato di inflazione persistente piuttosto che temporanea. Il sistema di equilibri sta diventando instabile e non c’è in fin dei conti così tanto margine di manovra. È ragionevole per gli investitori aspettarsi che la Fed aumenti dello 0,5% nel 2022 se l’inflazione è considerata un problema? Dal nostro punto di vista riteniamo che entrambe le Banche centrali riusciranno in qualche modo ad intervenire per fermare la deriva delle aspettative di inflazione. Tuttavia, c’è una concreta probabilità che i mercati mettano alla prova la loro determinazione nel contenere l’inflazione, alimentando di conseguenza la volatilità.

Il contesto geopolitco ha qualche problema

Il 2022 vedrà una serie di eventi politici. Le crescenti tensioni che riguardano Taiwan e l’Ucraina dovranno essere monitorate da vicino. In Europa, i persistenti disaccordi post-Brexit tra il Regno Unito e l’Unione europea sul protocollo dell’Irlanda del Nord e sulle quote relative al mercato della pesca potrebbero, nel peggiore dei casi, finire per far disgregare l’intero accordo Brexit. E in Francia, dovremo monitorare le elezioni presidenziali, anche se i rischi di mercato sono diminuiti da quando il tema della Frexit è scomparso dalle campagne. In Brasile, l’atmosfera molto carica in vista delle presidenziali è una ragione che invita alla cautela, anche se gli investitori si sono già adattati.

Inflazione, un focus sugli USA e un problema per tutte le asset class

Qualsiasi scossone alle aspettative di inflazione colpirebbe sia i mercati obbligazionari che quelli azionari. A nostro avviso, la diversificazione delle asset class nei portafogli rischia di essere imperfetta fino a quando le aspettative di inflazione non si saranno stabilizzate. Di conseguenza, preferiamo correre dei rischi sui mercati azionari poiché, a differenza dei mercati obbligazionari, hanno un rialzo più evidente in caso di ripresa. Allo stesso modo, gli asset dei mercati emergenti vengono scambiate a valutazioni relativamente interessanti e a prima vista sembrano offrire opportunità. Ma crediamo che il momento migliore per trarne vantaggio sia quando ci sarà una migliore visibilità sull’inflazione e sulle aspettative della Banca centrale.

Un approccio geografico e fattoriale equilibrato

Sui mercati azionari, ci stiamo concentrando su un approccio geografico e fattoriale ben bilanciato. Le azioni giapponesi hanno sottoperformato nel 2021 e quindi hanno maggiori possibilità di rimbalzo poiché le società giapponesi sono maggiormente indebitate per il proseguimento della ripresa globale e beneficeranno anche di un pacchetto di stimoli. Anche l’inflazione giapponese è molto bassa, quindi è improbabile che i mercati vengano colpiti dall’inasprimento monetario se l’inflazione globale continuasse a salire. Anche le azioni europee dovrebbero essere interessanti nel 2022 grazie a una politica monetaria accomodante e alla capacità delle aziende di catturare la storia della ripresa globale. In Cina avremo maggiori informazioni sullo stato reale del settore immobiliare nel primo trimestre quando i promotori dovranno pagare cedole e rimborsare debiti, ma il vero problema è quale ruolo giocherà il settore privato dopo una valanga di misure normative molto restrittive. Molto probabilmente Pechino dovrà chiarire le cose prima che gli investitori riacquistino fiducia nel mercato e contribuiscano a rafforzare gli indici. L’India è stata la rivelazione del 2021. Gli indici hanno realizzato guadagni significativi nonostante l’aumento dei prezzi delle materie prime, normalmente un’influenza negativa su questo mercato. Lo status dell’India è cambiato. Le riforme degli ultimi anni hanno portato il Paese a scalare le classifiche di “facilità di fare affari” e ora c’è un notevole rialzo poiché il debito totale è basso e le prospettive demografiche sono ottimistiche. Il boom immobiliare non è in alcun modo speculativo, ma riflette una classe media emergente con nuove esigenze. Un’ondata di IPO della nuova economia ha trasformato la natura fondamentale del mercato. L’India, infatti, è diventata un tema di crescita proprio mentre la visibilità della Cina si è offuscata.

Guardando oltre le questioni geografiche, ci stiamo ancora concentrando sui temi di medio termine che la crisi del Covid-19 ha reso ancora più interessanti: Big Data e digitalizzazione in accelerazione, capitale umano in una forte mobilità del mercato del lavoro, healthcare e transizione energetica che beneficeranno di ingenti flussi di investimenti.

Sui mercati del reddito fisso, la ridotta visibilità sulla direzione che prenderanno le Banche centrali suggerisce che dovremmo essere cauti sul debito societario e ancor di più sui titoli di stato. Preferiamo un approccio flessibile nell’ambiente fluido di oggi e ci stiamo concentrando su strumenti di durata più breve e debito finanziario subordinato.